L’intervista. L’eurodeputato Maullu (FI): “Da Meloni (e Toti) apertura intelligente per un’area identitaria”

Stefano Maullu all’Europarlamento di Strasburgo

Siamo già in campagna elettorale per le elezioni europee della prossima primavera. Questa volta, però, non sarà un semplice test per assaggiare gli umori del Paese, stavolta c’è molto di più in gioco. La tenuta stessa dell’attuale classe dirigente dell’Ue e il crescente malumore nei confronti delle politiche comunitarie. E poi c’è la questione della rappresentanza politica, degli schieramenti nuovi o tradizionali, la trasformazione e il cambiamento della linea nei partiti dentro e fuori gli Stati nazionali, degli assetti continentali in un momento molto delicato della parabola europea.

Ne abbiamo parlato con Stefano Maullu, eurodeputato di Forza Italia che lancia

Tra un po si ritorna al voto, ma come sono stati gli ultimi cinque anni all’Europarlamento? 
Questa legislatura è stata contrassegnata dalla forza di Berlino e Parigi, in Europa oggi conta l’asse franco-tedesco. Ma credo che di ciò, ormai, tra shopping francese degli asset italiani e la crisi libica, si sia tutti a conoscenza. A noi tocca capire come invertire questo andamento. l’Italia non può essere più trattata come accadde nel 2011 e le dichiarazioni che oggi rendono Jean Claude Juncker, Pierre Moscovici e gli altri non rappresentano che l’anticipazione di ciò che si vedrà in campagna elettorale. Loro l’hanno già iniziata e puntano tutto sulla paura per tentare di bloccare il trend degli elettori. Ci trattano come la Grecia ma noi siamo a settima potenza industriale al mondo.
Dico questo non perché sia leghista e nemmeno vicino ai Cinque Stelle che, anzi, considero come l’aspetto più deteriore del fenomeno dell’antipolitica. Ma il vero problema, specialmente da noi, sarà capire che con lo spread non si mangia. Vanno trovate, e subito, risoluzioni utili per alleviare la condizione di cinque milioni di connazionali poveri, per sgonfiare nelle aree delicati il rischio delle rivolte sociali, per dare una mano seria al sistema industriale del nostro Paese. l’Italia vanta un avanzo commerciale pari a 50,7 miliardi di dollari e questo dà il senso del peso economico dell’Italia nel mondo che spesso sottovalutiamo anche noi.

Quale scenario ai blocchi di partenza continentali? 
Dal 9 all’11 di novembre il Partito Popolare Europeo si riunirà a Helsinki per decidere chi guiderà il Ppe alle elezioni e con ogni probabilità verrà eletto Manfred Weber. Lui non arriva direttamente dalla Cdu tedesca ma è esponente della Csu bavarese, su alcuni temi come l’immigrazione le sue posizioni sono più vicine a quelle di un Salvini che a quelle dell’attuale classe dirigente europea. Del resto, il Partito Popolare Europeo deve fare i conti con le sue anime, da Orban e fino ai polacchi e credo che a vincere sarà la linea della realpolitik.

E in Italia? 
In Italia ci troveremo a dover spiegare perché non difendiamo il Paese rispetto all’atteggiamento dell’Ue. Quando Juncker e gli altri fanno dichiarazioni a mercati aperti, sanno bene di creare un danno all’Italia. Per questo ci troviamo di fronte a un vero e proprio referendum tra questa e un’altra idea di Europa. Le elezioni in Baviera saranno un segnale di dove starà andato la Germania e i sondaggi oggi tracciano un quadro chiaro.

La via del sovranismo è quella praticabile? 
Non credo sia giusto parlare solo di sovranismo perché rappresenta un concetto forse troppo semplice. Credo sia utile iniziare a parlare di riaffermare la nostra identità nazionale. l’Italia è una nazione ricca di eccellenze, un Paese giovane che si è forgiato nel sangue di chi è caduto nella grande guerra.
Se sono italiano e ho ben chiaro quale sia il mio concetto di patria, ecco che mi diventa altrettanto chiaro quale sia l’interesse del Paese. E la difesa dell’interesse nazionale va messa al centro dell’azione politica e deve diventare motore del ruolo che dobbiamo giocare in un contenitore geografico e geopolitico più vasto, fondamentale per poter resistere alla competizione globale che ormai mobilita intere e grandi aree del pianeta.

Può essere l’impegno delle elezioni europee un banco di prova per la tenuta delle alleanze politiche? 
Alle Europee si vota con il proporzionale e lo sbarramento al 4%. Ciò significa che ogni partito si presenterà da solo. La Lega, Forza Italia, il Pd, il M5S, le liste di sinistra, Fratelli d’Italia: ognuno farà la propria proposta di Europa e saranno gli elettori a scegliere.

Dal palco di Atreju Giorgia Meloni ha lanciato una sorta di laboratorio conservatore…
Giorgia Meloni ha avanzato una proposta intelligente, capace di allargare il discorso alla platea e all’area conservatrice per dirla in termini classici e di unire alla storia e all’identità politica di Fratelli d’Italia esperienze e sensibilità che possono arricchire. Sono convinto che un laboratorio politico del genere non possa prescindere da un’interessante fase costituente che non si riduce certo a qualche settimana di lavori. La Meloni ha fatto la sua proposta aprendo a tutti, molti l’hanno apprezzata, qualcun altro ha alzato il ponte levatoio. Ma io la ritengo una proposta interessante: se la Lega continua a crescere, il Movimento Cinque Stelle si conferma su livelli alti di consenso e Forza Italia è in crisi, ecco che c’è spazio per un’area politica nuova che abbia una forte vocazione identitaria. È uno spunto che si ritrova nel pensiero di Giovanni Toti.

A maggio sarà davvero una sfida tra l’Europa della finanza e quella dei popoli? 
Assolutamente sì. Del resto questo era e resta il tema centrale della politica nazionale ed europea. Quello che serve al Paese è uscire dallo schema degli ultimi anni che ha visto i poveri diventare sempre più poveri e i ricchi diventare ancora più ricchi. Si sono create, così, delle spirali: le famiglie che contano almeno un disoccupato sono sempre di più, il disagio nelle periferie è palpabile, in Italia ci sono cinque milioni di poveri. Occorrono soluzioni che siano serie, non come quelle irrealizzabili e strampalate percorse dal M5S. Dobbiamo creare le condizioni per lo sviluppo dei territori, con progetti che siano seri e duraturi per evitare il rischio di ritrovarci come è accaduto a Taranto o a Porto Torres con delle cattedrali nel deserto che a null’altro sono servite che ad arricchire i pochi.
Dalla grande crisi del 2008, quella della speculazione mondiale, il nostro Paese non s’è ancora ripreso né ha iniziato davvero a ripartire. L’Italia deve ripartire dal reddito degli italiani e dal recupero della mobilità sociale. Per farlo è necessario riaffermare con forza il ruolo dell’identità nazionale nella politica europea.

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Giovanni Vasso

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