Calcio. Piccola Italia vince ma non è cambiato niente. Zappacosta e Immobile decisivi

Italia

E’ andata, se possibile, peggio del previsto. Italia batte Israele uno a zero con una vittoria che non scaccia i fantasmi del prepartita. Anzi. Gli Azzurri ipotecano il secondo posto che vale i playoff ma sguazzano nell’inedia, privi di idee ancor prima che smarriti, alle prese con i postumi delle sberle delle Furie Rosse.

Perseverare autem diabolicum…

A tratti persino baldanzoso, Ventura è “abbastanza soddisfatto” della prestazione: nessuna apocalisse, avete visto? Il problema è che, però, non ha risolto nulla. Dopo il suicidio tattico al Bernabeu (universalmente riconosciuto), perseverare nel tafazzismo sarebbe stato inconcepibile. E invece il ct ripropone lo stesso quattro-due-quattro, le stesse crepe, gli stessi De Rossi e Verratti lasciati in balia del break avversario, slegati dagli altri reparti e costretti a sgambettare e a giocare sempre in orizzontale, lo stesso Insigne, novello dieci sacrificato al ripiego da tornante sulla corsia sinistra, gli stessi Immobile e Belotti, statici fino alla ripresa. Conti e Astori le uniche novità negli undici, che riprendono il discorso da dove era stato interrotto: dall’umiliazione accademica di Isco e i suoi. Levy e Israele, dopo una prima occasione di Belotti, prendono le misure all’Italia, quasi galvanizzati dalla fiacchezza azzurra, e, barricati, obbligano gli avversari a un giro palla sterile: Conti non spinge, Darmian è spesso più avanzato di Insigne nel trionfo dell’anarchia, Verratti e De Rossi sono ingabbiati e verticalizzare diventa problematico (moltissime palle perse con i suggerimenti in profondità), Candreva s’imbambola, vano funambolo, e i due centravanti ruotano a vuoto (non sembra andare molto meglio rispetto ai rispettivi otto e dieci palloni toccati in totale a Madrid). L’insostenibilità di questo schieramento – al 45′ Insigne si lascia ipnotizzare a tu per tu con il portiere -, compassato e a tratti in difficoltà di fronte alle scolastiche ripartenze di Israele (non c’è mai collante tra centrocampo e attacco) è lampante.

Il dodicesimo uomo: l’ardito Zappacosta salva la gara

Nella ripresa Conti esce per una distorsione ed entra Zappacosta, l’acquisto last minute (e pure low cost) del capriccioso – e giustamente – Chelsea di Conte, che si è visto sfumare tutti gli obiettivi di mercato. Sir Antonio non sbaglia un colpo: l’ingresso del ‘suo’ terzino sconvolge il ritmo della gara. Zappacosta ha il baffo da scorribande e lo dimostra, occupa le praterie che Israele lascia sulla destra, aiuta Candreva (che finalmente ha un appoggio), converge verso il centro e scodella. Gli uomini di Levy iniziano ad abbassare il pressing e l’intensità e l’Italia – più per demeriti avversari, quindi, e per l’ardito Zappacosta – fa capolino, timida timida, con una parvenza di equilibrio. Si aprono varchi, Barzagli fa da regista avanzato, i due metodisti riescono a giocare più in verticale, Insigne avanza e si trova più a suo agio, dal lato destro piovono traversoni: in una discesa, Candreva vernicia un cross teso su cui piomba Immobile a colpo sicuro di testa. E menomale che l’oplontino c’è. L’Italia riprende la sua melina flebile, amministra e addormenta il gioco – un piccolo brivido dovuto, agli sgoccioli, al solito cucchiaio di Ben Haim, bestia nera per gli Azzurri -, crea qualche occasione (tra tutte, un paio di traversoni per Belotti). Unica nota degna di menzione: alla sostituzione di Verratti piovono, neanche troppo sparuti, fischi. Sono per Montolivo? No, sono per il pescarese. Ci sono tanti aspetti da cui ripartire, davvero tanti. “Noi abbiamo buoni, ottimi giocatori, ma non siamo al livello delle grandi squadre” dixit Paolo Rossi, che di Mondiali, e di critiche alla Nazionale – “ma non abbiamo mai giocato così” – ne sa qualcosa…

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