Esteri. Trump riuscirà a blindare la Corte Suprema e a cambiare la storia degli USA?

La copertina del Time

The King is dead, long live The King!: si potrebbe così riassumere, in un numero ridottissimo di termini, la reazione dell’opinione pubblica statunitense al momento del decesso o della rinunzia di un giudice della Corte Suprema. Le esequie vengono mostrate in diretta televisiva dalle principali emittenti televisive statunitensi – quasi fosse morto il Papa! ha esclamato un insigne giurista italiano commentando i recenti funerali del giudice Antonin Scalia –, la successione può alimentare – e, con riguardo agli ultimi trent’anni di storia, ciò è fisiologico – accanite lotte politiche per la successione. Talvolta la nomina di un giudice della Corte Suprema – il cui ufficio, al pari di quello di ogni giudice federale, è formalmente vitalizio, e le cui sentenze producono effetto erga omnes – costituisce un vero è proprio argomento di campagna elettorale. È stato il caso di Nixon nel 1969 e, in termini ancor più determinanti, di Hillary Clinton e Donald Trump nel 2016. Nulla di cui rimanere sorpresi, considerando che il giudice nominato alla Corte può costituire il più duraturo – e talvolta incisivo – lascito di un Presidente alla nazione americana.

Il giudice Neil Gorsuch giura al momento dell’insediamento presso la Corte Suprema. Anthony Kennedy amministra il giuramento.

Il 21 giugno 2018 l’Associate Justice Anthony Kennedy ha annunciato l’intenzione – divenuta formalmente effettiva il 31 luglio – di ritirarsi dal proprio incarico. Ciò accade nel contesto di una temperie politica piuttosto complessa, tale da non escludere il rischio che il Presidente venga sottoposto ad impeachment e nella quale le contrapposte passioni politiche sono tutto fuorché moderatamente espresse. Trump avrebbe dunque la possibilità di effettuare un’ulteriore nomina in seguito a quella del successore di Antonin Scalia, il giudice Neil Gorsuch. Già il procedimento di nomina di quest’ultimo determinò uno scontro politico frontale.  Conflitto che oggi pare riproporsi, e forse in forma ben più radicale. La nomina un giudice originalista, come Gorsuch, per la successione del grande corifeo di tale dottrina interpretativa, ha mutato gran poco gli equilibri della corte. Al contrario, colui che succederà a Kennedy, potrebbe effettivamente cagionare un netto spostamento in senso conservatore della più alta corte degli USA.

Il giudice Anthony Kennedy

Kennedy, nel corso della propria carriera, si è dimostrato un giudice conservatore atipico. Venne nominato dal Presidente Reagan nel 1988: le vicende che precedettero la sua nomina furono turbolente quanto si annunciano esserlo quelle che la seguiranno. Il Senato, dovendosi pronunciare sulla successione del giudice moderato Lewis Powell, aveva infatti già rifiutato ben due tra i candidati presentati dal Presidente. Il primo, il giudice Robert H. Bork, fu oggetto di una campagna di denigrazione altamente politicizzata perché ritenuto eccessivamente conservatore[1]; il secondo, Douglas H. Ginsburg, fu rifiutato dagli stessi repubblicani quando venne reso noto che, nel periodo in cui aveva insegnato ad Harvard, fosse uso farsi gli spinelli con gli studenti. Kennedy, un giudice della Corte d’Appello del IX Distretto, avrebbe rappresentato la scelta per un giurista le cui dottrine difficilmente avrebbero spaziato al di fuori degli schemi del cosiddetto mainstream legale e, di fatti, fu approvato dal Senato senza difficoltà. Se difficilmente potrebbe essere inscritto nella lunga lista dei giudici nominati da Presidenti tendenzialmente conservatori che, una volta alla Corte Suprema, subirono una rilevante virata a favore di politiche progressiste [2], è pur vero che, proprio in relazione a tematiche socialmente rilevanti quali l’aborto o il same-sex marriage, egli rappresentò lo swing vote. Sarà anzi interessante osservare come sia stato proprio Kennedy ad esprimere l’opinione della maggioranza della Corte in un numero importante di casi inerenti ai diritti civili delle persone omosessuali, inclusa la controversa majority opinion in Obergefell v. Hodges (2015), sentenza che ha riconosciuto il diritto costituzionale a contrarre matrimonio in capo alle coppie omosessuali.

Amy Coney Barrett, già docente presso la facoltà di giurisprudenza della Notre Dame University.

A fronte di tutto ciò non dovrebbe stupire quali apprensioni abbiano causato in campo progressista le dimissioni di Kennedy. Tali apprensioni sono cresciute nel momento in cui i media statunitensi hanno reso pubbliche le prime indiscrezioni sui giudici che il Presidente aveva incominciato a vagliare nelle prime settimane dalla rinunzia di Kennedy. Tra questi due nomi sono spiccati immediatamente: quelli di Brett Kavanaugh ed Amy Coney Barrett. Quest’ultima, classe 1972, già assistente del giudice Scalia e con una brillante carriera accademica alle spalle, è stata protagonista di uno sgradevole episodio che ha visto la senatrice Diane Feinstein sostenere, con riguardo alla fede cattolica di Coney Barrett: “the dogma lives loudly within you, and that is a concern”. Episodio che ne ha fatto un’eroina presso la base repubblicana e cha suscitato, nei confronti della Feinstein, le critiche di parte del mondo accademico, essendo quest’ultima stata in predicato di violare la No Religious test clause di cui alla III sezione del VI articolo della Costituzione [3].

Il giudice Anthony Kennedy (al centro) con i suoi law clerks degli anni 1993-1994. Neil Gorsuch è il primo sull’estrema sinistra, mentre Brett Kavanaugh il primo alla destra di Kennedy.

Non è stata tuttavia destinata a destare sorprese la scelta del Presidente di favorire Kavanaugh. Ciò soprattutto in relazione alla poca esperienza on the bench di Coney Barrett, la quale è in carica come giudice federale solo dal dicembre dell’anno scorso. D’altra parte, proprio la maggior notorietà e coinvolgimento nelle vicende politiche risalenti a circa vent’anni fa, costituiscono per il giudice di Washington un ostacolo molto difficile da superare. Egli, classe 1965, è stato considerato una delle rising star del movimento giuridico conservatore a partire dalla fine degli anni ’90. Cattolico, figlio di un lobbysta di Washington, laureato a Yale e in passato membro della Federalist Society, il network dei giuristi conservatori; esperienze come law clerk di uno dei più rilevanti feederer judges, Alex Kozinski, presso una corte d’appello, e poi dello stesso giudice Kennedy alla Corte Suprema; infine, un breve periodo presso il Dipartimento di Giustizia. Successivamente è stato associato presso il prestigiosissimo studio legale Kirkland & Ellis di Washington, lasciato per rispondere alla chiamata del suo vecchio mentore, il giudice Kenneth Starr, il quale lo volle nel pool che investigava sullo scandalo Whitewater relativo ai Clinton. Tra il 2001 e il 2005, dopo aver fatto parte del team legale che assistette Bush, è stato segretario dello staff della Casa Bianca. Il Presidente lo volle poi nominare giudice della più importante corte d’appello statunitense, quella del Distretto di Columbia – le cui funzioni nei confronti del governo federale, oltre a quella di esprimersi sui ricorsi d’appello di un distretto federale minuscolo, sono tuttavia paragonabili a quelle rivestite nel nostro paese del TAR del Lazio -, ma, a causa dell’opposizione dei democratici, la nomina poté divenire effettiva solo con due anni di ritardo. Infine, un particolare poco noto: Kavanaugh, accanto ad una decina di eminenti giuristi, ha fatto parte del team coordinato da Bryan A. Garner per la redazione di una vera e propria summa della procedura di common law come realizzata dalla giurisprudenza statunitense, The Law of Judicial Precedent. Un curriculum da perfetto candidato alla Corte Suprema.

Il 4 settembre avranno inizio i tre giorni di audizione dinnanzi al Senato, che dovrà confermare o rifiutare la nomina. Notoriamente si tratta di un’esperienza a dir poco provante. Si ricordano le immagini della moglie del giudice Alito, scoppiata in lacrime durante l’audizione del marito; o il suicidio della consorte dell’avvocato Miguel Estrada; o ancora, di fronte alle insinuazioni del senatore Al Franken, lo sbottare, tra il faceto e l’esasperato, di Neil Gorsuch: I’m not God!

Il giudice Kavanaugh con la famiglia e il Presidente Trump al momento della nomina.

Sono trascorsi due mesi da quando, il 4 luglio, Brett Kavanaugh ha accettato la nomination. Due mesi intensi di colloqui con l’intero corpo del Senato in vista delle audizioni di settembre. Due mesi di preparazione a quello che sarà forse il più serrato interrogatorio che il Congresso abbia visto negli ultimi anni. La parola d’ordine bipartisan: è in gioco il destino degli USA. Non a caso il lavoro di lobbying è stato intensissimo e concentrato in particolar modo su cinque senatori. Il conservatore Judicial Crisis Network e la Heritage Foundation hanno corteggiato assiduamente Joe Manchin della West Virginia, Joe Donnelly dell’Indiana ed Heidi Heitkamp del North Dakota. Tre parlamentari appartenenti al Partito Democratico, ma dalle posizioni centriste e che, soprattutto, rappresentano stati nei quali Trump, alle elezioni presidenziali, ha nettamente trionfato. Le lobby conservatrici ricordano loro le elezioni di metà mandato che si terranno in autunno e nelle quali tutti e tre si giocheranno il seggio di fronte ad elettori che i sondaggi danno favorevoli alla nomina del nono giudice supremo. I democratici invece hanno ripetutamente avvicinato – quali risultati non è dato saperlo – con due senatrici repubblicane pro-choice nei confronti dell’aborto: Susan Collins del Maine e Lisa Murkowski dell’Alaska. È infatti vero che, mancato proprio pochi giorni fa il senatore John McCain, la maggioranza repubblicana appare letteralmente sul filo del rasoio.

Il rischio paventato dai democratici è che, con la nomina da Kavanaugh, si concretizzerebbe effettivamente il tanto paventato rischio di una Corte a maggioranza stabilmente conservatrice. Un prospetto del Washington Post – che tuttavia chi scrive giudica a ragion veduta non del tutto corretto – indica come, in una Corte Suprema nella quale Kavanaugh avesse sostituito Kennedy, non vi sarebbe voto più a destra del suo al di fuori di quello di Clarence Thomas. Niente più giudice swing vote, a meno che tale ruolo non venga assunto dal Chief Justice John Roberts, possibilità che, verosimilmente, potrebbe verificarsi solo con riguardo a temi già molto circoscritti.

Il giudice Antonin Scalia, massimo sostenitore dell’originalismo, in un ritratto ufficiale di Nelson Shanks

Dunque, sostengono i progressisti, entro pochi mesi dalla nomina di Kavanaugh, gli USA rischierebbero di tornare al 1950: “metà degli states metteranno fuori legge l’aborto e i matrimoni omosessuali, non vi sarebbero limiti per le donazioni alle compagne politiche né al porto delle armi. Il sogno di vedere la pena di morte esclusa dal dettato costituzionale parrebbe destinato a tramontare una volta per tutte, mentre imperverserebbero preghiere obbligatorie nelle scuole e monumenti ai Dieci comandamenti in tutto il territorio federale”. Si tratta di un quadro certamente esagerato e fazioso, ma che contempla un germe di verità: la Corte si sposterebbe a destra e certamente molto di quanto predetto incontrerebbe ostacoli. A ciò si aggiungerebbe un dato ulteriore: in alcuni suoi saggi, Kavanaugh, in netto contrasto rispetto al proprio operato durante lo scandalo Whitewater, sosterrebbe il proprio scetticismo riguardo la possibilità di mettere sotto accusa un Presidente durante il periodo di mandato. Quale manna per Trump, sostengono i democratici. D’altra parte, sarebbe tendenzioso dipingere Kavanaugh – come lo è stato nei confronti di Scalia e Gorsuch – come un giurista organico del Partito Repubblicano. Occorre non dimenticare che la dottrina fatta propria da questi giudici, quella fondata sull’original public meaning of the Constitution, si inscrive nettamente nel solco del positivismo giuridico e di una visione dell’apparato giudiziario come nulla più di una “bocca della legge”, piuttosto che come fautore di politiche sociali autonome. Visione questa comune tanto ai fautori del diritto naturale che della living Constitution.

Cosa potrà aspettarsi Kavanaugh? Un confronto serrato, e senza esclusione di colpi. Domande relative la propria vita personale, la dottrina giurisprudenziale cui aderisce, un esame delle judicial opinions di cui è stato autore come giudice federale. “Ritiene o meno Roe v. Wade e Obergefell v. Hodges coerenti con law of the land? Stenterebbe a consentire la messa sotto accusa del Presidente Trump?” Certamente occorrerà attendersi quesiti di questo tipo, così come interrogativi sulla vita sessuale del giudice per il quale lavorò negli anni ’90, Kozinski, oggi accusato di molestie sessuali. Ancora più rilevanti saranno l’esame del ruolo da lui avuto nelle indagini su Clinton e presso la Casa Bianca in un periodo controverso. “Che cosa avrebbe saputo delle torture a Guantanamo e quale il suo ruolo nella redazione del Patrioct Act?” – temi, questi ultimi, che potrebbero sollevare perplessità anche da parte degli stessi senatori repubblicani.

Come ne uscirà Kavanaugh? Le possibilità che venga nominato e quelle contrarie possono, al dato attuale, essere definite pari. Bisognerà però essere pronti a colpi di scena e forse anche ad un novello emulo di Ted Kennedy che tenga, di fronte alle telecamere, un allucinante discorso sull’America di Kavanaugh. Staremo a vedere.

Parte del futuro degli Stati Uniti d’America verrà deciso entro giovedì.

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[1] Si ricorderà il tenore del discorso pronunciato dal senatore democratico del Massachussets Ted Kennedy: President Reagan is still our president. But he should not be able to (…) impose his reactionary vision of the Constitution on the Supreme Court and the next generation of Americans. No justice would be better than this injustice. Non a caso lo sfortunato giudice ha dato il nome ad un neologismo (to bork) che, in lingua inglese, significa letteralmente: “ostacolare qualcuno diffamandolo sistematicamente”.

[2] Si ricorderanno: il Chief Justice Earl Warren, nominato dal Presidente Eisenhower; il giudice Brennan, nomina di Eisehower per occupare la cosiddetta catholic seat presso la Corte e che fu aspramente osteggiato dai fondamentalisti protestanti, in quanto sarebbe stato più fedele al Papa che alla Costituzione. Qualcuno potrebbe obbiettare che Brennan non fu troppo fedele né all’uno né all’altra. Ancora: Harry Blackmun, nominato da Nixon, estensore della decisione sull’aborto in Roe v. Wade; John Paul Stevens, nominato dal Presidente Ford; David Souter, proposto da George H. W. Bush e giudice dal 1991 al 2010. Basterà ricordare che un detto ricorrente tra i repubblicani era: No more Souters! Al contrario, si devono proprio all’unico supreme justice nominato dal Presidente Kennedy, Byron White, e all’allora giudice associato William H. Rehnquist, le uniche due dissenting opinions in Roe v. Wade.

[3] I Senatori e i Rappresentanti sopra menzionati, e i membri dei diversi Legislativi statali, e tutti i funzionari amministrativi e giudiziari sia degli Stati Uniti sia dei diversi Stati, saranno tenuti per giuramento o per solenne affermazione a sostenere questa Costituzione; ma nessuna prova di fede religiosa potrà essere richiesta come requisito per qualsiasi ufficio o incarico pubblico alle dipendenze degli Stati Uniti.

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Paolo Maldini

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