Come ti destabilizzo l’Iran
D’altro canto, l’accordo fra Erdogan ed Ocalan è stato molto patrocinato da Washington e, soprattutto, da Gerusalemme. Infatti, rinsaldatisi i buoni rapporti fra Turchia e Israele dopo che Netanyahu ha fatto le sue scuse ad Erdogan per “l’incidente” della Mavi Marmara che li aveva quasi congelati, la diplomazia e l’intelligence dello Stato Ebraico sembra si stiano dando un gran daffare intorno all Siria. E, in particolare, per ottenere due risultati fondamentali: creare problemi a Teheran e, al contempo, impedire che a Damasco si insedi un regime sunnita/salafita considerato ben più pericoloso di quello, ormai periclitante, di Assad. E favorire gli accordi fra Erdogan e Ocalan significa da un lato aiutare Ankara ad esercitare un’influenza sempre maggiore in Siria, contrastando le ambizioni di Riyadh e del Qatar; dall’altro portare il contagio dell’indipendentismo curdo nelle province occidentali. Dove, appunto, fino agli anni ’70 combattevano i ribelli curdi del clan dei Barzani. Ora, è vero che la presenza curda in Iran – circa l’1,3% della popolazione – è molto meno rilevante che in Iraq, Turchia e Siria, tuttavia la ripresa di n movimento indipendentista curdo potrebbe creare non pochi grattacapi ad Ahmadinejad ed agli ayatollah. Infatti l’intero Iran è un insieme di minoranze, visto che, intorno alla maggioranza persiana/iranica, intere province sono popolate da arabi – attratti dall’Iraq – azeri, che guardano verso la Repubblica ex-sovietica dell’Azerbaigian – il gruppo cui, per altro, appartiene la stessa Guida Suprema Alì Khamenei – baluci – che già da tempo combattono una loro guerra fra Iran, Afghanistan e Pakistan per creare il Balucistan – armeni, turkmeni, bakhtiari, lor, qashqai….Un mosaico che potrebbe facilmente andare in pezzi se venissero accese le micce dei nazionalismi etnici, temutissime da Teheran. E guardate con interesse da Washington e Gerusalemme, dove da tempo vi è chi pensa che il modo migliore per “depotenziare la minaccia iraniana” sia proprio quello di favorire i movimenti centrifughi. Un progetto che sembra risalga ancora agli anni, lontani, di Bush padre lo teorizzò, fra gli altri, Michael Ledeen, uno dei padri nobili dei neocon – ma che oggi potrebbe tornare di stringente attualità, Soprattutto da che Ahmadinejad, in aperto contrasto con Khamenei e gli ayatollah più conservatori, sembra avere puntato su un nazionalismo populista ( o populismo nazionalista) nutrito dei miti del Grande Iran e dell’Impero Persiano.
Dietro i “Fulmini di Davide”
E sempre nell’ottica della “guerra asimmetrica”, vanno letti i raid dell’aviazione israeliana in Siria che, pur avendo causato numerose perdite (danni collaterali) all’Esercito Regolare siriano, non erano e non sono diretti contro Assad. Bensì a colpire la via ed i convogli che portano rifornimenti di armi iraniane – in particolare quei missili terra aria che tanti danni hanno causato agli israeliani nel conflitto del 2006 – agli sciiti libanesi di Hezbollah. Da tempo una delle peggiori spine nel fianco per Israele. Un attacco, quello di Gerusalemme, che h, però, anche il significato di mandare un chiaro segnale a quei “ribelli” anti Assad che sono legati al fondamentalismo sunnita e, come dicevamo, sponsorizzati dai wahabiti sauditi. Per questo, dunque, mentre Teheran ha reagito con durezza ai raid di inizio Maggio, parlando di dichiarazione di guerra e minacciando ritorsioni, Assad, da Damasco assediata, si è limitato a proteste di circostanza.
Sullo sfondo resta, indecifrabile, la politica di Washington. Ancora una volta, Barack Obama appare incerto su da farsi. Incerto, pur avendo sostenuto politicamente la rivolta, forse perché teme, non senza ragioni, una deriva “libica” della situazione siriana. Senza contare, poi, le pressioni diplomatiche di Mosca – tradizionale alleato degli Assad – e di Pechino, che teme la destabilizzazione dell’intero Medio Oriente con ricadute deleterie per i propri interessi economici.
* da Il Borghese