Il caso (di P. Buttafuoco). Siamo alle solite: la destra che non vuole la destra in Rai

La destra non vuole la destra in Rai. Ed è storia di sempre. Forza Italia dice no a Marcello Foa, e al pensiero che esprime, per la presidenza di Viale Mazzini. Mostrificato nel giro di niente – è sovranista, critica il Presidente della Repubblica e anche l’Euro, signora mia – Foa è solo uno che emerge a prescindere dalle consorterie.

Ma Forza Italia dice appunto no dimenticando che Foa – un giornalista voluto a Il Giornale da Indro Montanelli – è in sintonia totale con il loro elettorato “de destra”. Una realtà perfino maggioritaria, quella “de destra” cui prima o poi dovrà corrispondere una voce, almeno una, nel pluralismo dell’informazione pubblica fino a oggi plurale solo per i terrazzari “de sinistra” ma Forza Italia dice no consumando così il suo ultimo colpo di coda.

Silvio Berlusconi a un certo punto chiede di portare alla presidenza del Cda Fabrizio Del Noce – il cui primo merito, lascia intendere, è quello di avere scoperto Elisa Isoardi – e sempre si torna al Patto del Nazareno: chi dice no a Foa sta dicendo sì al Pd. Tutto qua. I tre Moschettieri della destra in Rai – Gennaro Sangiuliano, Paolo Corsini, Nicola Rao – e il loro D’Artagnan esterno, Alessandro Giuli, hanno forse in Gianni Letta il bieco Cardinale che li contrasta?

Nel farsi beffe del sovrano smarrito, ovvero Silvio Berlusconi, Sua Eminenza Azzurrina mette la pietra tombale sulla destra in tivù per salvaguardare il comparaggio con Matteo Renzi. Ed è storia di sempre quella della destra che sbarra la strada alla destra in Rai. Buon ultima arriva Forza Italia, pur sempre emanazione di Mediaset – un’azienda concorrente, semanticamente ostile alla Rai – ma anche quel che fu Alleanza nazionale, e quel che resta di quell’eredità, asseconda un inciampo tutto di inadeguatezza rispetto al servizio pubblico. La Rai più imbarazzante fu quella della destra-destra in Viale Mazzini. Ebbe il culmine nell’edizione di un Festival di Sanremo patriottardo – nel Centocinquantesimo dall’Unità d’Italia – con Roberto Benigni a cavallo, diociperdoni avvolto nel tricolore. Ed ebbe a cominciare con gli imboscati e i raccomandati asserragliati in via della Scrofa, presso l’ufficio di Gianfranco Fini, e tutti col sentimento di gratitudine del giorno prima. Tanti e troppi sono i fallimenti della destra in Rai. Dal tentativo di Antonio Socci, nella notte dei tempi, al recente sfracello di Kronos, la trasmissione “de destra” su Rai2 di Annalisa Bruchi, prontamente commissariata da Giancarlo Loquenzi – tendenza Nazzareno – non c’è mai verso di avere in Italia una narrazione coerente col sentimento diffuso della maggioranza.

Le poche cose buone “de destra”, fortemente identitarie, le hanno fatto i socialisti come Giampaolo Sodano col Giovane Mussolini intepretato da Antonio Banderas; come Giovanni Minoli che sfidava l’interdetto culturale – ci furono anche interrogazioni parlamentari per reclamarne la cacciata dalla Rai – invitando Giorgio Almirante nel suo Mixer; come Agostino Saccà – nello sfidare il tabù – per realizzare la fiction che, per la prima volta, racconta le Foibe. E come Franco Matteucci che, insomma, dalla tolda della tivù per le famiglie fabbrica la star delle star nel firmamento nazionalpopolare. Nientemeno che Cristiano Malgioglio.

Pierangelo Buttafuoco

Tanti e troppi sono i colpi andati a vuoto. Lo stesso Nicola Porro, un numero uno, ebbe a essere epurato dai renziani ma chissà perché, i berlusconiani – titolati a difendere quello spazio – proprio quella volta ebbero a distrarsi consentendo così di spegnere una voce, almeno una, di controcanto al raglio conformista. La tivù è l’unico spazio di rivincita dell’egemonia culturale “de sinistra”. Prova ne sia che il ventennio berlusconiano non ha prodotto uno in Rai – che sia uno – di protagonista, da destra, in grado di fronteggiare lo story-telling degli altri.

Sovranisti o meno, su Rai3, ci sarà sempre qualche epigono di Lotta Continua, ben pagato, anche senza ascolti, o qualche reduce di Telekabul (con ascolti, almeno); e su Rai1 e ovunque, e in ogni diramazione dell’azienda, peserà l’inettitudine profusa negli anni di An nella stanza dei bottoni quando, concentrati sulle marchette nel minutaggio dei notiziari, o ai favori alle fidanzate, si facevano passare sotto il naso la ciccia vera: gli appalti esterni, lo strapotere degli agenti e i convenevoli di non belligeranza tra la buona società dei post-veltroniani e dei berluscones, oggi cristallizzatesi nella invincibile rete di relazioni della Terrazza romana. Sveglia, dunque. Quel Patto del Nazareno che non riesce alle elezioni, domina incontrastato nel deep state dell’etere e – sovranisti o meno – incombe sempre il pensiero unico col Corriere della Sera che ieri, nella sua edizione online, pur di tirare la volata al Cav. faceva questo titolo: “Rai, Rossi al posto di Foa, un altro sovranista che difende la Totolo”. Giampaolo Rossi, insomma – membro del Cda Rai – al pari della già ostracizzata influencer anti Ong. Praticamente un pizzino. La storia di sempre.

*Da Il Fatto Quotidiano

Pietrangelo Buttafuoco*

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