Focus. Marchionne visto da sinistra e la riflessione sul capitalismo

John Elkann e Sergio Marchionne

(Pubblichiamo una riflessione di Claudio Bazzocchi, intellettuale di sinistra-sinistra, di raro acume, sulla fine di Marchionne e sul capitalismo)

Tutta la vicenda Marchionne ci svela lo stato della cultura politica della sinistra italiana (e non solo italiana).

Il moralismo accusatore nei confronti del capitalista “cattivo” Marchionne ci dice che perlopiù a sinistra si pensa che ci possa essere un capitalismo “buono” che fa industria e produce nella cosiddetta economia reale e che ci sia invece un capitalismo cattivo che fa profitti tramite la finanza.

Il capitalismo fa profitti, punto. Anzi, il suo essersi smarcato dai limiti del controllo nazionale del compromesso socialdemocratico e della produzione in serie ha creato la società in cui viviamo oggi, che tanto apprezziamo per la possibilità di viaggiare, di essere connessi h24, di disporre in tempo reale di beni di consumo personalizzati, di negozi aperti tutto l’anno e persino la notte, di vivere in una bolla in cui, grazie all’immensa varietà dei consumi e delle possibilità di divertimento, possiamo liberarci anche dal bisogno di riflettere sui noi stessi, sul senso della nostra vita e sul destino delle nostre società. Siamo quindi esentati dalla lotta politica, dall’ideologia e dalla cultura come capacità di pensare il mondo e la sua trasformazione.

Quel capitalismo “cattivo” ha forgiato negli ultimi decenni la società che, a sua volta, ha chiesto proprio al capitale stesso di creare quell’ambiente in cui potesse dispiegarsi l’individualismo estremo quale risultato del progetto moderno e della sua aspirazione alla rottura di qualsiasi riferimento a valori trascendenti, compresi quelli delle grandi ideologie di destra e di sinistra.

Abbiamo bevuto tutto, ci siamo storditi e ci stiamo stordendo ebbri di consumi e della vertiginosa sensazione di non dover rendere conto a nessuno e vorremmo però anche il capitalismo “buono”, quello che produce auto in serie per operai bravi e disciplinati che possano comprarsele grazie a virtuose politiche keynesiane e alla fabbrica fordista (o pensate che i padroni non fossero “cattivi” negli anni Sessanta e Settanta?).

Ma, magari, alla fine, vogliamo solo salario per consumare indisturbati (o lavorando sotto padrone aspettando la fine dell’orario di lavoro per andare a divertirci come dei servi qualunque, oppure con il reddito di “cittadinanza”, quello per cui si è così cittadini da vivere con la paghetta di Stato per togliersi qualche voglia nel fine settimana).

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Claudio Bazzocchi

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