Cinema. “Il mondo di mezzo” e i responsabili del saccheggio della Città Eterna

La locandina de "Il mondo di mezzo"
La locandina de “Il mondo di mezzo”

Sin dall’inizio, si percepisce una certa influenza del cinema statunitense, con le sequenze di apertura che stanno a indicare, a mo’ di “manifesto programmatico”, che questo sarà un film che parlerà di Roma, mostrandone luoghi iconici come: il Campidoglio, il Colosseo e la Basilica di San Pietro. Scaglione, anche se si è in parte formato proprio nel Paese a Stelle e Strisce, non riesce però a mutuare dalla scuola americana la linearità nella diegesi o almeno questo avviene per il primo segmento della sua storia. Già, trattasi di una pellicola assai strana, quasi divisa in più “sezioni”, le quali alla fine risultano collegate abbastanza bene, con quella iniziale che depista lo spettatore. Infatti, durante la prima mezz’ora, verrebbe da considerare questo film come un prodotto semplice, senza personalità. Invece, via via si scoprono diversi momenti di autentico coraggio, nella denuncia su “Mafia Capitale”. Per tale motivo, riteniamo quella di Scaglione una opera stilisticamente imperfetta, malgrado priva di palesi sbavature, ma sicuramente con dei contenuti.

Un Tony Sperandeo, il quale proprio non riesce, purtroppo per lui, a scrollarsi di dosso il ruolo di caratterista che il cinema nostrano gli ha affibbiato fin dagli esordi, recita bene la figura del padre-padrone. Il dialogo continuo che il suo personaggio ha col figlio Tommaso, un giovane dai modi schivi, è talvolta commovente, poiché l’irriducibile tentativo di corruzione morale da parte del genitore lascia intravedere pure il grande amore che lega questo uomo disonesto e amorale al figlio.

Difficile, tuttavia, non stigmatizzare il fatto che la pellicola “sguazzi” nelle magagne politiche che stanno affliggendo la Capitale di recente. Ciononostante, lo fa con un certo garbo, senza acuti, ma non scadendo nell’ovvio, sebbene durante la visione sia quasi impossibile non richiamare alla mente Suburra (2015) di Stefano Sollima; a riprova di una tendenza della Settima Arte italiana dal duplice aspetto, quasi un Giano Bifronte. Da un lato, la mancanza di originalità nei cineasti odierni, nella volontà di percorre sentieri già battuti; dall’altro, un sano, e per noi assolutamente benvenuto, ritorno al genere, rinunciando a una autorialità che nella stragrande maggioranza dei casi serve soltanto a coprire lo scarso talento di registi e sceneggiatori spesso arroganti. Un plauso, quindi, a Scaglione, il quale ci propone un prodotto ben confezionato, senza pretese, ma godibile; magari più adatto alla TV che al cinematografo.

L’anteprima stampa, nella stupenda Sala della Protomoteca in Campidoglio, ha reso evidente il problema politico che rappresenterà la uscita de Il mondo di mezzo. Ovvero, l’aver disertato la proiezione da parte della minoranza dell’attuale Consiglio Comunale. Beh, non ci vuole certo l’acume di Ennio Flaiano, per capire che quello di Scaglione è un film totalmente in chiave anti-PD; a tal punto che in esso vengono omesse le varie marachelle di Alemanno. Sotto accusa è specialmente, nonostante una poco convincente smentita da parte del regista nelle sue dichiarazioni, l’Epoca Veltroniana. A esser sinceri, la cosa ci rende abbastanza felici, giacché il “Sindaco della Cultura”, consapevolmente o meno, si è circondato di tutto un sistema amministrativo che ha portato il bilancio capitolino a quel dissesto del quale tuttora noi cittadini ne paghiamo le conseguenze, in una metropoli ormai invivibile, che si distingue nei disservizi e il cui animo è totalmente corrotto. Questa pellicola, come detto, ha coraggio, arrivando a fare quasi tutti i nomi e cognomi di chi ha saccheggiato la Città Eterna, con la sola, macroscopica eccezione del protagonista, quel Tommaso che si tramuterà in un essere vorace e ambizioso, “signore del mattone”… va da sé, che non certo per caso venga da pensare al nome di Caltagirone. Certo, i Cinquestelle peccano con sistematica puntualità di eleganza, e il far proiettare Il mondo di mezzo addirittura in Campidoglio è stato, a nostro avviso, un espediente volgare di lotta politica.

Il lettore, segnatamente quello che da tempo prova interesse nel leggerci, saprà bene che quando parliamo di “altro” e non della “opera filmica” non è mai buon segno. Effettivamente, Scaglione ci offre un prodotto che va benissimo per delle serate casalinghe, ma decisamente meno quando vi è un, oggi come oggi, costoso biglietto da pagare. Il film lo si potrebbe definire a metà – forse è questo il vero motivo per il titolo – tra un più che discreto poliziottesco e una pellicola d’inchiesta alla Francesco Rosi, benché di relativa efficacia. La sola “cifra” stilistica che è possibile individuare ne Il mondo di mezzo è il tentativo di riproporre talune atmosfere che riecheggiano Black Dahlia (2006) di Brian De Palma, col suo ritmo lisergico e, nel contempo, aristocratico, in un perfetto formalismo. Fermiamoci qui, poiché accostare il valente epigono di Alfred Hitchcock a un seppur onestissimo e professionale mestierante non è davvero cosa.

Il mondo di mezzo (2016/2017, Nazionalità: Italia, Durata: 94′, Genere: drammatico, Regia: Massimo Scaglione, Distribuzione: Red Moon Films, Uscita: 4 maggio 2017)

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Riccardo Rosati

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