Amalgama di realtà storica, cronaca, giornalismo di inchiesta e narrazione efficace. Pasquale Squitieri ha realizzato un cinema che si potrebbe tranquillamente definire “di denuncia”, senza tuttavia sterilizzare una storia avvincente per supportare e imporre la propria visione del mondo, cercando sempre di mantenere una propria personale coerenza, in linea o meno con le tendenze culturali del periodo.
Sovrapposizione, scatto, immagini nette, dettagli apparentemente scontati ma utili per comprendere la psicologia dei personaggi e l’antropologia di una comunità. Era questa la forza di Pasquale Squitieri, regista non conforme avventuriero del cinema e della vita, che ha attraversato i generi cinematografici per raccontare la realtà con altre sfumature, per dissacrare attraverso il montaggio, il ritmo e la narrazione. Scomodo e sfrontato, ha pagato le provocazioni con un isolamento sempre più incisivo e, a onor del vero, sottaciuto. Lungi dall’elogiarne le vicende personali, Squitieri è stato un regista di temi scomodi, che spaziano dalla cronaca nera al registro storico (tacciato tra l’altro di revisionismo). Scorrendo la sua filmografia salta all’occhio un titolo curioso: Il Pentito.
Un noir che obbliga a riflettere, ad interrogarsi, a fare il punto su un fenomeno apparentemente inespugnabile. Un altro esempio di come il cinema possa, dentro una storia, offrire spunti e nel sottotesto mostrare i fatti, facendo da cassa di risonanza di un punto di vista, fare giornalismo, fare un reportage, per immagini, con arte.