Libri. “La bellezza antimoderna”: il saggio di Rosati e il mercatismo che trascura l’arte

Pessimism and Optimism, 1923 - Giacomo Balla
Pessimism and Optimism, 1923 – Giacomo Balla

Dopo avere già affrontato il tema dei Beni culturali nel precedente “Museologia e Tradizione”, Riccardo Rosati riprende il discorso in questo suo secondo libro in maniera più battagliera e circostanziata. Polemica la sua, non fine a se stessa ma tesa al riconoscimento di alcuni dati di fatto attualmente misconosciuti o volutamente nascosti. In primo luogo l’eccellenza del patrimonio museale italiano, non solo a livello qualitativo ma anche quantitativo, con una varietà enorme di beni conservati, delle più svariate provenienze e nature, riguardanti tematiche diversissime tra loro. Dalle armi ai giocattoli, dalla ceramica alla mineralogia, dalle arti applicate fino all’orientalistica (e qui viene smentito il luogo comune che in Italia esistano solo dipinti o sculture) tutto un patrimonio culturale semidimenticato vive in uno stato di oblio che non gli rende giustizia, contando per sopravvivere più sulla passione dei singoli che sulla tutela delle istituzioni.

Istituzioni peraltro completamente politicizzate o sprofondate negli abissi dell’indifferenza, del burocratismo o dell’ideologia, che ben poca volontà hanno di compiere il loro dovere di difesa e valorizzazione di tale patrimonio.

E qui si entra nel tema di più triste attualità, che richiama inevitabilmente la crisi politica umana e culturale che attanaglia il paese. La trascuratezza del patrimonio museale non è infatti altro che un riflesso di questa crisi, mostrandone chiaramente i risvolti più strettamente ideologici e culturali.

Se l’istituzione serve al regime, come giustificazione alle “sue verità” o come riserva di poltrone per cariche più o meno remunerate, allora può continuare a sopravvivere, altrimenti è condannata a una lenta eutanasia.

Taluni musei o istituzioni culturali sono semplicemente considerati inutili, improduttivi, un costo da eliminare (come il Museo Geologico Nazionale). Talaltri vengono boicottati di proposito, come i musei etnologici (tutto quello che potrebbe dimostrare anche lontanamente la diversità tra le razze umane è meglio che non riceva troppa attenzione) o come il Museo della Civiltà Romana dell’EUR (per motivi facili da immaginare).

Danni maggiori vi sono inoltre quando all’ideologia si lega l’affarismo. Se la valorizzazione del patrimonio culturale viene fraintesa, e sicuramente oggi lo è, si possono creare fenomeni più aberranti, come la svendita di edifici storici, o la concessione in affitto per iniziative che di culturale non hanno nulla, secondo una retorica del turismo e di una modernità fatta di eventi e inaugurazioni mediatiche. Come si potrà intuire, il termine “valorizzare” inteso con il significato di “fare cassa” ha un senso molto diverso da quello più appropriato di utilizzare al meglio le potenzialità del luogo o dell’opera d’arte al fine di metterne in risalto il valore storico o artistico. Il binomio tutela-valorizzazione viene inteso in senso più propriamente affaristico, materiale, economico, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di istituti che da questo punto di vista non possono garantire sufficienti entrate. Attualmente sembra infatti che anche le pietre debbano essere messe al lavoro, in pieno clima da “mobilitazione totale”.

Si pone quindi un grande interrogativo: il Bello ha diritto ad esistere solo quando genera profitti?

Nell’attuale società mercantile sembrerebbe proprio di sì, del resto come va di moda sostenere di questi tempi, il Bello nemmeno esiste, essendo solo relativo, convenzionale. Ma noi sappiamo che il Bello esiste anche se, come il tempo per Sant’Agostino, non possiamo spiegarlo. La sua natura non è legata strettamente alla razionalità ma richiama facoltà profondamente diverse, basate su una comprensione diretta e immediata del trascendente, e che permettono, escludendo il ragionamento logico, di intendere un’altra dimensione e altri significati, diversi da quelli puramente materiali.

Ecco perché la bellezza è antimoderna, essendo nella sua intima natura una messaggera, un’ambasciatrice di altri mondi, che ci ricorda come sia possibile una realtà alternativa non strettamente dipendente dai gravami del mondo della materia e dagli innumerevoli vincoli e pastoie che esso impone.

Il saggio di Rosati

*La bellezza antimoderna di Riccardo Rosati (Solfanelli)

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Renzo Giorgetti

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