Politica (di A. Di Mauro). Il disastro della sinistra, alle urne il naufragio del Giglio (magico)

concordia candidoSiamo nella notte tra il quattro e il cinque marzo. Il nostro Paese è ancora attraversato dal temibile Burian, il vento di aria gelida che ha portato abbondanti nevicate da nord a sud. Pioviccica, il mare è calmo, ma le temperature sono bassissime e dalle parti del Nazareno si battono letteralmente i denti: è un presagio della catastrofe imminente.
Sono da poco passate le 23 quando Enrico Mentana, nel corso della sua ormai mitologica maratona televisiva, rende ufficiale la notizia che cambierà per sempre la geografia politica del nostro Paese: la sinistra non c’è più. La gloriosa corazzata che fu di Gramsci e di Togliatti, di Natta e Berlinguer, di Veltroni e Bersani, dopo aver impattato bruscamente gli insidiosi scogli del Giglio (magico) affonda sotto la soglia del 20 percento davanti agli occhi attoniti degli italiani.
Un disastro tutto toscano, e senza precedenti, determinato da una serie di manovre spericolate del comandante Renzi e della sua fidata ciurma. Una catastrofe annunciata e resa ancora più spettacolare dal coinvolgimento di altre imbarcazioni che improvvidamente viaggiavano sulla scia della corazzata renziana e hanno finito per inabissarsi anch’esse, risucchiate nel gorgo dell’affondamento.
Si tratta della fregata sardo-meneghina La Certosa – capitanata dal vecchio lupo di mare Silvio Berlusconi che, ormai evidentemente rincoglionito, seguiva da tempo la rotta renziana del Pd – e del celeberrimo veliero Ikarus di dalemiana memoria. Da segnalare che la ciurma di quest’ultimo era tutta composta da vecchi membri dell’equipaggio renziano, i quali, dopo un patetico pseudo-ammutinamento durato anni, avevano finalmente deciso di abbandonare la nave. Salvo poi continuare inspiegabilmente a seguirne la scia a bordo del veliero di baffino.

Così, se quella che fu la “gioiosa macchina da guerra” della sinistra italiana è finita negli abissi, sotto la soglia del 20 percento, il Cav è rimasto incagliato attorno al 14 e l’“Ikarus” di D’Alema e Grasso giace addirittura sul fondale, a poco più di 3 punti percentuali. Uno scenario apocalittico per tutta la sinistra italiana (la batosta del Cav almeno è compensata dalla clamorosa affermazione della Lega) che fin da subito avrebbe voluto stringersi tutta attorno a Renzi. Mica per solidarietà, che avete capito? Per mettergli semplicemente le mani addosso. Un’operazione nobile che però, nell’immediatezza del disastro, è apparsa subito piuttosto complicata, perché il buon Matteo (a differenza del suo illustre precursore Francesco Schettino) pare non avesse nessuna intenzione di abbandonare il relitto. Esiste persino una segreta intercettazione telefonica in cui si sente distintamente una voce, proveniente dall’unità di crisi del Nazareno, intimare al comandante Renzi: “Scenda da bordo, cazzo!”. Ma lui niente. Inchiodato al timone prende tempo negando goffamente ogni addebito. Il resto è storia, con Renzi costretto a mollare dopo aver capito che le manovre disastrose del suo Pd ormai sono impresse nella scatola nera delle ultime due legislature.
Da quando la corazzata dem ha iniziato a battere bandiera gigliata, infatti, la sinistra s’è ritrovata a toccare lidi inimmaginabili per gli eredi del partito del proletariato. Il Jobs Act – con relativa abolizione dell’articolo 18 – per citarne uno su tutti, sta a una latitudine che neanche il mezzo marinaio ultra-liberista del Cav, Renato Brunetta, avrebbe mai osato praticare. Poi, come se non bastasse, la scellerata politica degli “inchini” al cospetto dei poteri forti, dell’alta finanza e delle banche. Sembra che, la notte del disastro, in plancia di comando ci fosse anche la solita belloccia bionda con la quale Renzi, petto in fuori e respiro trattenuto insieme con la panza, era solito fare il figo: “Siamo di fronte al Giglio magico, Maria Elena, e lì c’è la tua Banca Etruria. Saluta il papy”. Ciaone.

*Da Il Candido

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Alessio Di Mauro*

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