Il caso. I giudici sequestrano i soldi della Lega. Il Carroccio (al 34%) a rischio

Matteo Salvini, leader della Lega

La magistratura conferma le tesi dei pubblici ministeri: sequestrati i fondi della Lega, per la politica adesso si apre una fase di concitatissimo dibattito.

La decisione è stata assunta dai giudici del tribunale del Riesame di Genova che ieri s’erano riservati la sentenza a fronte delle richieste presentate dal collegio difensivo del Carroccio.

Stamattina, invece, è arrivata. I magistrati hanno dato ragione alle richieste dell’accusa e quindi hanno stabilito che i fondi della Lega, per complessivi 49 milioni, vanno posti sotto i sigilli.

Adesso la politica italiana – che mai è andata in vacanza, trascorrendo un’estate tra mille e roventissime polemiche – si divide. Matteo Salvini ha assicurato di non aver paura perché “sa che gli italiani sono con lui” e spiega di sentirsi poco interessato a processi che hanno quale base episodi “accaduti otto-dieci anni fa”.

Politicamente, l’opportunità è ghiottissima: stretto tra le inchieste di Agrigento e le denunce post-Nave Diciotti, dal punto di vista del consenso la scelta dei giudici di Genova cade in un momento che per Salvini è favorevolissimo. Presentandosi come “accerchiato” dalla magistratura, sfrutterà la situazione e raccoglierà una delle eredità più preziose di Berlusconi: quella del “perseguitato dai giudici”, su cui il Cav riuscì a costruire molti consensi.

Inoltre, “costringe” il centrodestra a riannodare i fili, usurati dall’accordo di governo Lega-M5S. Anche, o forse soprattutto, dai quartieri generali di Forza Italia da cui – a cominciare dall’ex ministro Gelmini a finire a Lupi e Giro – sono partiti immediati attestati di solidarietà.

Però, come disse quel saggio (seppur a modo suo), “la Chiesa non si regge sulle Ave Maria”. Figurarsi, quindi, un partito di lotta e di governo. Per il Carroccio, il congelamento dei fondi è una iattura pesante. I server, i manifesti, i volantini, le sedi vanno pagate: nonostante il cuore grande dei militanti che, nella Lega così come in tutti gli altri partiti, assumono su di sé sforzi inenarrabili pur di puntellare e tenere la barca a galla. Ma non può bastare.

Così aspettiamo il piano B. O una guerra legale, che si preannuncia lunghissima e defatigante, oppure l’idea del partito “nuovo”. O anche tutte e due insieme, perché no. Fatto sta che la Lega, nel punto più alto della sua parabola politica, ricca di consensi che mai il suo fondatore Bossi neppure osò sognare, si ritrova a dover fare i conti con i rischi della “sparizione”, paventata nei giorni scorsi dal sottosegretario  Giancarlo Giorgetti nei giorni scorsi proprio quando i sondaggi danno il Carroccio in corsa a oltre il 30%.

Alemao

Alemao su Barbadillo.it

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