Cosa può aver spinto quattro paesi europei, che al momento motivano l’accaduto con un fumoso “cause tecniche”, a causare un incidente diplomatico internazionale e a contravvenire alla Convenzione di Vienna che sancisce l’impossibilità di bloccare e perquisire dei voli presidenziali? La risposta più plausibile sembra essere la caccia scatenata dagli Usa all’ex-analista dell’Nsa, Edward Snowden, reo di aver sottratto informazioni segrete in grado di mostrare la fitta rete di intercettazioni illegali con cui gli uomini della Cia controllavano concittadini e paesi “amici”. La paura dei servizi di sicurezza europei, infatti, era che l’uomo, attualmente nel limbo della zona transiti dell’aeroporto di Mosca, fosse salito a bordo dell’aereo di Morales per raggiungere la Bolivia. Paese che, insieme a Venezuela e Ecuador, si era offerto di concedere asilo al trentenne statunitense senza alcuna condizione.
Il governo de La Paz sembra adesso tutt’altro che intenzionato a dimenticare l’incidente e accusa apertamente i paesi europei di essersi mossi su mandato degli Stati Uniti. Compatto anche il fronte degli stati sudamericani nello stigmatizzare l’accaduto: il Perù si è detto pronto a convocare con urgenza l’Unione delle nazioni sudamericane, mentre il ministro degli Esteri ecuadoriano, Ricardo Patino, ha affidato a Twitter un messaggio inequivocabile: «Chi è con la Bolivia ed Evo è con l’America Latina e l’Ecuador. Non permetteremo questo affronto contro un leader latino-americano».