Fosse la tua prima marcia indietro, te l’avremmo pure perdonata. Ma hai fatto lo stesso con la diva Gabanelli, giornalista che con grande coerenza -di lei lo si può ben dire, nonostante l’atonalità dei suoi monologhi- ha fatto il suo dovere documentando sui tuoi cari pentastellati. E poi c’è stata pure quella sfuriata su quegli elettori che non ti hanno rinnovato la fiducia. Male, molto male. Ma non eri tu quello che parlava di democrazia digitale e altro ancora. Democrazia è anche alternanza, pure repentina, come in questo caso. Sveglia! La rete non è democratica, è solo partecipata, anche in modo poli-direzionale. E non ha per forza di cose le stesse dinamiche di Twitter, che presuppone un leader e appunto una marea di followers. La democrazia, quando funziona, si fonda sulla coerenza, su un coacervo di leggi scritte e non scritte. Su di uno stile, una moderazione di fondo, magari non condivisibile, ma essenziale affinché ci sia politica nella sua accezione più nobile.
In fondo però, sciogliendosi la neve, e non solo a causa della primavera, i buchi dovevano, prima o poi, apparire. La proposta di democratizzare una repubblica già democratica, era assai rischiosa e grossolana, stando almeno alla logica. Il primo rischio è stato appunto quello di scadere nella demagogia, di parlare lingue diverse a seconda delle piazze dove andavi a comiziare. Facile, così, raccogliere il consenso. Difficile non cogliere poi le difficoltà di parte del tuo elettorato che non ha compreso la sola scelta coerente fatta ultimamente: non sostenere il governo del pidimenoelle, proprio come ami chiamarlo tu, a guida Bersani. Ci colpi tu o loro? Forse entrambi: tu troppo furbo; loro, invece, troppo poco scafati. Ma c’è tempo per capirvi e prendere le reciproche distanze.
Insomma, su di una cosa bisogna darti ragione: in queste amministrative non hai perso nulla, ci hai solo guadagnato in esperienza e consiglieri comunali. Conti alla mano, nei hai presi tanti proprio dove non li avevi. Esito scontato per una forza giovane come la tua. La verità è che in questa tornata sono usciti i veri numeri del MoVimento. Quel 25,5% delle nazionali, suvvia, è stato davvero un po’ troppo elevato per un cartello che vuole essere davvero votato alla rivoluzione. O meglio, quando una forza convinta realmente del cambiamento approda a quei numeri, ha sempre dietro un elettorato assai più determinato del tuo, un leader meno nervoso e militanti più navigati.