Il caso. La tragedia di Trieste e le forze dell’ordine sotto l’attacco (anche) dei Pm

La tragedia nella Questura di Trieste
La tragedia nella Questura di Trieste

I commenti sull’assassinio degli agenti di Trieste si commentano da soli. Dispiace solo che il più caustico e infelice fra tutti sia stato diffuso da un ex praticante di uno sport aristocratico, definito dagli inglesi un gioco da facchini giocato da signori, a differenza del calcio, gioco da signori giocato da facchini. Dinanzi al sacrificio di due servitori dello Stato, ad opera di alcune “risorse” autorizzate a infestare le nostre città, non ci si può che inchinare dinanzi al loro sacrificio e sperare che quanto avvenuto sia monito per il futuro.

Anche le polemiche, sollevate dai sindacati di Polizia, sulle fondine e sui giubbotti antiproiettile, andrebbero prese cum grano salis. Che un criminale possa pensare di uccidere degli agenti in piena Questura è indice da un lato del sentimento dell’impunità che delinquenti di tutte le etnie ormai condividono nel nostro Paese, dall’altro del timore che poliziotti e carabinieri provano quando si tratta di mettere in condizioni di non nuocere un fermato. Ho paura che molti di loro temano più la gogna mediatica dei giornali progressisti e magari gli avvisi di garanzia di un magistrato democratico che l’aggressione di un delinquente. I tanti casi Cucchi disseminati per l’Italia non sono rimasti senza conseguenze. Se i criminali dominicani arrestati fossero stati ammanettati, legati come salami e messi in condizioni di non nuocere, la tragedia di Trieste non vi sarebbe stata. Ma, via whats up, ci sarebbe stato senz’altro qualcuno – magari gli stessi che oggi si lamentano per la scarsa preparazione delle forze dell’ordine – a denunciare il sopruso.

Nella democratica Francia fino a qualche anno fa era usuale nei confronti degli arrestati una pratica denominata “passage à tabac” che faceva subito capire loro chi comandava (ne fecero, purtroppo, le spese anche molti italiani fermati dopo il 10 giugno 1940; ma è un capitolo di storia nazionale rimosso). E in Gran Bretagna i Bobbies giravano disarmati, ma chi uccideva un poliziotto era sicuro di finire sulla forca (lo ricordava Montanelli nei primi anni ’70, quando comunisti e socialisti chiedevano il disarmo della PS). Il fatto che l’assassino di un carabiniere sia stato bendato (non bastonato o preso a cinghiate) in una caserma della Benemerita è stato motivo di scandalo nazionale e anche internazionale. Possiamo allora permetterci di colpevolizzare i poveri poliziotti di Trieste, morti, forse, perché avevano più paura dei Pm che dei criminali?

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Enrico Nistri

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