Destre. L’arresto dell’assessore Rosso: oltre le preferenze, c’è il primato dello stile politico

I manifesti di Roberto Rosso a Torino

L’arresto dell’assessore piemontese di Fratelli d’Italia Roberto Rosso nell’ambito di una inchiesta sui rapporti tra politica e clan è stata commentata senza sconti dalla leader Giorgia Meloni: “Ha aderito da poco più di un anno. Stamattina è stato arrestato con l’accusa più infamante di tutte: voto di scambio politico-mafioso. Mi viene il voltastomaco. Mi auguro dal profondo del cuore che dimostri la sua innocenza, ma annuncio fin da ora che Fratelli d’Italia si costituirà parte civile nell’eventuale processo a suo carico. Ovviamente, fin quando questa vicenda non sarà chiarita, Rosso è da considerarsi ufficialmente fuori da FdI”. Il tema, mentre l’inchiesta giudiziaria farà il suo corso (e va seguita con il giusto garantismo), però è tutto politico e va affrontato senza altri rinvii.

Le aperture oltre il mondo ex An e le scelte da non rimandare

Rosso è entrato in Fdi in seguito al flop di Noi con l’Italia di Cesa e Fitto, consapevole che il suo mondo forzista stava evaporando. Qui si entra nel campo minato per la destra della sintesi tra allargamento dei confini del partito e selezione del personale che si accoglie in casa.

L’intuizione di aprire a tanti esuli del  berlusconismo ha dato riscontri elettorali sostanziosi alla Meloni: il dato delle Europee è figlio -oltre che della linea chiara anti grillina e Pd – anche di innesti da altre realtà del centrodestra (come nel caso del mondo di Raffaele Fitto in Puglia). In alcuni casi, però, questi nuovi acquisti hanno portato all’interno di un partito sostanzialmente di opinione e di milizia, metodi di raccolta del consenso diversi (a volte discutibili) e comunque ben distanti dallo stile sobrio che ha segnato da sempre l’area nazionale delle destre. Nel caso piemontese risalta ancora di più, dopo questa inchiesta, il valore dei consensi nazional-popolari raccolti dal consigliere regionale di Fdi Maurizio Marrone, in prima linea nell’impegno sociale e comunitario, rispetto a blocchi elettorali neocentristi che hanno portato Rosso ad essere il più votato nel Torinese.

La sfida dell’organizzazione 

Il caso Rosso è senza dubbio isolato e marginale in un partito che ha come bussola il patriota antimafia Paolo Borsellino, ma pone un obbligo organizzativo: Fdi deve dotarsi di quadri intermedi in grado di monitorare il territori, di riaffermare la centralità del partito rispetto agli eletti, che non possono essere considerati monadi, ma devono riconoscersi in un codice comportamentale oltre che in programma politico. La Meloni deve dunque dedicarsi a costruire una organizzazione di partito più solida, perché la crescita di Fdi – figlia di una vera coraggiosa traversata del deserto – non registri nuovi imprevisti come quello avvenuto a Torino.

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Liam Brady

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