Crisi Ilva. Il flop dello Jobs act che riduce lo stipendio dei metalmeccanici

La crisi dell'acciaio in Italia: il caso Ilva
La crisi dell’acciaio in Italia: il caso Ilva

Le elezioni si avvicinano ed il governo deve fronteggiare il malumore dei lavoratori delle sempre più numerose aziende in crisi che minacciano migliaia di licenziamenti. Basta forse questo a spiegare la dura, e sacrosanta, presa di posizione del ministro dello Sviluppo economico, Calenda, nei confronti dell’Ilva. I nuovi padroni del gruppo siderurgico italiano – i francoindiani di ArcelorMittal attraverso Am Investco, ma anche il gruppo Marcegaglia con una consistente quota di minoranza – hanno annunciato 4 mila licenziamenti e la cancellazione dei diritti acquisiti per tutti gli altri lavoratori che saranno confermati.

L’accordo con ArcelorMittal e gli esuberi previsti

Peccato che Calenda ed il governo facciano finta di cadere dalle nuvole. In realtà i nuovi proprietari avevano sin dall’inizio presentato un piano di lacrime e sangue, ma l’Ilva è stata comunque affidata a loro e non alla cordata concorrente. Merito della presenza, a fianco di Am, di Emma Marcegaglia che è stata presidente di Confindustria? Ora, però, nessuno vuol coinvolgere Marcegaglia nella vicenda dei licenziamenti e della cancellazione dei diritti. Anzi, qualche giornalista di servizio ha scritto che la povera Emma non era neppure stata avvertita. Falsi come Giuda, visto che i tagli erano ampiamente annunciati. E infatti, sui licenziamenti, Calenda ha insistito poco. Per lui era prioritaria la questione della cancellazione dei diritti, con la riassunzione dei lavoratori con le modalità del Jobs Act. Ossia con una delle riforme caratterizzanti della politica di Renzi prima e di Gentiloni adesso. Ipocrisia allo stato puro.

Ora Am, che si è stupita per la rottura delle trattative decisa da Calenda, assicura di voler trovare una soluzione perché l’Ilva è una realtà con grandi potenzialità e lo stabilimento di Taranto è collocato in un’area strategica. Ma si avanza anche l’ipotesi di un intervento di Cdp che rileverebbe una quota di Am apportando soldi nostri che servirebbero a migliorare le condizioni economiche dei lavoratori dell’Ilva. Già, perché con il meraviglioso Jobs Act i lavoratori dell’Ilva arriverebbero a perdere il 20-30% del salario. Ma è una grande riforma, assicurava Renzi con il plauso di Confindustria.

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Augusto Grandi

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