Musica. Federico Fiumani: “The Self Years per salvarsi da un naufragio”

Quando si pensa alla new wave si pensa al lato oscuro degli anni ottanta. I nomi della scena fiorentina di allora avrebbero fornito le basi per costruire tutto il rock underground degli anni successivi. Si parla di Maroccolo, Pelù, Renzulli, i Litfiba, i Pankow e, naturalmente,  i Diaframma. Nati dall’estro di Federico Fiumani, hanno raccontato le inquietudini esistenziali di più generazioni,  hanno intercettato le emozioni di un folto e fedele pubblico che ha fondato un fan club, resistente più che mai ai cambiamenti di rotta. Federico Fiumani ha salvato lo spirito dei Diaframma dalle macerie della musica italiana, ne ha conservato il nome ed offre linfa nuova al progetto, volta per volta, album dopo album. Fiumani è una figura originale all’interno del panorama musicale italiano, una figura cFiumanihe unisce la poesia con il punk dei Television, l’inquietudine esistenziale con la delicatezza del cantautorato e l’abrasione vorticosa delle chitarre elettriche. In uscita con un nuovo album intitolato The Self Years, i Diaframma partono con un nuovo tour. Musicista, poeta, scrittore e chitarrista, Fiumani si racconta con molta franchezza e sincerità.

Che rapporto hai con le interviste e con i giornalisti?

“Aspetto ancora di fare l’intervista “memorabile””.

Che cosa è il punk per te?

“Un movimento musicale e di costume nato a Londra nel 1975”.

Ti etichettano spesso come cantautore indipendente. Ti ci ritrovi in questa definizione? Come ti definiresti?

“Un po’ è vero, però ho un gruppo con cui mi trovo molto bene”.

Di che cosa ti piace parlare nelle canzoni? A cosa ti ispiri?

“Mi piacerebbe parlare di droga, ma siccome non la uso e non l’ho mai usata, mi accontento di parlare di altro… Mi ispiro ai cantanti che mi piacciono: Dalla, De Andrè, De Gregori. Musicalmente ai gruppi italiani anni 60, come L’equipe 84”.

Quanto ci metti a scrivere una canzone? Come avviene il tuo processo creativo?

“Di solito due o tre giorni. All’ inizio ho una idea in testa, se continua a tornarmi vuole dire che è buona e mi metto al lavoro”.

Come sono stati i tuoi esordi? Che rapporto hai con il tuo passato? Provi nostalgia?

“Volevo suonare per dare un senso alla mia vita, ascoltavo un infinità di musica e pensavo che sarebbe stato bello se un giorno mi fossi messo a farne anch’io. Devo dire che il presente mi interessa di più, e non provo grande nostalgia”.

Ti piace la realtà in cui vivi?

“Mi considero un privilegiato, visto che faccio parte del 19% della popolazione che mangia tutti i giorni. No, non mi piace, comanda chi ha soldi e questo non va assolutamente bene”.

Passiamo all’oggi: su cosa verte il nuovo album, The Self Years?

“Sono i miei ultimi 20 anni di carriera: 15 pezzi che salverei da un ipotetico naufragio. Più un pezzo nuovo che si chiama ” Giorni “.            

Oltre ad occuparti di musica, scrivi ancora poesie?

“Scrivo, certo, non si può smettere di farlo, E’ come respirare”.

Quali sono i tuoi autori di riferimento? E I tuoi musicisti?   

“In Letteratura Goffredo Parise e moltissimi altri. In musica il mio maestro è Tom Verlaine un chitarrista non particolarmente virtuoso, ma assolutamente originale: lo riconosci subito e, nel mio caso, te ne innamori”.

Parli spesso delle donne e dei rapporti che hai con molte di queste. È possibile secondo te l’amicizia tra uomo e donna? Ha ancora senso definirsi monogami nella società odierna? Che cosa è il tradimento per te?

“Credo che sia possibile, certo. Dipende dalla natura delle singole persone, il tradimento è voglia di esplorare vie nuove, quindi direi che è un moto di vitalità, di curiosità per la vita”.

Il tour si intitola Puttan Tour. Come mai un titolo così punk?

“Perché ci sono periodo in cui un artista ha voglia di prostituirsi un po’, di suonare solo per soldi”.

@barbadilloit

Stefano Sacchetti

Stefano Sacchetti su Barbadillo.it

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