Europa/1. Veneziani: “Gli identitari tra Lega e Fdi. Ci vuole una internazionale delle patrie”

Marcello Veneziani

L’inverno è alle porte ma si pensa già alla primavera. A maggio si andrà al voto delle Europee e l’occasione appare decisiva per le sorti dei partiti, dei movimenti e dei gruppi che animano lo scenario politico attuale. Specialmente a destra dove già sono iniziate, almeno così assicurano gli addetti ai lavori e gli spifferi dei giornali, le grandi manovre in vista delle elezioni.

Con Marcello Veneziani, intellettuale e scrittore, Barbadillo inizia un ciclo di interviste (e di interventi) per fare il punto sulla rotta che le destre intendono seguire in vista dei prossimi appuntamenti e delle sfide decisive che s’affacciano all’orizzonte, da quelle legate al governo giallo-verde, alla corsa per Strasburgo e alle amministrative.

Marcello Veneziani: il voto di maggio per le Europee sarà l’ennesima “madre di tutte le battaglie” per la destra?  

“Le elezioni europee sono un banco di prova decisivo per il populismi nazionali e i sovranisti, e indirettamente per la destra. Difficile infatti rintracciare qualcosa che somigli al paesaggio politico precedente. Se identifichiamo i movimenti nazionalpopulisti e sovranisti con la destra allora sì, sarà fondamentale. Lo sarà per l’Italia, laboratorio mondiale ma anche luogo di un’inestricabile contraddizione, tra leghisti e grillini che sono la negazione di ogni “destra” e l’avvento di un movimento radicale, pauperista, anti-sviluppo e a-nazionale”.

Quale destra, o quale centrodestra, si presenterà alla prova elettorale?

“Ripeto, ha poco senso parlare di destra in questo contesto, Forza Italia ormai è collocata su posizioni centriste e il suo sovranismo consiste nell’adorazione del sovrano Berlusconi, ma è ormai allineata alle posizioni di chi fece cadere Berlusconi sette anni fa, piegata all’establishment e al compromesso con la sinistra. La Lega cavalca temi di destra, adotta battaglie identitarie, ma non può dirsi a rigore di destra e non è del tutto convertita a una visione nazionale. Resta Fratelli d’Italia ma troppo piccola la sua forza, finora tutta esaurita nella buona riuscita televisiva della Meloni, ma non tale da potersi caricare del ruolo di destra. Nell’attuale situazione c’è da sperare in un’affermazione della Lega di Salvini, in un dissolvimento di Forza Italia col suo leader, e nella nascita di un alleato, di una federazione di forze nazionali, popolari, conservatrici che possa diventare un domani partner della Lega”.

I temi restano, giocoforza, centrali. Cosa dovrà fare la destra: riformare l’Europa, uscirne o restarci così com’è? 

“Uscire dall’Europa sarebbe una mezza sciocchezza, coltivare l’antieuropeismo una sciocchezza integrale. Si tratta sempre di distinguere tra quest’Unione che non ci piace e l’Europa che è invece un riferimento essenziale anche se concepita come Europa delle patrie, nazioni sovrane con una loro identità che decidono di mettersi insieme nel nome della civiltà europea e che sono pronti a cedere quote di sovranità per entità sovranazionali, come l’esercito comune, la sorveglianza dei confini, un governo europeo eletto dai cittadini europei…”.

La politica oggi è fatta di leader e outsider. Dal “Fronte del palco”, quali saranno i protagonisti? 

“Mi sfugge la domanda, al di là del riferimento al doppio album di Vasco Rossi…Quanto ai protagonisti sono già sul palco”.

Lei crede possibile l’idea di un’Internazionale Sovranista? 

“Sì, da una vita sostengo la necessità di fondare un’internazionale delle patrie, come scrivevo trent’anni fa su Pagine Libere, poi su l’Italia settimanale e altrove. Ci dev’essere un collegamento, un’intesa, e insieme un superamento di un nazionalismo che appartiene a una fase storica che non è più la nostra. Occorre un’alleanza tra governi e movimenti sovranisti, ognuno con la sua specificità e autonomia nazionale”.

La destra diffusa è sparsa in mille rivoli, cosa fare e se è possibile riunirla?

“La destra è una mentalità, un modo di vedere le cose, non è un partito, non è un’ideologia. Dovrebbe riconoscersi in una costellazione di realtà che precedono la politica: fondazioni, riviste, laboratori, scuole di formazione, associazioni, perfino imprese. Prima ancora che cercare la sua fusione in un partito (ma poi insorgerebbero gli antichi dissapori tra destre liberali, conservatrici, nazionalpopolari, rivoluzionarie, per non dire dei nuovi distinguo) dovrebbe avere luoghi in cui formare la sua classe dirigente, i suoi amministratori locali, i suoi uomini di cultura e di comunicazione… Di un partito unico della destra o di quel che viene dopo la destra, alla fine, non c’è necessità. In ogni caso ci vorrebbe un leader in grado di essere un riferimento sovrastante, uno statista, un leader carismatico non solo un capo-popolo, un tribuno”.

@barbadilloit

Giovanni Vasso

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