La proposta. Una nuova assemblea costituente per una Italia con un governo decisionista

Una rivista del Msi degli anni ottanta, curata da Giuseppe Tatarella

Che in una democrazia ci siano dei contrappesi per bilanciare tra loro i poteri dello stato e’ giusto e sacrosanto.
Ma c’e’ un peccato originale che vizia enormemente la costituzione italiana.
I padri costituenti, dopo la fine del regime fascista, avevano la sindrome dell’uomo solo al comando. Quindi crearono una costituzione in cui comandano tutti ma in realtà non comanda nessuno, invadendo un potere dello stato il campo dell’altro.
Non mi fermo all’episodio del ministro Salvini e del Tar, che ha annullato un suo decreto.  Cerco di ragionare in termini generali.
Credo che molti italiani vorrebbero semplicemente un governo che governi, un parlamento che legiferi e una magistratura che eserciti il suo potere, quello giudiziario, applicando le leggi vigenti senza sostituirsi alla politica (che bisogna ammetterlo e’ pero’ veramente malridotta).
Inoltre dopo più di 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale ci vorrebbe una nuova assemblea costituente per superare la costituzione attuale, nata nel segno dell’esclusione dei “vinti”.
Vinti a cui ha dato voce anche Sergio Tau, alla radio tanti anni fa e più recentemente con il suo libro “La repubblica dei vinti – Storie di italiani a Salo'”.
Purtroppo se si parla oggi di una nuova assemblea costituente si viene considerati folli visionari. Meglio accontentarsi dei titoli cubitali dei quotidiani e delle notizie di apertura dei tg, che danno grande risalto alla proposta di ridurre il numero dei parlamentari, proposta che mi trova favorevole. Ma non si può ignorare che tale proposta di legge costituzionale prevede maggioranze e tempi di approvazione particolari. Quindi se anche fosse approvata dai due rami del parlamento la riduzione del numero dei parlamentari vedrebbe tempi brevi. La repubblica parlamentare continua a mostrare i suoi grandi limiti, pure in termini di effettiva rappresentanza dell’elettore, il quale, defunti i tempi della partecipazione alla vita dei partiti, esercita la sua funzione soltanto al momento del voto, salvo poi ritrovarsi privo di effettivo controllo nei confronti di chi ha votato. Auspico da sempre la repubblica presidenziale, per mandare in soffitta la repubblica parlamentare insieme al bicameralismo perfetto. Ogni ramo del parlamento deve avere compiti e funzioni diversi dall’altro. Il cittadino deve avere voce ed esercitare funzione di controllo anche attraverso gli strumenti del referendum propositivo. La democrazia rappresentativa deve evolversi in democrazia partecipativa. 

In fatto di partecipazione mi sarebbe piaciuto sentir parlare dai cantori della “costituzione più bella del mondo” di due suoi articoli, da sempre inapplicati, l’articolo 39, che prevede la personalità giuridica dei sindacati e l’articolo 46 “…il riconoscimento del diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge alla gestione delle aziende”. Sono soltanto due spunti di riflessione, sebbene molti altri sarebbero gli argomenti da affrontare in merito all’assetto istituzionale italiano, ma temo di non averne le giuste competenze.

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Giovanni Fonghini

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