Cultura. Paolo Isotta: “Analfabetismo è una realtà, oggi vendono libri solo cuochi e calciatori”

isottaIl libro più bello da leggere oggi è “Il Canto degli animali”. L’autore è Paolo Isotta, storico della musica, per quarant’anni critico musicale, famoso per i giudizi taglienti ma anche per l’estraneità a mode, a pregiudizi e a convenzioni, specie per carattere ideologico. Dismessi i panni del critico nel 2015, si è dedicato con ancora maggiore intensità agli studi: “Il Canto degli Animali” (Marsilio Editori) ne è il frutto più recente e felice. È un viaggio appassionante nella “personalità” degli animali, indagata attraverso la musica e la poesia; è la testimonianza di un senso di fraternità con le creature e di appartenenza alla Natura “una”.

Isotta, quanto conta nella genesi di questo libro il fatto che lei è nato nella bellezza di Napoli e ama come pochi altri i grandi poeti latini della Natura come Lucrezio, Virgilio e Ovidio?

Sono napoletano e ho fatto studi classici, con meravigliosi insegnanti. Sono nato e vivo sul mare e di fronte a un vulcano che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Il Vesuvio mi aiuta a comprendere la nostra precarietà. Il mare è “la” Natura, l’origine della vita: guardarlo dalla collina ove abito, bagnarmici, è fonte di gioia, di libertà, è immergersi nella Gran Madre. Un napoletano è erede di tremila anni di storia e tradizione. È permeato di un cattolicesimo pagano che la natura sente intensamente, assai più del cristianesimo di matrice paolina: questo la natura, il corpo, quasi li detesta. A uno partito da un tale mondo, comprendere e amare la poesia latina (Virgilio è la mia più grande passione) e greca è molto più facile che a chi è meno fortunato. Tale poesia, che fa tutt’uno con la filosofia – Empedocle, Democrito, Epicuro, Lucrezio -, da sempre comprende e canta l’unità della natura. Veniamo tutti dallo stesso seme….animali, piante…persino la distinzione fra natura animata e inanimata, dice la fisica, è difficile…E la realtà, cantano Lucrezio e Ovidio, è la continua trasformazione della materia, che non sorge dal Nulla e non finisce nel Nulla.

Finiscono solo le nostre trascurabili individualità. Giordano Bruno è pur egli napoletano.

 

Napoli è la somma di infinite stratificazioni, dai miti greci e romani a San Gennaro, al culto dei Santi, al barocco, a Pulcinella, Totò…un retaggio imponente…

Il cattolicesimo napoletano venera Santi che, sovente, sono divinità pagane della natura. Il più grande novelliere di tutti i tempi, Basile, è napoletano: il suo Pentamerone, arcaicissimo e barocco, fiabesco e realistico, racconta questa visione del mondo. Poi; i campi Flegrei sono un ponte misterico verso gl’Inferi – dal lago di Averno Enea, nel VI libro di Virgilio, vi discende -; la Madonna di Piedigrotta presiede al passaggio, la sua basilica si trova all’inizio della galleria che ai Campi Flegrei conduce. Tale basilica era un tempio di Priapo…E la Festa di Piedigrotta, cattolicizzata, viene da riti dionisiaci che si celebravano, come si celebra la Madonna, all’inizio di settembre. Pulcinella è una maschera antichissima, l’emblema della perenne fame che affligge plebe rurale e cittadina. Totò è pur esso arcaico, ha origini fescennine e atellane; poi da astuto Dossennus plautino, diviene il più grandioso degli attori comici: è una voce popolare autentica, che si contrappone a Eduardo De Filippo; questi incarna un’altra Napoli, più recente, piccolo-borghese.

 

Il libro nasce anche dall’esperienza diretta? Ha avuto cani, gatti?

Il Canto degli Animali è dedicato, appunto, all’espressione dei sentimenti dei nostri fratelli in musica e in poesia. È, anche, una specie di antologia di una vita di amori letterari e musicali. E di amori vissuti. Incomincio dagli asini terapeuti dei mali psichici, che colla loro intelligenza e immensa capacità affettiva quasi assorbono il male, liberandone il paziente. Ho avuto cani, gatti…oggi vivo col bassotto Ochs, la gatta Isaura (protagonista di Jacquerie dell’adorato Gino Marinuzzi) e le tartarughe Fana e Spanò, due personaggi del non meno adorato Pirandello.

 

Lei ha scritto sempre; il suo primo libro, dedicato al Rossini napoletano, è del 1974. Per 40 anni ha fatto il critico musicale non sente la mancanza delle peregrinazioni di teatro in teatro?

Sono uno storico che per campare ha fatto il critico musicale. Come scrittore ho quarantatré anni di anzianità. Non dover più seguire la vita musicale, divenuta così scadente, è una vera liberazione. Non vado quasi più nei teatri, ho eliminato l’ottanta per cento dei rapporti, frequento solo chi mi è simpatico. Posso studiare di più, leggere di più. La musica è la mia passione, la lettura il mio vizio. Posso persino scrivere libri che m’illudo siano meno effimeri degli articoli giornalistici.

 

Come giudica in generale il clima culturale in Italia? Pensa che si possa fare qualcosa per migliorarlo?

Oggi le figure culturali dominanti sono i cuochi, i calciatori, i sarti. I soli libri che si vendono sono le loro autobiografie, le loro “visioni-del-mondo”. Io sono un privilegiato, avendo un editore che mi pubblica benché non appartenga a tali categorie. L’analfabetismo di ritorno è ancora più diffuso di quanto avevo vent’anni. Parafraso un titolo di Heidegger: ormai nemmeno un Dio ci può salvare”.

*Da Il Resto del Carlino del 28.01

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Enrico Gatta*

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