Cinema. “Fleming-James Bond” e “Dunkirk”: la Seconda Guerra Mondiale (vista dagli inglesi)

Dominic Cooper (Captain America, Agent Carter, Double Devil) in Fleming, miniserie in 4 puntate in cui interpreta il "papà" di 007 Ian Fleming.
Dominic Cooper (Captain America, Agent Carter, Double Devil) in Fleming, miniserie in 4 puntate in cui interpreta il “papà” di 007 Ian Fleming.

“Fleming – The man who would be James Bond” e “Dunkirk” sono una serie televisiva e un film che si distanziano di tre anni l’uno dall’altro. Il primo, infatti, è un mini serial in quattro episodi lanciato in Inghilterra nel 2014, nello stesso periodo in cui, inseguito agli avvenimenti di El Alamein (ottobre 1942) rendeva forma un vecchio progetto di Cristopher Nolan, una pellicola sull’Operazione Dynamo meglio nota come evacuazione di Dunkerque (o Dunkirk).

Trame diverse, ma ambientate nello stesso periodo, cioé quella Guerra Mondiale che l’Inghilterra sentì, per molto tempo, di avere perso tanto da indurre Winston Churchill a ricordare che “Si può quasi dire: prima di Alamein non avevamo mai vinto, dopo Alamein non perdemmo più“.

Ad ingranare sulla strada della vittoria, celebrata dall’indice e dal medio aperti sulla mano del celebre Primo Ministro Inglese, la Gran Bretagna ha impiegato tempo ed ingenti risorse, in particolare di uomini come i 400mila inchiodati sulla spiaggia di Dunkirk nel maggio-giugno 1940 e come i più silenti, discreti e quasi folli agenti dello Special Operations Executive paracadutati, fino al ’45, nell’Europa occupata per prendere contatti con la resistenza e per azioni di sabotaggio.

I lunghi giorni delle aquile (Battle of Britain) del 1969

Ma “Fleming” e “Dunkirk” sono altro che un “bignami” cinematografico di storia patria, quanto un omaggio ad un popolo che della determinazione a vincere ha fatto la sua bandiera. Quel passato prossimo di lacrime, di sudore e di sangue come lo definì Winston Churchill, rivive in un programma di intrattenimento che spazia dalla fiction al grande cinema, con il colossal che, secondo indiscrezioni, Nolan aveva già in mente negli Anni ’90 quando, su Dunkerque, l’unico film degno di nota era stato quello di Guy Hamilton Battle of Britain (I lunghi giorni delle Aquile), dove la spiaggia francese è riprodotta, per le sequenze iniziali, sulla costa spagnola in località Huelva. E proprio a Huelva, per ironia della sorte, lo spionaggio inglese giocò un brutto scherzo a quello dell’Asse, lasciando alla deriva un cadavere con finte informazioni sulle operazioni in Sicilia. Un episodio citato in “Fleming”: il papà di 007 era stato lui stesso un “geniale diavolo” nell’organizzare operazioni di incursione e di depistaggio.

I lunghi giorni delle aquile. Da sinistra: il quarto è Robert Shaw (Dalla Russia con Amore, Lo Squalo), il quinto Micheal Caine (The Italian Job, Inception, Il Cavaliere Oscuro, Dunkirk).

Pellicole che hanno segnato e che segneranno la Storia del cinema, lasciando nelle generazioni ormai in là con gli anni e in quelle più giovani la consapevolezza che è possibile raccontare il proprio passato ricorrendo alla cinepresa e alla pellicola, senza esagerare troppo, senza esagerare nel troppo poco, senza vergognarsi dell’identità di una nazione e anzi preservarla e tramandarla, fra capelli imbrillantinati, eleganti norvegesi a collo alto, giacconi alla marinara e montoni da aviatore, nonché con l’inconfondibile humor britannico capisaldi di uno stile iconico sotto le bombe, come nel modo di vestire degli anni seguenti alla Seconda Guerra Mondiale.

@barbadilloit

Marco Petrelli

Marco Petrelli su Barbadillo.it

Exit mobile version