L’analisi. Nostalgia di Forza Italia e ritorno ad An: quando l’agenda politica diventa un pizzino

Il 94% vuole ritornare allo “spirito del ‘94”. Il 91% vuole tutto questo sotto un nome: “Forza Italia”. Gli ultimi sondaggi Swg – ripresi dalla trasmissione Agorà – fotografano lo stato dell’arte all’interno del Popolo della libertà. Una maggioranza semiplebiscitaria vorrebbe insomma depennare defitivamente l’acronimo Pdl e riprendere jingle ed armamentario coreografico della prima avventura berlusconiana.  A quanto pare questo partito unico di centrodestra – questa protesi del Ppe in Italia – non la vuole proprio nessuno da quelle parti. Del resto Silvio Berlusconi ha già deciso: resta solo il timing da far digerire alle “colombe” (ossia i ministri del governo Letta) del partito che sanno bene come il ritorno alla “gioiosa macchina da guerra” del Cavaliere sia nient’altro che un atto preparatorio alle urne dato lo scontro finale annunciato con le toghe.

Ma torniamo al sondaggio. Quel 90 per cento e passa significa – venendo al discorso che stiamo sviluppando da mesi su Barbadillo – essenzialmente due cose, o meglio delle due l’una: o la quota proveniente dalla destra di governo di Alleanza nazionale all’interno del Pdl è rappresentata da quel misero 6-9% interno (fate il calcolo di quanto possa valere all’interno di un partito che viaggia, quando è tanto, tra il 25 e il 27%); o significa, viceversa, che anche ciò che è rimasto degli ex An nel partito sia sostanzialmente d’accordo tanto nel metodo – tornare ipso facto a Forza Italia – quanto nel merito: riprendere in mano la sempreverde rivoluzione liberale (in realtà trattasi di partito personale pensato dal Cavaliere come “corpo scelto” della sua difesa in caso di interdizione).

In tutte e due i casi è evidente come – dal punto di vista politico – la specificità politica della destra sia stata annichilita nell’abbraccio con il partito unico. Perché Forza Italia, ad esempio, nacque come “alternativa” maggioritaria proprio ad Alleanza nazionale: e An, nell’abbraccio con Forza Italia in direzione Pdl, voleva prendersi la rivincita risultando «quel lievito» necessario per far innalzare politicamente quel “partito di plastica”. E poi perché la ventata dei berlusconiani del ‘94 era composta da un personale mai impegnato in politica, figlio di una cultura yuppie all’italiana, mentre la destra postmissina intendeva portare al governo proprio l’esperienza della buona politica e dell’etica pubblica.

Riconoscersi in questa Forza Italia “delle origini”, allora, significa per i figliocci di Almirante ammettere, nonostante i proclami e le giustificazioni, la totale resa rispetto alle intenzioni (alcune delle quali anche legittime) originarie. Le cause? Da una parte, certo, la rottura finiana ha disorientato una cordata incapace di ragionare senza il contrafforte mentale del leader supremo. Dall’altra il grosso della classe dirigente (non certo dell’elettorato) proveniente da An si è rivelato per quello che è: una destra “opportunista” più che delle opportunità, una destra “agganciata” più che trainante e a guida di un processo.

Meglio chi va via da Forza Italia a questo punto? Al di là di un atto di dignità e di opportunità politica, non si sono sentite in realtà grandi analisi da parte di chi intende lasciare il Pdl a causa del ritorno a Fi. Gianni Alemanno – il nome più pesante fra questi – è già con le valigie in mano e ha ammesso candidamente, ad esempio, come sia Berlusconi il regista dell’operazione di differenziazione. Da parte sua poi, nell’ottica di una nuova “Alleanza nazionale”, ha rilanciato come monito quello di «ritornare alle tesi di Fiuggi» (quali?), e come strategia quella che occorra «aprire al centro» (quale? Dato che è totalmente imploso) e mirare al Partito popolare europeo (lo stesso di Angela Merkel).

Considerazioni non dissimili giungono dagli altri ex sodali che stanno nel limbo dei “non partiti” frutto della diaspora. “Ritornare ad An” o qualcosa che gli assomigli, insomma, sembra per tutti questi una direzione obbligata. E anche qui arriva la conferma di un fuga “all’indietro” che non ha altra elaborazione che non sia la contingenza. Di un’agenda politica ridotta a un pizzino. Con un solo punto che accomuna i nostalgici di Forza Italia e quelli di An: sopravvivere.

Antonio Rapisarda

Antonio Rapisarda su Barbadillo.it

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