Addio Bossi, Viva Bossi (l’antipartitocrazia). Ora via libera alla finanza mondialista

Le dimissioni di Umberto Bossi mettono fine a venticinque anni di storia della Lega Nord, già Lega Lombarda. Comunque vada a finire, se anche non dovesse disgregarsi nei prossimi mesi o anni, il Carroccio in futuro sarà comunque una cosa diversa. Il tonfo del senatùr, caduto su debolezze familiari così come Berlusconi era scivolato su debolezze personali,  ha fatto un bel botto nel mondo della politica. Fra la disperazione dei militanti, i frizzi e lazzi di molti oppositori politici e/o geografici, le caute ma interessate dichiarazioni di rispetto di tanti rivali in Parlamento.

A noi irlandesi, che siamo sempre un po’ romantici e amiamo le figure epiche, viene da pensare che Umberto Bossi era politicamente finito da tempo, da quell’11 marzo 2004 quando venne colto da un ictus. E che sarebbe stato meglio se il coccolone se lo fosse portato via d’un colpo solo. Uno schianto, non una lagna. Avrebbe giovato alla sua figura, che sarebbe diventata mitica e nel ricordo della gente avrebbe continuato ad avere il volto beffardo e popolano del Bossi gagliardo e “celodurista”, anziché la maschera deformata di un uomo stanco e malato. Ma avrebbe giovato anche alla Lega, che forse sarebbe riuscita ad avviare un serio iter di rinnovamento della propria leadership.

Non è andata così e adesso l’uomo che, bene o male, ha tenuto per le palle la politica italiana per un quarto di secolo, si avvia verso un triste tramonto. Tradito – forse è ingenuo pensarlo, ma lo dico lo stesso – da chi aveva più vicino. Perché è probabile che Bossi, per evidenti motivi di salute, non si fosse davvero reso conto di essere ostaggio di una specie di banda di badanti truffaldini. L’uomo ha mille difetti, ma escludereila disonestà. Chiama stare in canottiera a Ponte di Legno non ha le stimmate dei ladroni in doppiopetto e Porsche che siamo stati abituati a vedere nell’emiciclo del Parlamento. E poi avrebbe avuto mille occasioni per rubacchiare prima, nei momenti di massimo splendore. Ma questo, come si suol dire, lo chiarirà la magistratura.

Già,la magistratura. Ilfatto che uno dei pm che indagano sulla Lega sia il famoso Woodcock potrebbe far scommettere gli allibratori sulla futura assoluzione di Bossi, del Trota, di Belsito e di chiunque altro incroci l’elegante pm napoletano. Ma a quanto pare c’è dell’altro, e allora l’affare si ingrossa, come spiegano a Oxford. Diciamola tutta: chi ha avuto occasione, in passato, di raccogliere le confidenze di qualche esponente leghista, sa che del cosiddetto “cerchio magico” che ha fatto da badante a Bossi negli ultimi anni, dopo l’ictus, si è sempre detto molto male. Maneggioni, arraffoni, accentratori… Se fosse vero ciò che traspare dagli atti, però, sarebbero molto peggio di quanto temevano gli stessi militanti leghisti.

Lasciando il comando del partito, Bossi ha assicurato che chi ha sbagliato pagherà, qualunque sia il nome che porta. Una frase che gli fa onore, ammesso che vada davvero così. Ci sarà tempo per riflettere sul futuro del Carroccio e su eventuali nuove alleanze strategiche ed elettorali. Così come ci sarà tempo per capire se saranno provate le accuse, infamanti, che ora piovono sul senatùr e sul suo entourage. Una cosa è certa: quest’inchiesta giudiziaria arriva al momento giusto e fa contenta molta gente.

Qualcuno dice che ieri è finita la seconda repubblica. E forse è vero. Nel giro di sei mesi abbiamo visto tramontare l’impero berlusconiano, deflagrare il Pdl, arenarsila Lega Nord(unica opposizione parlamentare, oltre a Di Pietro), la politica arretrare vistosamente davanti all’offensiva dei tecnici, sorretti da banchieri e massoni. Parte del mondo che conoscevamo (le pensioni, i diritti dei lavoratori, l’aspirazione al posto fisso…) è crollata sotto i colpi di maglio del duo Monti-Fornero e i suicidi per ragioni economiche sono aumentati del 24%. E’ un’Italia che cambia e anche se i nostri mass-media ne lodano le “sorti magnifiche e progressive”, fra la gente comune ben pochi si illudono che sarà un cambiamento in meglio.

E’ difficile pensare a un “complotto” nello scandalo Bossi: persino nel Carroccio pochi hanno tirato fuori la solita giustificazione dietrologica. Però è sotto gli occhi di tutti come certe inchieste giudiziarie esplodano al momento giusto: a un mese dalle elezioni amministrative, ad esempio, mentre la Lega era impegnata – da sola con l’Idv – a combattere in parlamento le “riforme” di Monti. Non parliamo di complotto, non parliamo di giustizia a orologeria. Diciamo allora che il professore è abbastanza fortunato… Per un po’ di giorni non si parlerà della farsa dell’articolo 18, dei sempre più frequenti suicidi economici, delle bacchettate al governo arrivate dal Wall Street Journal, dello spread che ha ricominciato a salire.

E tutto sommato è fortunato anche il Pdl, che al Nord avrebbe di sicuro perso voti a vantaggio della Lega al voto amministrativo del 6-7 maggio. E che dire del Pd, al quale in vista delle elezioni certo fa comodo che della faccenda di Lusi e dei fondi della Margherita (peraltro ben più elevata nelle somme) non parli più nessuno.

In tanti, a destra come al centro e a sinistra, oggi festeggiano. Soprattutto da Roma in giù, soprattutto nella Capitale. Un atteggiamento comprensibile, visti gli insulti bossiani che negli ultimi decenni hanno dovuto mandar giù. Ma passato il momento di euforia, che insegnamento trarre dall’ennesimo crollo di un leader e di un partito politico? Cosa rimane, in questa Italia in loden verde? Un Pdl a pezzi, lacerato da correnti e appetiti affaristici; un Pd che non ha mai saputo darsi una vera identità e oscilla fra le invidie reciproche di dirigenti incapaci; un Terzo Polo… vabbé, lasciamo perdere…

I politici arretrano, cercando ormai solo di salvaguardare i troppi privilegi che ancora gli restano: disposti a tutto, anche a barattare l’anima (e i voti in Parlamento) a sostegno di un progetto politico-economico di rapina. E la finanza mondialista  spadroneggia, senza più ostacoli…  Non che la Lega di Bossi fosse scevra di errori e potesse rappresentare un’effettiva alternativa politica, ma se non altro in un Parlamento di stuoini era l’unico partito che si azzardava a levare una voce di dissenso, insieme all’Idv. Ora rischia di scomparire e il regime avanza.

George Best

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