Politica. Galli della Loggia (sul Corsera) mette ko i nemici dell’identità italiana

Identità patriottico sociale

Identità e ruolo degli stati nazionali

Il professor Ernesto Galli della Loggia mette alle corde i globalisti e gli immigrazionisti, elogiando sulle pagine del Corriere della Sera l’identità italiana e, allo stesso tempo, denunciando la sparizione dei nemici del patriottismo. L’intervento, questa volta, non è un editoriale, ma solo “il corsivo del giorno” nelle pagine interne.

Scrive lo storico: “Dove sono andati a finire — mi domando da giorni di fronte allo spettacolo dei tricolori esposti alle finestre, all’inno nazionale intonato da mille voci — dove sono andati a finire, che cosa hanno da dire quelli de «L’identità italiana non esiste»? quelli che si proclamavano orgogliosamente «Contro le radici»? (sono, alla lettera, i titoli di due libri in commercio)? quelli che fino a ieri proponevano di mettere al bando parole come nazione e nazionalità perché secondo loro contenenti «un potenziale violento pronto a giustificare aggressioni civili e guerre»? (come se nel corso della storia gli esseri umani per scannarsi non avessero utilizzato sempre di tutto, da Dio alla libertà, al socialismo). Dove sono gli intellettuali — in buona parte storici ahimè — che per anni sono andati sostenendo le idee di cui sopra?”.

La domanda è retorica ma la risposta che offre Galli della Loggia è l’invito a mostrare la bandiera bianca per il fronte che va dalla Boldrini a Saviano: “La verità – aggiunge -è che l’attuale epidemia sta rivelando in modo esplosivo ciò che ogni persona non imbevuta di fantasticherie ideologiche ha sempre saputo”.

L’elogio della nazione

L’editorialista di Via Solferino allora tesse un elogio dei valori comunitari, in chiave identitaria, senza fronzoli, anzi specifica ogni dettaglio di appartenenza:

“E cioè che quando arrivano i tempi in cui è questione di vita o di morte (mai espressione fu più appropriata) allora conta davvero chi parla la tua stessa lingua e condivide il tuo passato, chi ha familiarità con i tuoi luoghi e ne conosce il sapore e il senso, chi canta le tue stesse canzoni e usa le tue medesime imprecazioni. Che solo da quello puoi aspettarti (e anche esigere, non chiedere, esigere!) un aiuto generoso e immediato. Non si chiama sciovinismo. Si chiama nazione, collettività nazionale, sentimento di appartenenza ad essa, e insieme allo Stato che quella collettività tanto tempo fa si è data. Cose che possono restare a lungo nascoste ma che vengono poi fuori a un tratto, all’improvviso: quando è necessario trovare un posto letto con un respiratore, schierare un gruppo di soldati sulle strade, o magari mandare semplicemente un aereo a recuperare qualcuno all’altro capo del mondo e né Lufthansa né Ryanair rispondono al telefono”.

La sfida politica

La riconquista per il patriottismo di uno spazio non più marginale nell’immaginario pubblico spinge i partiti e le aree culturali affini a questi valori ad un salto in avanti, oltre schemi revanscisti o conservatori: c’è la necessità di riconnettere il sentimento di patria alla realtà, con simboli, stili e soluzioni economiche per riaffermare la centralità dei diritti dei popoli, in netta antitesi alle ideologie globaliste, foriere dell’utopia dello sradicamento come orizzonte universale.

In tempi che riconoscono il fondamento di identità, stati nazionali, frontiere, appartenenze, solidarietà comunitarie, oltre la retorica, è necessario saper interpretare con un processo di codificazione politica la declinazione nel reale di una visione del mondo che in passato i media rilegavano – in alcuni casi con vero dolo – a narrazione estrema o marginale.

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