L’intervista (di A. Di Mauro). Meloni: “Abbattere gli euromostri per rifare l’Europa”

Giorgia Meloni

I nostri ventitré lettori sanno che gli interlocutori privilegiati in questo spazio di confronto politico-culturale

sono giornalisti, scrittori, intellettuali, artisti e più in generale protagonisti del dibattito pubblico che non appartengono alla categoria dei professionisti della politica.

L’appuntamento elettorale di questo mese, però, ci impone di fare un’eccezione, come altre volte è accaduto in passato. Le elezioni europee di fine maggio, infatti, acquisiscono in questo momento il sapore della resa dei conti tra le forze sovraniste che intendono imprimere un cambiamento di rotta a Bruxelles e quelle che invece hanno interesse a conservare gli assetti così come sono, ignorando quindi la necessità di difendere l’identità dei popoli europei che rischia di sgretolarsi sotto il peso delle logiche del potere finanziario.

Ne parliamo con Giorgia Meloni, leader nazionale di Fratelli d’Italia. L’unica formazione politica che in questi ultimi anni ci è sembrata in grado di andare oltre il facile slogan elettorale “No Euro”, articolando una proposta credibile e costruttiva per cambiare l’Europa dal suo interno.

 

Per fare una metafora calcistica, la sensazione diffusa è che ormai le elezioni europee stiano alla Champions come le politiche stanno al campionato. C’è del vero onorevole Meloni? È a Bruxelles che si decide tutto?

Le elezioni europee saranno un momento importante per decidere non solo il futuro dell’Europa, ma anche quello dell’Italia, uno spartiacque tra chi vuole mantenere lo status quo e chi, invece, vuole cambiare tutto per fare dell’Europa una realtà più vicina ai bisogni concreti delle persone nel rispetto delle sovranità nazionali. Non vogliamo andare in Europa a limare qualche parametro o qualche direttiva, come intendono fare altri che pure parlano di cambiarla, anche se fino a qui l’hanno assecondata. Fratelli d’Italia sarà l’armageddon di questa Unione Europea. Come si buttano giù gli ecomostri per costruire al loro posto qualcosa di bello, noi butteremo giù l’euromostro che da troppi anni deturpa il paesaggio del Vecchio Continente e costruiremo una nuova Unione dalle fondamenta.

Se Fratelli d’Italia otterrà un risultato importante alle elezioni europee del 2019, se avrà una pattuglia di parlamentari europei numerosa e agguerrita come quella che vantiamo nel Parlamento italiano, allora sarà più facile realizzare la rivoluzione che abbiamo in mente. Perché sia chiaro che, come dice il nostro slogan, noi in Europa andiamo a cambiare tutto.

Per i più radicali dell’euroscetticismo l’unica via resta l’uscita da un sistema dove dominano i poteri forti della finanza e delle banche. Esiste una concreta possibilità di cambiare questa Europa dal suo interno?

Se non fossi convinta che si può cambiare l’attuale assetto dell’Unione Europea non mi sarei presa l’impegno di portare avanti il progetto che Fratelli d’Italia intende realizzare.

Sono certa che sarà possibile modificare la struttura politica della Ue e la nostra ricetta è molto chiara: il nostro modello è quello di una Confederazione di stati sovrani che decidono autonomamente su tutte le questioni più prossime ai cittadini ma condividono le grandi materie, dalla politica estera al mercato unico, dall’immigrazione alla sicurezza. Cioè l’esatto contrario di quello che fa oggi la Ue. Basta cessioni di sovranità, sì a una vera sussidiarietà: non decidano a Bruxelles quello che può essere deciso meglio a Roma come a Budapest, a Vienna come a Varsavia.

Delocalizzazioni; competitività su scala globale; fenomeni di migrazioni di massa; perdita di sovranità nazionale e delle identità culturali dei popoli. In una parola sola, globalizzazione. Per molti sarebbe un fenomeno storico ineluttabile. È così o in qualche modo si può provare ad uscirne? 

Quello della globalizzazione è un fenomeno epocale, come quello dell’immigrazione.  Atteso che il quadro internazionale cui ci troviamo di fronte sia questo, e non da oggi, pensare che non sia possibile farvi fronte sarebbe sbagliato. E quindi torno a ribadire che il primo passo da compiere per consentire alla nostra economia, come a quella delle altre Nazioni europee, di recuperare il suo tessuto produttivo e contrastare gli interessi della finanza mondiale, sia quello di dare all’Europa un assetto istituzionale differente da quello che abbiamo adesso. Perché l’attuale Unione Europea ha fallito, e non lo diciamo noi. Sono i fatti a dirlo, e il fallimento è così profondo che non si nasconde sventolando la bandierina europea con le dodici stelle, ultima moda della sinistra.

Sono passati da quella dell’Unione Sovietica a quella dell’Unione Europea, mai una volta che abbiano sventolato la bandiera italiana.

I recenti segnali di crisi tra Lega e 5Stelle dimostrano che essere contro l’establishment non basta come collante per governare, ma serve un orizzonte ideale condiviso. È il tramonto di quella narrazione molto di moda che dava per definitivamente sepolte le categorie (e i rispettivi valori) della destra e della sinistra?

Non vi sono dubbi sul fatto che oggi il vero scontro politico non si misuri più nel conflitto fra destra e sinistra ma fra mondialisti e antimondialisti, fra europeisti e antieuropeisti, intendendo per questi ultimi non coloro che si oppongono in linea di principio ad una sostanziale unità dell’Europa, ma a quelli che contestano, come fa Fratelli d’Italia, questa Unione Europea con la quale abbiamo oggi a che fare. Allo stesso tempo ritengo che darsi un comune orizzonte, sia sul piano valoriale che della tutela dei rispettivi interessi nazionali, sia l’obiettivo principale che le forze sovraniste e conservatrici si debbono, e di fatto si danno, in questa fase politica.

Per dirla con le parole di un grande pontefice quale fu Giovanni Paolo II, “L’Europa ha bisogno di Cristo e del Vangelo, perché qui stanno le radici di tutti i suoi popoli”. L’Europa che vogliamo costruire con le elezioni del 26 maggio è quella dell’economia reale, del lavoro, delle imprese, delle case di mattoni dove far crescere i figli, dove difendere la nostra identità, dove riscoprire una comunità di popoli europei uniti dalle stesse radici.

E dobbiamo ricordarci che non siamo soli. In tutta Europa movimenti di sovranisti e conservatori come il nostro stanno conducendo le nostre stesse battaglie. Ecco l’importanza del voto delle europee.

La Lega ex padana si è appropriata di molte parole d’ordine della destra identitaria del Msi, la cui eredità diretta spetterebbe a Fratelli d’Italia. Perché oggi un elettore dovrebbe scegliere voi piuttosto che Salvini?

Perché Fratelli d’Italia è l’erede della grande tradizione della destra italiana, custodisce i valori della destra, li proietta nel futuro e li declina nella contemporaneità. è il partito che mette al primo posto l’interesse e la sovranità nazionale e sostiene l’unità nazionale senza differenze fra le regioni del Nord e quelle del Sud. Votare Fratelli d’Italia significa votare “italiano”, vuol dire mandare in Europa persone che difendono gli interessi nazionali a testa alta.

Siamo poi l’unico partito monogamo all’interno del centrodestra che, a differenza di altri, non ha fatto accordi col Pd o con il M5S perché per noi l’unica cosa che conta è il contratto che stipuliamo con gli italiani nelle urne.

Votare Fratelli d’Italia il 26 maggio significa dare un voto per cambiare tutto in Europa. 

*Da Candido di Maggio 2019

Alessio Di Mauro*

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