Esteri. Nel G8 Putin stoppa i guerrafondai: ci sarà una conferenza di pace per la Siria

Il braccio di ferro sulla crisi in Siria è entrato prepotentemente anche nel G8 che si è tenuto in Irlanda del Nord. E a quanto pare è andata male proprio per chi si aspettava un via libera scontato all’intervento internazionale anti-Assad: nel documento finale, infatti, non si parla di fine del governo siriano ma solo di una conferenza di pace. A cantare vittoria, dunque, Vladimir Putin che, nel suo colloquio con Barack Obama, ha ribadito la posizione della Russia: netta contrarietà al sostegno all’opposizione anti Assad. Dall’altra parte, invece, gli Stati Uniti avevano ribadito l’intenzione di accelerare verso l’invio di armi ai combattenti antigovernativi unendosi al fronte degli intervisti capeggiato da Inghilterra e Francia. Ma il “no” della Russia si è fatto sentire. Tra i punti contestati al presidente americano vi sono state, tra la altre cose, le numerose testimonianze sulla brutalità dei capi-fazione dell’opposizione al potere di Damasco e i loro legami con le cellule jihadiste integraliste. Non solo Putin però si è posiziona sul fronte dei contrari all’ingerenza nella guerra civile in Siria. Perché anche la Germania (e in misura più tiepida l’Italia) è fra i paesi che non vede di buon occhio il fiancheggiamento a un esercito il cui orientamento resta difficilmente classificabile. Alla fine l’ha spuntata proprio la Russia se è vero che Mosca ha ribadito il suo “categorico no” a trasformare la conferenza di pace di Ginevra-2 in un atto di «capitolazione pubblica» del presidente Assad.

Nonostante una certa pubblicistica e l’entusiasmo degli ex pacifisti alla Bernard-Henri Lévy, insomma, il profilo di chi si oppone a Assad inizia a svelarsi più sfaccettato e disorganico rispetto a chi dipingeva l’opposizione siriana come una protesi della “primavera araba” che ha interessato i paesi del Nord Africa. Le stesse potenze internazionali mostrano fatica nel far sposare le ragioni degli oppositori: anche le “armi chimiche” imputate ad Assad negli ultimi giorni, infatti, non hanno avuto eco rispetto ai dubbi sollevati dalla Russia. Né, in Siria, sarebbero così facili da sostenere azioni unilaterali stile Sarkozy in Libia.

Tutto ciò arriva poche ore dopo la notizia choc del giovane italiano che sarebbe morto in combattimento proprio in Siria con la divisa degli anti-Assad. Una storia che assomiglia a quelle di altri cittadini di origine europea che hanno scelto di abbracciare l’islam radicale (ma è il primo caso in Italia). La vicenda di Giuliano “Ibrahim” Delnevo racchiuderebbe in sé gran parte degli spauracchi portati proprio dal terrorismo internazionale: l’integralista fabbricato in casa, con una conversione radicale di stili e costumi, l’onnipresente utilizzo della Rete per propagandare la dottrina islamista e i viaggi di “formazione” in alcuni epicentri (come la Cecenia) dove le milizie islamiche si addestrano. Un’iniziazione che non sarebbe passata inosservata, dato che – come riportato da Il Giornale – la Procura di Genova, che ha aperto un fascicolo dopo avere ricevuto un’informativa dalla Digos, ha spiegato come il giovane fosse stato già indagato per reclutamento ai fini di terrorismo. Ma Delnevo potrebbe non essere il solo: su IlGiornale.it è ripreso un lancio Ansa nel quale un dirigente della Comunità del Mondo arabo in Italia afferma che ci sarebbero in Siria ben 50 combattenti partiti dall’Italia, arruolati nelle file dell’opposizione antigovernativa. E la Procura di Genova ha iscritto nel registro degli indagati quattro maghrebini  e un altro italiano per i quali, a diverso titolo, è stato ipotizzato il reato di addestramento con finalità di terrorismo internazionale.

Liam Brady

Liam Brady su Barbadillo.it

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