Sovranisti, che fare/8. Cercasi coalizione (larga) e alleati disperatamente

Salvini e la Meloni
Salvini e la Meloni

L’Italia non è la Francia. Partiamo da qui. I sovranisti d’Oltralpe hanno qualcosa in meno rispetto a leghisti ed ex An. Questi ultimi hanno vinto e governato, seppur in coalizione. Gli altri, mai. Un fattore non da poco, a dirla tutta. Perché se il processo di dédiabolisation del Front National è ancora di là da venire; dalle nostre parti, invece, prima ancora che l’Msi andasse a stemperare la propria fiamma tra le acque di Fiuggi, esso era già comodo nel primo governo Berlusconi. Un dato di sostanza che qualcuno per tafazzismo di maniera ha volutamente rimosso.

Insomma, al netto di ogni sogno “rivoluzionario”, e prima di ogni riflessione, c’è da ricordarsi che i partiti esistono perché ci sono elezioni, che le elezioni si fanno per vincerle e andare al governo, e che il mezzo governativo è strumentale al raggiungimento di un fine pragmatico che oscilla tra il benessere e la dignità di una comunità.

Alleati cercasi

La destra del centrodestra non può non tenere conto di questi fattori. Non può dimenticare una fase storica che in alcuni casi ha prodotto delle espressioni politico-amministrative non solo legittimate dai numeri, ma che si sono distinte per buone prassi. Ancora oggi l’alleanza di centrodestra, seppur con modulazioni variabili, è a capo di Regioni quali il Veneto, la Lombardia e la Liguria. Da qui bisogna ripartire, da un progetto inclusivo capace di parlare alle forze produttive del Paese e che sappia produrre a sua volta autorevolezza sia nel campo della cultura sia dei media. E che sappia posizionarsi, ovviamente, da alternativa credibile al Partito democratico. In fondo, non ha mai vinto nessuno in solitario, neanche nelle fasi più controverse della storia nazionale, fatta eccezione per la prima Dc. E non si vince se non all’interno di un’alleanza.

La soglia psicologica del sovranismo

Certo, con l’avvento della Crisi e la parentesi Monti, qualcosa è mutata nel quadro politico nostrano. La divaricazione tra le prerogative eurocratiche e le necessità del popolo italiano sono aumentate a dismisura. Sui temi dell’Ue la dialettica è via via divenuta più aspra, con una sloganistica sempre più affilata. Le incursioni della Lega a destra e a Sud, come anche l’avanzata a cinque stelle, ci dicono di una nuova conflittualità in corso. Marine Le Pen ha il merito di aver intercettato il profondo mutamento di linguaggio all’orizzonte. Ha chiarito a tutti che destra e sinistra possono andare in archivio definitivamente, anche se tutto ciò non è bastato però ad agguantare la soglia psicologica del 40%. Per questo motivo la necessaria ristrutturazione del vecchio Fn è chiamata a mettere un sigillo anche al Novecento francese e ad alcune censure bigotte e strumentali che se mantenute in vita soffocheranno puntualmente qualsiasi slancio identitario.

Ansia di legittimazione, ma anche no

In attesa che sia scritta finalmente una legge elettorale a prova di Consulta, anche il vecchio centrodestra italiano ha da essere ridisegnato. Angelino Alfano si è già fatto fuori da solo, transitando nel centrosinistra sulla scorta di ragioni che sembrano tutt’altro che culturali. Esiste tuttavia un’area moderata in vita, un ceto medio e un ceto produttivo privi di una rappresentanza politica strutturata. Esiste ancora Forza Italia. Ciò che la destra del centrodestra deve metabolizzare è che in coalizione non bisogna essere per forza di cose dei gregari, ma capitani. Un destracentro, per tirare di sciabola. La vecchia An ha sbiadito se stessa, fino ad annichilirsi, sulla scorta di un’ansia da legittimazione che l’ha fatta agire alla stessa stregua di un elefante in una cristalleria. Anni in cui i già superati reaganismo e thatcherismo erano propagandati come le ricette innovative che avrebbero salvato il Belpaese dal baratro. Peccato che fossero proprio quelli i mali che hanno spalancato le porte alla Crisi e al pantano attuale.

Bagno di realtà

Fino a quando esisterà la democrazia, la corda più lunga continuerà ad averla chi è capace di raccogliere le percentuali più alte. Altro che piagnistei. Macron in Francia non ha vinto perché l’Ue ha assoldato dei cecchini anti Le Pen. Suvvia. Ha vinto perché i francesi, e non solo i poteri forti, l’hanno percepito come più rassicurante. Più di Marine, evidentemente. Per questo l’area sovranista italiana deve intercettare un leader inclusivo, magari qualcuno pronto a commettere il parricidio berlusconiano senza pentirsene successivamente. Uno, insomma, in grado di guidare un’alleanza e parlare più linguaggi politici contemporaneamente. Salvini nel lungo periodo sarebbe in grado di farlo? E Giorgia Meloni? L’interrogativo è aperto. Come anche la domanda se sia opportuno che la cosiddetta area sovranista sia spalmata su due grosse formazioni, Lega ed FdI, e una galassia di sigle da prefisso telefonico. Ecco, prima di parlare di tattica, sarebbe forse opportuno inquadrare i fondamentali.

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Fernando M. Adonia

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