L’intervento. Caso Unipol guerra giudiziaria al Cav e contesa sovranista in Italia e Russia

berlusconi putinSenza “l’apporto in termini di concorso morale” dell’ex premier “non si sarebbe realizzata la pubblicazione” delle intercettazioni a Fassino sulla vicenda Unipol (“abbiamo una banca!”),  spiega l’ineffabile motivazione della sentenza che inchioda Silvio Berlusconi a un anno di galera. Se vi fosse equità nella distribuzione degli anni di carcere, a certe procure e a certe redazioni loro succursali dovrebbero essere comminate centinaia di anni di galera… Ma così non è.

Il cerchio si stringe unicamente attorno a Berlusconi e si annoda – come un crescendo di gironi danteschi – con le inchieste sulla sua vita notturna libertina, con le inchieste sull’evasione fiscale. E tutto questo dopo che sono cadute le accuse più roboanti e fantascientifiche: le accuse che volevano Silvio Berlusconi protagonista di quella corrispondenza di amorosi sensi tra partitocrazia e mafia, che invece interessò ben altri soggetti e tutti – a dire il vero – nettamente spostati a sinistra.

Certo c’è un po’ di arrosto in tante indagini su Silvio Berlusconi, ma bisogna ammettere che il fumo supera di gran lunga la sostanza e avvolge tutto. L’impressione di un fumus persecutionis si fa forte se si confronta l’accanimento contro Silvio Berlusconi con l’atteggiamento di gran lunga indulgente che il terzo potere ha riservato ad altri grandi imprenditori, di area sabauda o di cittadinanza svizzera. Essi, a differenza di Silvio,  “potevano non sapere”.

Prima di procedere nel discorso vorrei esplicitare la  mia posizione riguardo a Silvio Berlusconi. Chi scrive ha sempre votato centro-destra a guida Berlusconi. Di tutte le accuse rivolte a Berlusconi, ritengo che nessuno abbia la gravità di trasformarlo in una sorta di nemico pubblico della repubblica. Certo l’accusa più sostanziale che gli si potrebbe rivolgere è quella di inadempienza. Di aver indicato vie giuste e di non aver avuto né la forza, né la volontà di percorrerle fino in fondo.

Diciamo anche che l’accanimento giudiziario non è un fenomeno che si è sviluppato solo attorno a Berlusconi. Esso ha illustri precedenti nelle persone di Bettino Craxi, di Giulio Andreotti. Personalità complesse, con indubitabili luci e molte ombre. Sia Craxi che Andreotti hanno contribuito a scrivere pagine di malgoverno e di malapolitica. E tuttavia entrambi avevano idee ampie in politica estera, avevano una strategia di ampio respiro mediterraneo e perseguivano posizioni che superavano anche la netta contrapposizione tra Est e Ovest. Oggi che Andreotti e Craxi sono nel mondo dei più, ci si potrebbe chiedere se le indagini sul loro conto non fossero anche appesantite da un doppio fine inconfessabile, dovuto a influenze straniere e a interessi estranei all’amor di patria …

E’ un sospetto che lanciò a suo tempo un partigiano di Andreotti come Cirino Pomicino, ma anche un pensatore adamantino come Giano Accame nel suo saggio “Una storia della Repubblica”. L’Italia era nella zona di confine tra Est e Ovest ed era al centro del Mediterraneo. Andreotti e Craxi perseguivano a loro modo, sia pur tra mille incertezze, una sorta di via “nazionale” al dialogo con le nazioni arabe. Quella stessa via era stata seguita anni prima da Enrico Mattei, per il quale non vi furono processi. Uno sfortunato volo pose fine alla sua vicenda terrena. E quel volo forse – dico forse, perché a differenza di Pasolini non ho la pretesa narcisistica di dire “io so”  – fu sfortunato anche perché entrò in rotta di collisione con le linee tracciate da colossali interessi internazionali.

Inoltre in Italia vi era una robusta, magari un po’ pletorica e ingolfata  industria pubblica: essa era  eredità della politica interventista del fascismo, poi proseguita a modo loro da democristiani e socialisti. Sul panfilo della regina Elisabetta, il Britannia, alte personalità straniere e loro committenti nostrani deciso di smontare i pezzi di quella industria, di acquistarla   a prezzi di saldo. L’inquisizione di tangentopoli servì anche a debellare la classe dirigente italiana proprio nel momento cruciale in cui i beni pubblici italiani passavano all’asta. Eravamo negli anni immediatamente successivi alla caduta del Muro di Berlino. In quegli stessi anni alcuni ex burocrati del partito comunista dell’unione sovietica, si fecero prestare soldi dai Rothschild di Vienna e giovandosi della loro presenza all’interno della nomenclatura del moribondo impero sovietico, acquistavano a prezzi stracciati il controllo sulle fonti energetiche russe: petrolio, gas, metalli, minerali.

Gli “oligarchi” prosperarono ai tempi di Gorbaciov e soprattutto di Eltsin, ubriaco di vodka, mentre tra la popolazione russa si diffondevano i morti per denutrizione. Poi al punto di svolta del Duemila, venne Putin, il colonnello del KGB, che ai pescecani denominati “oligarchi” con metodi anche un po’ rudi, tagliò le mani …

In Italia invece c’è stata una svendita di gioielli dell’industria pubblica, e il tentativo abortito di una rivoluzione giudiziaria-giacobina: abortita per la mancanza di quel consenso popolare che invece nel corso degli anni ha sostanzialmente premiato Silvio Berlusconi.

Su “Il Giornale” Paolo Guzzanti sottolinea come i processi al leader del centrodestra possano essere parte di un gioco più grande. Guzzanti tira in ballo anche eventuali pressioni di Michail Gorbaciov … Non abbiamo elementi per valutare le dichiarazioni di Guzzanti, tuttavia ci sentiamo di fare alcune considerazioni:

1.  E’ inutile negarsi che da qualche anno si sia sviluppato un clima da rinnovata Guerra Fredda. Putin non gode degli acritici consensi di cui godevano Gorbaciov e Putin mentre seguivano politiche tutto sommato fallimentari per la Russia. La freddezza diplomatica di alcuni ambienti diplomatici  verso Putin è  probabilmente dovuta  al fatto che Putin ha riaffermato la sovranità nazionale sulle risorse energetiche russe.
2. Tale atteggiamento poco amichevole naturalmente  si estende agli alleati di Putin, come Silvio Berlusconi è stato a partire da un certo periodo.
3. Ciò detto bisogna essere oggettivi e sereni. Anche chi come noi ha sempre appoggiato Silvio Berlusconi deve ammettere che calo di consensi del leader nelle ultime elezioni (bilanciato poi dal suicidio della sinistra a guida Bersani)  è dovuto a ragioni di inadempienza
– Berlusconi ha promesso una netta diminuzione  delle tasse.
– Una riduzione della spesa pubblica.
– La sburocratizzazione dello Stato e il conseguente  rilancio delle imprese (la selva di norme e la spietata oppressione fiscale è ciò che impedisce di dare slancio produttivo al nostro paese che sempre ha vantato una classe di artigiani e piccoli imprenditori capaci di realizzare miracoli economici … )
–  La riforma dell’ordinamento istituzionale in senso presidenzialista: un leader dell’esecutivo eletto direttamente dal popolo per ovviare alla cronica instabilità politica frutto della costituzione cattocomunista del dopoguerra.
– Un efficiente federalismo.

– Un grande piano energetico con la creazione di centrali nucleari di nuova generazione.

– Il  controllo dell’immigrazione selvaggia, che oggi produce problemi endemici di criminalità, tensioni sociali e la svalutazione del lavoro a tutto danno dei  disoccupati italiani giovani e meno giovani ora in cerca di lavoro.

Ogni italiano di buon senso deve ammettere che sono  obiettivi ottimi: quello enunciato da Berlusconi era e rimane  il programma migliore per l’Italia. Tuttavia il modo in cui si sono  concretizzati  possono constatarlo gli Italiani …  con qualche perplessità.
4. Ciò detto è indubitabile  che a rendere più radicale l’attacco subito da  Silvio Berlusconi in sede extraparlamentare ed extraelettorale   qualcosa dipende anche dalla stretta alleanza con Putin: una alleanza che segue le linee guida di una intelligente politica di integrazione politica, economica ed energetica grande-europea.

5. Ricordiamo le massicce campagne stampa dell’Economist che è la  voce dell’oligarchia finanziaria  inglese, tanto quanto l’Osservatore Romano è la voce del Vaticano, e che esprime in ogni suo articolo non un parere imparziale, ma la ovvia difesa di quelli che sono colossali interessi di parte. A quegli ambienti evidentemente ha provocato indignazione la posizione diplomatica di Berlusconi quando si trattò di frenare l’inconsulta aggressività del dittatore georgiano Saakashvili e la posizione assunta in merito al gasdotto South Stream.

 

Il discorso potrebbe ampliarsi:   senza complottismi di sorta, senza scaricare sull’estero quelle che sono debolezze e croniche insufficienze della politica italiana si potrebbe ragionare sul nesso storico tra l’eliminazione della classe dirigente della prima repubblica attraverso tangentopoli e il saccheggio delle grandi risorse dell’industria pubblica italiana svendute sotto costo. Si scoprirebbe allora che la storia dell’Italia post-tangentopoli e della Russia post-sovietica presentano impressionanti analogie.

Ma l’Italia attende ancora un Putin.

 

Alfonso Piscitelli

Alfonso Piscitelli su Barbadillo.it

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