Il ritratto. Nello Musumeci, dopo la morte del figlio, di nuovo in campo: una lezione “di destra”

Nello Musumeci

nellomusumeciNon si può non guardarlo con ammirazione. Nello Musumeci è ancora a cavallo, ritto come un condottiero. E’ sul campo, ma non da fante. Bisogna prenderne atto con tutto l’onore dovuto al leader politico e all’essere umano. A poco meno di un mese dalla morte del figlio Giuseppe, scomparso a soli 31 anni a causa di una malformazione cardiaca, il numero due de La Destra di Francesco Storace, infatti, è sceso nell’agone politico per tirare la volata elettorale in favore di Raffaele Stancanelli, il sindaco uscente del capoluogo etneo.

Poteva scegliere di restare ai margini. Nessuno lo avrebbe biasimato: anzi, quel riserbo sarebbe stato lo stesso accolto con appezzamento. Musumeci ha scelto però un’altra strada, quella più dura. Nonostante quella ferita che non si rimarginerà mai, lui c’è. E con dignità pure. Accettando, nel giro di pochi giorni, l’incarico assai spinoso di presiedere la commissione antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, il parlamento autonomo dell’isola. Ma anche quello di non rinunciare al proprio ruolo di leader partitico. La scelta in favore di Stancanelli, oggi, è tutt’altro che banale. Stiamo parlando infatti di un’altra personalità storica della fiamma catanese, contro cui lo stesso Musumeci gareggiò cinque anni addietro alla carica di primo cittadino, raggiungendo il secondo posto, con un 27% costruito tutto a destra. Un risultato straordinario che fece impallidire la sinistra siciliana. E che, come un incubo, la fece sbiancare ancor di più nei cinque anni successivi, quando l’opposizione da destra in consiglio comunale ha saputo ritagliarsi un centralità inaspettata e pungente.

Musumeci è quindi di nuovo in campo. Lo è perché ontologicamente di destra. Parola che, come lui stesso ha spiegato dal palco in favore dell’amico-rivale Stancanelli, ha un valore che supera di gran lunga la sua stessa dimensione politica: “La nostra è una comunità di fede, di spirito. La nostra è la cultura della lealtà e dell’onesta. Ma anche della responsabilità”. Una lezione che però ha poco a che fare con la retorica. Il presidente della Provincia della cosiddetta “primavera catanese”, ha ben chiara la complessità del momento politico attuale: “Sia chiaro, divisi si perde: questo errore – ha ammonito- non va più consentito”. Un insegnamento semplice, ma credibile: perché figlio della sofferenza di un uomo. Una dimensione prossima alla verità. E chiama un ambiente politico e umano a riflettere, necessariamente, su se stesso. In Sicilia e non solo.

@fernandomadonia

Fernando Adonia

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