L’intervista. Massimo Fini: “Terrorismo? Occidente senza coraggio, gronda lacrime e sangue”

Massimo Fini
Massimo Fini

“L’uomo occidentale non ha più dignità né coraggio. I terroristi hanno dei valori, anche se sono sbagliati. Noi no, non abbiamo più vitalità. E le terze generazioni di immigrati hanno capito che il sogno occidentale gronda lacrime e sangue”. La fascinazione estetica, diabolica e dissonante, per chi è disposto a morire trascinando nel sangue innocenti in mezza Europa è una provocazione. Una delle tante che un “ribelle” come Massimo Fini adopera per crocifiggere una modernità che, sposandosi con il sistema di sviluppo capitalistico incentrato sull’accumulazione illimitata, conduce al tramonto dell’impero occidentale del sol calante. Uno specchio deformante, in cui la barbara vitalità di chi semina il terrore è l’immagine riflessa di un’Europa che si ritrova inebetita e inerme ad assistere alla violenza fondamentalista senza riuscire a reagire, incapace di contrapporre un proprio sistema di valori che non sia «quel benessere che ci ha tolto valori eterni come dignità, onestà, coraggio». Davanti a un bicchiere di bianco e un pacchetto di sigarette («ormai non le fumo, le mangio») il pessimismo di Fini lascia poco spazio alla speranza. Il tono è apocalittico, l’analisi spietata: «E’ inutile dire che non abbiamo paura, l’episodio di piazza San Carlo a Torino è stato definitivo: e gli attentati in Europa continueranno».

Ancora attentati in Europa, questa volta in Spagna. Lei ha dichiarato più volte, provocatoriamente, che è colpa degli errori dell’Occidente. Come si spiega quest’ennesimo attacco?

«A me certo non fa piacere che muoiano dei ragazzi, come ad esempio al Bataclan. Ma noi, di Bataclan, ne abbiamo fatti cento in Medio Oriente. Al fenomeno Isis do tre letture: ridisegnare i confini che avevano imposto gli inglesi e i francesi negli anni Venti, e basta pensare all’Iraq, dove sono stati messi insieme curdi, sciiti e sunniti. Poi c’è il movente religioso, che però viene utilizzato senza essere fondamentale. E infine leggo l’Isis come la rivolta dei popoli poveri, o di parte di essi, contro i paesi ricchi che, a loro volta, hanno al loro interno delle sperequazioni notevolissime. A Barcellona c’è stato un altro attentato perché, perdendo sul campo, porteranno la guerra in Europa. Mi stupisce un po’ il bersaglio Barcellona perché la Spagna si è tenuta molto al di fuori delle violenze occidentali».

E l’Italia? Perché secondo lei, per fortuna, non è stata ancora colpita dal terrorismo?

«I luoghi più sicuri sono quelli dove c’è la malavita. L’Italia è un incrocio di traffico di armi, di uomini, di droga e credo che a loro non convenga svegliare il can che dorme. Non so però quanto durerà. Contro questi attentati è inutile gridare che non si ha paura. L’episodio di Torino, di piazza San Carlo, è stato definitivo: è bastata la sensazione che fosse scoppiato un petardo per avere morti e feriti e scatenare un’isteria collettiva. Noi non abbiamo più vitalità rispetto a questi mondi “altri”».

L’attentato terroristico di Barcellona

Le folli reazioni a colpi di gessetti colorati e gattini sui social sono espressione di un uomo occidentale completamente devirilizzato?

«Certamente. Basta vedere come le notizie drammatiche vengano seguite da pubblicità in cui è evidente che non c’è più vitalità e coraggio nell’uomo occidentale. Questi qui, i terroristi, puoi giudicarli come vuoi ma il coraggio lo hanno. Noi non siamo sempre stati così: la generazione che ha fatto la guerra era molto più attrezzata per reagire. Il benessere ci ha fatto male, perché ci ha tolto alcuni di quei valori che sono pre-ideologici, pre-politici e pre-religiosi, come dignità, onestà, coraggio. Tutti dicono che sono valori fascisti ma invece sono valori atavici, eterni».

Quasi tutti gli attentatori sono immigrati di prima, seconda o terza generazione, sradicati che non hanno più un legame con le loro terre d’origine ma che non sono neanche integrati nei paesi d’accoglienza. Che legame c’è tra immigrazione e terrorismo?

«Cerco di rispondere con un episodio personale. Ero in Marocco, tanti anni fa, e avevo conosciuto una famiglia benestante di Marrakech. Il figlio più grande voleva andare a lavorare alla Renault, a Parigi. Cercai di spiegargli che la sua felicità era lì, nella sua terra. Ma invano. Le terze generazioni di immigrati sono quelle che hanno capito che il sogno occidentale gronda lacrime e sangue».

L’avversione a ogni concetto di limite, radici e confine scatena, per reazione, una ricerca di senso che viene trovato in una sorta di falsificazione dell’Islam?

«Molti preferiscono morire per una causa, non importa neanche qual è. C’è un concetto identitario e un bisogno di avere valori rispetto a un mondo che li ha perduti. Loro li hanno, giusti o sbagliati che siano. Noi non ne abbiamo più. Quando un francese di origini francesi capirà questo, allora ci sarà una svolta. Gli schiavi non ci sono solo lì ma anche da noi, anche se più mascherati».

Cosa possono fare gli europei per reagire?

«Molto poco, basti pensare al fenomeno delle migrazioni. L’Africa nera era alimentarmente autosufficiente al 98% fino al 1970. Introducendo il nostro modello, che a volte sa essere attrattivo oltre a essere violento, abbiamo distrutto quel mondo. Nell’Africa subsahariana ci sono 720 milioni di persone, escluso il Sudafrica, destinate a crescere. Basta che una parte consistente di questa massa si sposti verso l’Europa e non ci saranno cannoni o bombe atomiche che potranno fermarli».

Neanche scelte diverse in politica internazionale possono servire?

«Gli errori e gli orrori li abbiamo fatti prima. L’esempio che tutti capiscono è quello della Libia. C’era un dittatore, Gheddafi, con cui trafficavamo, e all’improvviso si decide di eliminarlo, creando la situazione che c’è ora. La Libia è totalmente ingovernabile perché in mano a decine di milizie tra cui l’Isis prospera, con un governo di Al Serraj sostenuto dall’Onu che fa ridere, e un delinquente come il generale Haftar che è la longa manus dell’Egitto, a sua volta longa manus degli americani».

Intanto in Siria l’Occidente ha destabilizzato il governo legittimo di Assad, che invece combatte contro chi ispira gli attentati in Europa. Anche in questo caso è stato un errore madornale?

«In Siria c’era una rivolta contro Assad ma bisognerebbe lasciare che i popoli decidano da sé la propria storia. Il generale russo che aveva guidato le truppe nell’invasione afgana, intervistato da una tv italiana, rispose a una domanda su come si sarebbe potuta risolvere la situazione in quel paese affermando: “Bisogna lasciare che gli afgani si salvino da soli”. Queste nostre continue intrusioni fanno solo danni: non abbiamo percezione di quanto abbiamo combinato. Errori e orrori li abbiamo fatti prima e ora ne paghiamo le conseguenze. Questi attentati in Europa continueranno».

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Mario De Fazio

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