Sovranisti, che fare?/2. La via maestra per un governo patriottico

Un bosco di tricolori
Un bosco di tricolori

Caro Barbadillo,

l’epilogo doloroso delle elezioni francesi  fotografa una nazione – per mutuare Giorgia Meloni –  che ha avuto paura del cambiamento. Dobbiamo, però, considerare  anche l’altro e più stentoreo messaggio: il sovranismo è ricetta politica suggestiva e vincente, a patto che sappia tessere alleanze e proporsi come forza di Governo.

Il giorno dopo la consultazione elettorale francese, come prevedibile, le varie anime del centrodestra hanno iniziato ad interrogarsi sul futuro. Meno prevedibile, rectius decisamente incredibile, è la povertà di analisi e la sottostante incapacità progettuale dei due dioscuri che rappresentano le due facce della stessa medaglia, ormai più fuori corso della lira. Da una parte Berlusconi, a cui fa da attenuante l’età anagrafica e politica, si iscrive immediatamente al carro “macroniano” e usa Macron come una clava contro la Lega salviniana, precisando che il sovranismo è ricetta politica fallimentare.

Qualcuno dovrebbe ricordare a Berlusconi che, nella migliore delle ipotesi, se non proprio quello sarkoziano sconfitto dalle primarie, lui rappresenta l’omologo italiano di Fillon, incapace di raggiungere il ballottaggio.

Siamo al parossismo dell’erede che segue il carro funebre del caro estinto e si consola della notizia che il padre del suo rivale è stato colto da influenza! Non da meno la risposta salviniana che, a tratti, sembra più interessato a rimarcare una sua assoluta alterità a fini congressuali che ad approfondire strategie e tattiche per portare il sovranismo di governo alla guida della Nazione

Eppure non sembra difficile comprendere che Italia e Francia sono realtà, pur sovrapponibili nelle intenzioni di voto e nel sentiment popolare, profondamente divise da una dato di assoluta rilevanza: in Francia il sovranismo è, se nolente, isolazionista perché isolato da un “cordone sanitario” che  Marine Le Pen  ha tentato di rompere, in Italia le ragioni del popolarismo dialogano, da sempre, con le ragioni e le intuizioni del populismo, inteso nella accezione più nobile del termine.

E’ così il sedicente erede di Marine Le Pen – Matteo Salvini – tradisce l’intuizione più felice della Le Pen: rompere il fronte antisovranista e diventare movimento credibile di governo.

Con realismo politico e profondità di analisi, Giorgia Meloni ha, per tempo debito, intuito la diversità fra la situazione francese e quella italiana, lanciando il “sovranismo di governo”, trovando una naturale collocazione di sintesi fra due posizioni – quella di Salvini e di Berlusconi – egualmente possedute da una sorta di “cupio dissolvi” e incapaci di scorgere la realtà dei tempi.

Oggi il “sovranismo di governo” è l’unica novità in termini di proposta politica che fuoriesca dal perimetro stretto, troppo stretto, del pollaio ove il centrodestra battibecca con il collo ritorto verso il passato, da quello più remoto a quello più recente.

Il passato remoto di chi crede ancora in un centrodestra balbettante, inciucista, centrista è stato spazzato via dal voto francese.

Il passato recente del sovranismo isolazionista è in fase di archiviazione, in prima istanza proprio da quella Marine Le Pen che lo ha subito più che auspicato.

La lezione è che esiste un ceto medio sempre più inginocchiato dalla tecnocrazia europea e dai governi socialisti disinteressati a difenderlo, una popolazione di disoccupati, sottooccupati, sottopagati che non crede più nel centrosinistra, una fascia di artigiani, commercianti  medio e piccoli imprenditori in aperta rivolta verso i poteri finanziari europei e verso i loro burattini nazionali che guardano al sovranismo, ma, con spietato realismo, chiedono che le parole d’ordine diventino programmi di governo.

Che la società italiana e francese siano interessate e credano al sovranismo di governo più di taluni sedicenti epigoni del sovranismo?

Se così fosse abbiamo due conclusioni: Giorgia Meloni ha raccolto la vocazione di governo del sovranismo diventandone perno e motore nel centrodestra, e, soprattutto, la partita, per il centrodestra, è aperta, ma si coniuga al futuro, non al passato remoto o al passato prossimo.

*esecutivo nazionale Fdi

@barbadilloit

Andrea Delmastro

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