Regionali\2. La sconfitta in Emilia fa emergere tutti gli errori di Salvini

Matteo Salvini

La legge dei grandi numeri è una boiata applicata allo sport. Ma essendo una boiata si può applicare anche alla politica. Dunque era inevitabile, secondo l’inesistente legge dei grandi numeri, che Salvini prima o poi incappasse in una sconfitta dopo tutte le vittorie degli ultimi anni. Tante battaglie vinte, con il rischio di perdere la guerra.

D’altronde era stato proprio lui, il leader della Lega, a trasformare il voto in Emilia-Romagna in uno scontro decisivo, finale. Vincere in Emilia-Romagna per mandare a casa il governo di Roma. Forse non aveva altre alternative, avendo scelto – come gli accade troppo spesso – il candidato sbagliato. Incapace di confrontarsi sui temi regionali e, dunque, con l’obbligo di spostare la contesa su argomenti del tutto estranei al territorio. 

Ci può anche stare, a patto di lanciarsi in analisi intelligenti, perlomeno interessanti. Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele al posto di Tel Aviv, ripetendo pedissequamente le scelte di Trump, non è stato un tema che ha affascinato gli albergatori di Romagna o i produttori del Parmigiano Reggiano. In compenso è stato l’ennesimo argomento che ha evidenziato impreparazione, pressappochismo, arroganza. 

Salvini ha deciso, legittimamente, di scaricare la componente più di destra all’interno della Lega. Destra intesa in senso sociale e radicale, non nell’accezione liberista ed al servizio di Confindustria e delle logiche statunitensi. Una scelta come un’altra, ma che non ha pagato. Dimostrando che si tratta di una componente molto più consistente di quanto si immaginasse, solo che totalmente priva di altri riferimenti politici dopo che Fdi ha imbarcato le componenti fittiane e quelle iper liberiste. Forse Salvini sperava di conservare il voto della destra per mancanza di alternative: non è stato così. Nè in Emilia-Romagna nè, tantomeno, in Calabria. Dove ha pesato anche la capacità di controllo del territorio da parte di Forza Italia. Ciò che resta della Grande Armada berlusconiana è invece stato annientato in Emilia-Romagna. Ed anche questo è un argomento su cui riflettere.

Ma, innanzitutto, occorrerebbe riflettere sulla inadeguatezza della proposta salviniana e sulla mancanza totale di una squadra credibile per governare l’Italia. Certo, se ha fatto il ministro Fedeli, se sono ancora ministri Bonafede e De  Micheli, allora chiunque può guidare un ministero. Il problema, però, è un altro. È la mancanza di tutta quella intendenza che governa materialmente il Paese. Tecnici, amministratori delegati di grandi gruppi che lavorano a livello internazionale, banchieri, consiglieri delle fondazioni che distribuiscono denari veri ai territori, giornalisti, scrittori, cantanti, presidenti di associazioni di categoria.

Nulla di nulla. E nessuna voglia di crearsi un apparato adeguato. Per non far ombra a personaggi di scarsa qualità miracolati dai successi di Salvini. Nessun sostegno alle iniziative editoriali che potrebbero divulgare i progetti del centrodestra (vale per l’intera area, non solo per la Lega), nessuna capacità di provvedere a nomine di livello nei posti chiave. Si vive alla giornata, limitandosi a sperare invece di studiare.

Augusto Grandi

Augusto Grandi su Barbadillo.it

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