Esteri. L’intervento italiano a Raqqa può passare per “Bulgarian Horse”?

Miliziano curdo a Nord di Raqqa
Miliziano curdo a Nord di Raqqa

Quattro Eurofighter dell’Aeronautica Militare, pilotati da equipaggi del 4°, del 36° e del 37° Stormo, decollati dall’aeroporto militare di Grosseto, sono atterrati sulla base bulgara di Graf Ignatievo, per dare il via all’operazione di Enanched Air Policing (AP)* in Bulgaria denominata “Bulgarian Horse” si legge in una nota stampa del Ministero della Difesa, che annuncia una nuova partecipazione italiana all’ormai complesso e articolato mosaico delle missioni di pace internazionali alle quali il nostro Paese prende parte.

L’impegno Oltre che a garantire sicurezza ai confini orientali dell’Alleanza, BH permette di mostrare ai nuovi alleati (siamo fra i fondatori della NATO, la Bulgaria è entrata invece nel 2004) l’interesse e il ruolo di Roma nello scacchiere geopolitico europeo, in particolare dopo la crisi fra Mosca e l’Ucraina. Bulgarian Horse, dunque, ha una funzione strategica e non solo dal punto di vista militare, poiché permette all’Italia di mantenere un ruolo di primo piano nella politica internazionale.

Proposta Pinotti A lasciare perplessi, però, è l’ipotesi recentemente esternata dal Ministro della Difesa Roberta Pinotti circa un eventuale intervento italiano a Raqqa:

“In Siria il mandato Onu di sconfiggere il terrorismo esiste, ma la situazione politica è confusa, non tutti considerano il governo legittimo, e l’autorità locale non è riconosciuta. Questi paletti noi li manterremo. Per allargare la nostra azione bisognerà vedere se si chiarisce la questione politica in Siria, quali truppe addestrare, e su che base. Nell’ambito di una possibile chiarificazione delle condizioni, le forze in campo, e il percorso politico, potremmo valutare un contributo” dichiara il Ministro il 12 luglio scorso, durante un’intervista rilasciata a La Stampa. Ma, per mettere piede in Siria, è prima necessario normalizzare le relazioni con chi, in Siria, ha interessi non di secondo piano…


Mosca
 La Russia, anche in futuro, continuerà a giocare un ruolo primario nella repubblica araba. In fondo, non va dimenticato che le basi di Tartus e di Latakia restano sotto il controllo di Mosca, poiché rappresentano per il Cremlino importanti e irrinunciabili scali  nel Mediterraneo. E allora sorge spontanea la domanda: come si può anche solo pensare ad una missione dell’Italia in Siria per la ricostruzione e la sicurezza, se prima non si delineano i rapporti con i russi? Sì, perché dopo la decisione del Consiglio europeo di estendere le sanzioni economiche alla Russia di altri sei mesi (31 gennaio 2018), la nuova attività di AP nel Mar Nero non aiuta certo a migliorare il dialogo con Putin. Infatti, “Bulgarian Horse” è un distaccamento della Baltic Air Policing, già operativa dal 2004; le due missioni tutelano il confine più settentrionale e più meridionale della NATO in Est Europa, vale a dire a due passi dall’uscio di casa dell’orso russo…

Sanzioni e impegno di di truppe sempre più a est, pertanto, non sembrano essere le carte più adatte per intavolare un dialogo su un eventuale, futuro intervento italiano in Siria. A meno che, certo, le parole del Ministro della Difesa siano state espresse più in omaggio del politically correct che non della realpolitik.

*Capacità di cui si è dotata la NATO a partire dagli Anni ’50 per l’integrazione, in un unico sistema di difesa aerea e missilistico, dei rispettivi e analoghi sistemi nazionali messi a disposizione dai paesi membri

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