Musica. Skoll canta D’Annunzio: “Musica contro la banalità del presente”

skoll-dannunzio-sitoDa qualche settimana il cantante Skoll ha pubblicato un nuovo album, dedicato alla figura complessa e affascinante del poeta Gabriele D’Annunzio. Un lavoro complesso e difficoltoso che prende in analisi gli aspetti più intriganti (e a volte meno battuti) di una delle personalità italiane più seducenti nella storia.

Dopo album come Eroica e Marmofuoco, hai deciso di proseguire il tuo percorso lungo la storia d’Italia. Dunque arriviamo a D’Annunzio, personaggio a cui sei stato sempre legato. Cosa vuoi trasmettere a chi ascolta queste canzoni?

Vorrei trasmettere innanzitutto la complessità e la completezza di un grande italiano, sintesi di sensibilità artistica, genialità, determinazione, amor patrio. Uscire dagli schemi tanto in voga oggi dell’artista inevitabilmente slegato, sradicato, apolide. Schemi ridicoli, frutto di un’ignoranza del tempo, un’ignoranza arrogante e presuntuosa da studente universitario in erasmus, provincialismo internazionalista e progressista, snobismo da salottino al caviale. D’Annunzio è stato un grande artista con radici profonde. Un uomo capace di sacrificarsi realmente, di mettersi alla prova non per una vana gloria ma per dedizione nazionale. Voglio, nel mio piccolo, contrastare la montagna di banalità che lo hanno sommerso, mostrandolo negli anni della Grande Guerra e della geniale stagione di Fiume.

Fra Mishima e D’Annunzio. Così lontani, così vicini?

Il filo dei legami è un filo sottile, unico, in una matassa di altro. Così ci vuole pazienza, e studio, per trovare proprio quel filo d’oro che unisce D’Annunzio a Mishima. È il filo fenomenale di un legame spontaneo, naturale, bellissimo. Affinità sorprendenti. Due uomini estremamente sensibili che per sopravvivere a questa loro straordinaria sensibilità hanno seguito con volontà percorsi in equilibrio precario, in bilico costante, tra la scrittura e l’azione. Sensibilità, profondità, tormento, bellezza, radici, patriottismo, marzialità… ma l’elenco sarebbe lunghissimo.

Hai dedicato una canzone anche a Smikrà, soprannome di Luisa Baccara, che secondo la vulgata ha rappresentato la donna anti dannunziana nella vita di D’Annunzio. La vulgata ha ragione o c’è dell’altro? 

“La bugia di Smikra” – curiosamente se consideri che fin dal titolo faccio riferimento esplicito alla Baccara – è più un pezzo universale sull’amore, sui tormenti d’amore, sulle derive dell’amore, che un brano sulla pianista che affiancò D’Annunzio a Fiume e al Vittoriale. Il loro rapporto, così misterioso per certi versi, quasi insondabile, diventa uno spunto per raccontare le stranezze, le unicità dell’amore… Una Baccara che, scampata in qualche modo a un vero o presunto piano omicida a Fiume dei legionari che volevano liberare il Comandante da questa donna, finisce per accettare le licenze amorose del suo uomo pur covando un’inevitabile gelosia. Come in ogni grande storia che si rispetti, il finale tende alla tragedia, con quel misterioso volo di D’Annunzio dalla finestra del Vittoriale degli italiani. Davvero una spinta della Baccara in una fiammata di gelosia incontrollabile? Forse dovremmo auspicarcelo… Quando ho scritto questa canzone, l’ho scritta per una donna, per una voce femminile: come in una rappresentazione teatrale, ne “La bugia di Smikra” una donna doveva interpretare la Baccara, dare vocalità ai suoi tormenti amorosi, sfogarsi contro D’Annunzio – voce femminile interpretata da una bravissima cantante, Aki, per la prima volta immersa in un ruolo di questo genere – e D’Annunzio, Ariel – che interpreto io nei ritornelli – pronto a rispondere soffiando sui tizzoni ardenti del cuore di lei… e, come se non bastasse, il tutto avvolto dai meravigliosi, italianissimi tumulti di Fiume.

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Francesco Filipazzi

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