Estat&racconti. Il treno arriva a Viterbo: ai piedi di sante, papi e condottieri

 

Il treno regionale sosta nelle stazioni di Vico Matrino, di Vetralla e di Tre Croci, prima di arrivare a San Martino al Cimino, una rinnomata frazione di Viterbo, dove i Doria Phamphili di Roma amavano ritirarsi in estate. Qui trascorse i suoi ultimi anni di vita la ricca e influente nobildonna Donna Olimpia, la Papessa, allontanandosi da quella Roma nobiliare che l’aveva ripudiata.

 

Finalmente Viterbo!

 

Dopo circa un’ora di viaggio il treno regionale entrà a Viterbo, sostando prima nella stazione di Viterbo Porta Romana e poi in quella di Viterbo Porta Fiorentina. Le due fermate ricalcano gli ingressi delle antiche vie che conducevano a Roma e nel capoluogo toscano: la città infatti era un importante crocevia, dove convergevano la Via Cassia dall’Urbe e la Via Francigena o Latina dall’Italia del Nord.

 

Etruschi e romani

 

In un passato remoto e oscuro gli etruschi colonizzarono l’attuale provincia di Viterbo. La stessa città era un loro florido e antico insediamento, di cui tuttavia si ignora il suo nome ancestrale. Fanum, Arbanum o Surina? Le ipotesi si accavallano e nessuno ha fornito una risposta certa. I romani occuparono e distrussero la città etrusca, costruendo sulle sue rovine un insediamento militare, il Castrum Herculis, in onore dell’eroe mitologico che era venerato da secoli in quell’area.

 

Papi, sante e imperatori

 

I longobardi trasvolsero un’Italia disarmata, che aveva subito le pesanti ripercussioni della caduta dell’Impero Romano. Viterbo conobbe una seconda vita sotto i re longobardi, prima della conquista carolingia. Nell’852 divenne parte integrante delle Terre di San Pietro per volere dell’imperatore Ottone I. A partire dall’XI secolo la città crebbe in ricchezza e in splendore, tanto da divenire sede vescovi e residenza papale. Qui nel Duecento si svolsero ben cinque conclavi, testimoniando l’importanza che i papi le riconoscevano. L’attenzione pontificia era tuttavia malvista da alcune ricche e influenti famiglie viterbesi. Si aprì dalla metà del XIII secolo una lunga contesa tra i Guelfi del casato Gatti e i Ghibellini dei Tignosi. Si arrivò anche ad un diretto intervento dell’imperatore Federico II, che assediò inultimente la città nel 1243. Solo il pronto intervento del cardinale Raniero Capocci salvò Viterbo. Questa pensate sconfitta del partito imperiale determinò la secolare politica filo-papale dei viterbesi. Una protagonista indiscussa della storia cittadina è Santa Rosa. Morì giovanissima, a 18 anni, nel 1251 e la sua biografia è ricca di miracoli. La santa si distinse durante i fatidici giorni dell’assedio di Federico II, incitando i suoi concittadini a difendere la città dall’assalto ghibellino e ribadendo la fedeltà a Cristo e al papa.

 

La Macchina di Santa Rosa

 

Per commemorare la memoria di Santa Rosa i viterbesi dal XIII secolo organizzano una processione del tutto particolare. Nel 1258 papa Alessandro IV volle traslare il corpo della santa dalla chiesa di Santa Maria in Poggio al santuario che le fu dedicato. Ogni anno, il 4 settembre, si ricorda questo evento, portando in processione un’immagine o una statua di Santa Rosa su un baldacchino colossale e a più piani, la nota Giostra o Macchina di Santa Rosa. Viene portata in spalla da decine di facchini e percorre le vie principali cittadine. E’ la prova più evidente dell’amore per la tradizione e per le proprie radici culturali e spirituali di una comunità millenaria.

 

Napoleone, Garibaldi e la conquista di Roma

 

Le sorti di Viterbo furono indissolubilmente legate a quelle dello Stato Pontificio. La pesante crisi economica e politica che colpì Roma papale a partire dal XVI secolo si ripercosse sulla città. Fino alla fine del Settecento Viterbo perse tutto il suo prestigio e si ridusse a una cittadina di provincia. Nel 1798 venne occupata dalle truppe francesi durante la stagione della Repubblica Romana e i viterbesi si distinsero nella resistenza alle truppe napoleoniche. Rimase fedele al papa fino alla fine, quando il 12 settembre del 1870 le truppe piemontesi la occuparono: da qui ripartirono per conquistare Roma.

 

In un’ora, a bordo di un treno, abbiamo viaggiato da Roma a Viterbo, attraversando il suggestivo territorio della Tuscia romana. Si è rivelato un percorso affascinante nella storia e nella natura, scoprendo antiche istituzioni giuridiche, ancora attuali, beni naturali di alto valore e borghi affascinanti. Il treno ci consente di conoscere questo e altro comodamente e osservando le cose da una prospettiva diversa e originale.

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Alfredo Incollingo

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