L’intervista. Franco Cardini: “Questa Europa non si cambia con il voto”

 

 

Nella retorica politica, la data del 26 maggio è diventata quella di un potenziale crocevia, decisivo per il destino dell’Europa. Un giorno dopo il quale nulla, forse, sarà più come prima. Sarà davvero così o sono solo chiacchiere di marketing elettorale? Barbadillo.it ne ha parlato con Franco Cardini. 

 

Quali forze si fronteggiano in vista del voto del 26 Maggio per le Europee?

”Questo non l’ha capito nessuno. In realtà alcuni fingono di averlo capito anche se i problemi reali sono altrove. Intanto, il mondo dei politici attivi che fanno parte dei partiti e che sceglie quali saranno i candidati, ha deciso che il problema dell’Europa stia in una scelta. Da un lato l’ipotesi che le istituzioni comunitarie continuino a vivere sui binari stabiliti nei lontani anni ’50, che nel frattempo sono stati modificati nel tempo mostrando l’Ue per ciò che è, (cioè un’unione finanziaria ed economica gestita da élite con il sostegno formale di governi interessati), dall’altro se vadano rifondate secondo le proposte di quei gruppi attuali che si definiscono  sovranisti”.

Cosa propongono i sovranisti agli elettori?

“Un programma condiviso non c’è. Spesso le proposte sono in contraddizione tra loro, alcune sarebbero divertenti se non fossero patetiche. Dall’abolizione dell’euro al rafforzamento delle frontiere: come se la situazione dell’Europa e mondiale venisse decisa dal complotto di qualche Grande Vecchio che ci manda gente qui per modificare l’equilibrio sociodemografico continentale e non si capisce a quale fine, se non per avere una manodopera a costi ridotti.

Credo che anche nel centrodestra ci sia la possibilità di una spaccatura. Da un lato lo schieramento europeista, come Forza Italia che potrebbe calamitare a sé una buona parte dell’elettorato passivo della Lega, mentre un’altra parte potrebbe preferire un “salto” di tipo sovranista. Nel primo caso, si mantiene lo status quo. Nel secondo non si riesce a vedere bene quale sarebbe la direzione, dal momento che non credo che dall’unione dei diversi gruppi possa venir fuori una maggioranza per il futuro parlamento europeo. E se ciò accadesse, Dio non voglia, ci si troverebbe in una situazione di stallo”.

Cosa potrebbe accadere, dunque?

“Potrebbe cambiare qualcosa facendo un salto nel buio. E un mezzo salto nel buio è quello che, con la Brexit, ha tentato di fare la Gran Bretagna che pure non ha mai abbandonato la sua moneta, una valuta per giunta forte come la sterlina. Ma può accadere anche che non succederà nulla e che tutto il potere continuerà a essere gestito da chi lo fa adesso. In fondo, gli eurodeputati non è che contino granché. Bisogna essere realisti: per arrivare a Bruxelles, prima di tutto, occorre il consenso formale di un gruppo politico e quello sostanziale di quel gruppo potere che sostiene il gruppo politico stesso e fornisce, per esempio, i mezzi utili a coprire i costi di una campagna elettorale dispendiosa come è quella delle Europee. Stando così le cose,  chi sarà eletto dovrà rispettare le indicazioni di chi gli ha reso possibile l’elezione. In fondo, all’Europarlamento, continueranno a comandare, sul serio, quei funzionari, quei chief executors che reclutano maggioranze adatte ad approvare ora l’una ora l’altra proposta di legge. Perciò non avanziamo di un metro sui problemi veri, dall’immigrazione fino al ruolo internazionale dell’Europa che rimarrà subordinata a quella americana per ancora molti anni”.

Il tema dell’immigrazione è “frequentatissimo” nei talk show politici…

“In Africa ormai la questione non è più la povertà ma la disperazione. La gente fa collette pur di garantire all’amico, al parente, la possibilità di venire in Occidente e magari sfondare. Così come facevamo noi italiani nel secolo scorso. La questione è tutta nel triangolo non-virtuoso che si è venuto a creare in varie zone del continente africano, dove ormai è impossibile sopravvivere. Il primo vertice del triangolo sta nelle lobbies internazionali che sfruttano le risorse (specialmente del sottosuolo) e lo fanno per arricchirsi, senza badare ad altro; il secondo vertice sta nella violenza e nella corruzione dei governi locali; il terzo, invece, risiede nell’atteggiamento di quelle potenze internazionali, come la Francia, che appoggiano l’intesa viziosa fra i primi due per trarne vantaggi politici, economici e strategici.

A chi segue seriamente le questioni sullo scacchiere internazionale, risulta chiaro che quello che i sociologi di oggi chiamano “governo profondo del mondo” è saldamente nelle mani di quelli che, almeno una volta all’anno, si fanno vedere a Davos. Ed è altrettanto chiaro che i problemi del Mali o della Costa d’Avorio non si risolveranno mai se non si obbligheranno quelle multinazionali a cambiare politica: guadagnare, magari, un po’ meno per lasciare un margine di sviluppo economico in quelle aree dell’Africa”.

 Mentre si dibatte sul voto, cosa succede nel mondo?

“La situazione internazionale è dominata da un’intesa triangolare fra Usa, Israele e Arabia Saudita. Fanno il possibile per dominare l’area del Vicino e del Medio Oriente, una zona dagli altissimi interessi e ritenuta strategica già da prima dell’800. Oggi la questione è legata alla gestione del petrolio e al mantenimento di uno stato di tensione dovuto alla fitna, alla guerra “civile” tra sciiti e sunniti, specialmente wahabiti. Una guerra fredda che va sempre più riscaldandosi e che, anzi, rischia di trasformarsi nella minaccia di un conflitto nucleare che potrebbe coinvolgere, da un lato Usa, Israele, Arabia Saudita e gli Emirati a questa alleati; dall’altra i Paesi della cosiddetta alleanza di Shangai: Cina, India, Russia e, prima o poi, anche l’Iran. Ricordiamoci che Mosca è stata interessata da una  manovra d’accerchiamento: prima il colpo di stato in Georgia nel 2008, di cui tutti sembrano essersi dimenticati, poi quello in Ucraina, allo scopo di togliere ai russi il controllo sul Mar Nero. Una manovra che, forse, poteva essere completata dalla creazione di uno stato dell’Isis in cui istallare missili puntati, magari non su Mosca ma con ogni probabilità su Teheran. Putin ha fatto di tutto per sottrarsi a questo “gioco”. E mentre tutto questo accade, manca una forza internazionale mediatrice quale avrebbe potuto essere un’Europa unita, libera, abbastanza forte da far sentire la sua voce sul panorama internazionale…”.

Si riferisce al “sovranismo di spada” di cui ha scritto di recente?

“Io ce l’ho coi sovranisti perché non lo sono abbastanza. Come si fa a essere sovranisti rivendicando la moneta, l’aspetto più debole dell’intera vicenda, quando si vive in un Paese direttamente o indirettamente “occupato” dalla Nato? E non mi meraviglio che sia Salvini che la Meloni, ma persino Forza Nuova e Casapound, tacciano su questo aspetto, che siano allineati e coperti sotto il dogma della supremazia militare e interazionale degli Stati Uniti d’America.

Avere una propria forza militare è come avere le fiches per sedersi a quel tavolo di poker che è la diplomazia internazionale. Se non accettiamo questo principio di realpolitik per cui senza una forza militare autonoma non si fa politica estera, il sovranismo va a farsi benedire. Se non si ha una sufficiente forza militare si chiacchiera. E allora, se vogliamo continuare a fare del sovranismo monetario, vale la massima di Nanni Moretti: continuiamo a farci del male”.

Quello degli Stati Uniti d’Europa è ancora un traguardo?

“Il 25 Aprile scorso, il mio amico Ernesto Galli della Loggia ha scritto sul Corriere in merito al rogo della cattedrale di Notre-Dame, della commozione che ha generato e del sentimento “europeo” che ha svelato. Ebbene, io non ho dimenticato che nel 2005, quando c’era da approvare la Costituzione Europea, questa naufragò davanti ai referendum nazionali. Gli stessi francesi la bocciarono. Non piacque il preambolo che riportava quella che pare una banalità, il riferimento alle radici cristiane dell’Europa. Qualcuno temeva che si offendessero i nostri amici ebrei, cosa che non è mai accaduta. Qualcun altro non avrebbe voluto offendere o provocare azioni ostili dai nostri amici musulmani che sanno, forse meglio di noi, che l’Europa ha radici cristiane. In realtà la questione fu simile a quella che agita, a ogni Natale, la provincia italiana e arriva da quella cultura laica che ogni anno ha attaccato il Presepe e che, con la crescita delle comunità islamiche, hanno trovato la scusa per non allestirlo più a scuola. Quelle forze democratiche e laiche si rendono conto che il riferimento al cristianesimo è in contraddizione con la visione del mondo che offre il primato all’economia. E ancora, c’è da verificare a chi giova che l’Europa non sia unita anche politicamente. Ormai son passati quasi tre lustri da allora: possibile che tutto si sia fermato per un preambolo?

Chi è che non vuole l’Europa unita? Chi teme che potrà fare ombra a una superpotenza occidentale che è a sua volta garante del gioco mondiale dei nostri anni? Ecco, è in questo ambito che si esplicita il potere vero di chi regge le sorti, di chi tiene le fila del deep State, lo stato profondo egemonizzato dagli interessi di parte”.

Dunque andare a votare…

“Le prossime elezioni europee non serviranno a nessuno, se non a chi verrà eletto. Se vincessero gli europeisti, le cose continuerebbero ad andare così come vanno oggi; se vincessero i sovranisti non avrebbero mai una maggioranza e se questa ci fosse, si potrebbe configurare un parlamento di irresponsabili. La morale è dunque questa: andate a votare solo se siete del “giro”. Altrimenti non andateci. E, se proprio ci andrete per scaricarvi la coscienza, annullate la scheda”.

@barbadilloit

Giovanni Vasso

Giovanni Vasso su Barbadillo.it

Exit mobile version