Il punto. Lambert simbolo del disprezzo della vita che anima Macron e soci

Vincent Lambert
Vincent Lambert

Vincent Lambert è morto. 

Morto di cosa?

Morto di una “esposizione mediatica eccessiva”, scrive Houellebecq su Le Monde. 

Morto per dare l’esempio, morto per il desiderio di farne un simbolo da parte del Governo Macron, che per mano del ministro alla salute aveva fatto ricorso per lasciarlo morire.
Per ucciderlo. 

L’esposizione mediatica che l’ha reso un caso pubblico quindi l’ha ucciso. Il dibattito si ripete e rivive e rimuore tra le braccia di nuovi idoli da immolare sull’altare del progresso o del regresso. 

Vincent Lambert necessitava solo di alimentazione assistita, una cura che si può fornire anche in casa – ed era ciò che chiedevano infatti i suoi genitori. Perché lui, si chiede Houellebecq, e non le altre migliaia in Francia come lui, nelle medesime condizioni? 

Torneremo a parlare del fine vita, per qualche ora o giorno a seconda della convenienza. 

Un argomento talmente delicato e personale che è prosaico e necessario farne un discorso di legge, di Stato. Ci saranno nuovi appelli da ambo i fronti. Quello della tutela della dignità è forse il più insidioso; quello secondo il quale insomma a una persona che soffre andrebbe consentito di non soffrire più non solo curandolo, ma anche uccidendolo. Come si fa con certi animali. 

Insidioso perché viene naturale pensare ai nostri cari e a noi stessi. Insidioso perché appellarsi al tema della dignità rispetto alle cure significa rischiare di togliere dignità ai malati. A tutti i malati.

Essere malati significa non avere dignità?  

La dignità si perde compiendo atti moralmente discutibili, non avendo una malattia. Si perde dignità rubando, mentendo, vivendo in modo abbietto. Non subendo una tragedia, una malattia. Così le vittime sono vittime due volte. Si ricorda il caso della ragazzina abusata, che ha desiderato togliersi la vita. Se fosse nostra figlia, avremmo voluto dirle con banalità che la vita va avanti, che c’è speranza. Se Vincent Lambert fosse stato un nostro parente?

Ecco, questo è l’errore da non fare. Ci immedesimiamo e non capiamo più nulla, o crediamo di non capirlo. È di fatto anche quello che sostiene il governo francese: per Vincent non possono scegliere i Lambert, i suoi genitori, perché in quanto tali non capiscono nulla. Non sono oggettivi. Dobbiamo decidere noi.

Ricondurre al personale, al singolo, è naturale, ma significa scadere nel triste discorso da bar. Lecito e inutile. Se occorre che l’opinione pubblica si faccia un’idea di quella che dev’essere la regolamentazione legale, statale, di questi casi, non si può pensare ai nostri parenti. Si deve ragionare, e decidere, collettivamente. Quando si parla di una legge non si può tenere l’atteggiamento che terremmo parlando di nostro cugino, del nostro amico. Ci viene istintivo sperare o ci viene istintivo terminarne le sofferenze? 

Sembra una distinzione da poco, non lo è. Oltre questo si passa dalla politica al pietismo, al cinismo, al vittimismo, al buonismo, al cattivismo. Utile per reality e prime time pomeridiamo, stop. In un momento in cui, nel bene e nel male, c’è tanta attenzione sul tema dei “deboli”, dobbiamo stare attenti a queste che sembrano sfumature, ma sono l’opposto: sono sostanza. 

Quando la battaglia politica s’incarna e personalizza diviene un cancro, un parassita destinato a uccidere l’ospite. 

Stiamo attenti a tutti coloro che, da ogni parte politica, utilizzano i deboli per i propri fini  – economici, politici, ideologici. Si fanno diventare le vittime armi e l’obiettivo delle telecamere un mirino per sparare.

Una preghiera per Vincent, per i suoi cari, per tutti noi.

@barbadilloit

Andrea Tremaglia

Andrea Tremaglia su Barbadillo.it

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