L’intervista. Marcello De Angelis: “Macron, Le Pen e le affinità tra destra sociale e FN”

Marcello De Angelis
Marcello De Angelis

Le riflessioni di Marcello De Angelis, analista geopolitico e scrittore, sul primo turno delle presidenziali francesi, oltre i luoghi comuni, per comprendere come quello transalpino sia un laboratorio utile alla ridefinizione del nuovo quadro europeo.

De Angelis, i francesi hanno scelto il tecnocrate centrista Macron e la “populista” Le Pen. Che dicotomia emerge dalle presidenziali francesi?

“Si usano termini diversi ma il dato è il medesimo: il sistema contro l’anti-sistema; le forze istituzionali contro quelle tenute a forza fuori dalle istituzioni; la conservazione dello status quo contro il rinnovamento. Certo non userei il termine populista per il Front national: è estremamente improprio e antistorico.  Oggi il termine è usato solo in un’accezione detrattoria, nel senso di “chi parla alla pancia della gente”, imponendo la lettura dogmatica secondo la quale gli altri, quelli che tentano di “frenare l’avanzata populista”, sono quelli che parlano alla testa… Il che è molto mistificatorio.  Il Front national è una forza politica che nasce da molto lontano, ha quasi mezzo secolo di storia, una storia coerente che ha conosciuto evoluzioni progressive ma nessuno “strappo”, il che ne ha conservato la credibilità”.

Fillon

Che fine ha fatto la destra post-gollista di Fillon?

“Il gollismo, che si è manifestato politicamente solo dopo la morte di De Gaulle, era già in crisi irreversibile negli anni Novanta, quando il caustico analista francese Eric Zemmour scrisse il pamphlet “il libro nero della Destra”, denunciandone le tare genetiche che l’avrebbero portata all’estinzione: il cercare voti a destra per governare al centro guardando a sinistra; la rinuncia alla difesa dell’identità nazionale che ne era la prima radice; il passaggio da una cultura della difesa della Patria a una della gestione amministrativa. Se si dichiara, mettendo sull’altare i cosiddetti “valori repubblicani”, che è meglio votare un comunista pur di fermare l’avanzata del “male assoluto” – come in passato si è fatto in Italia per decenni con i “valori dell’antifascismo” – si arriva inevitabilmente al punto che non si rappresenta più un’opzione spendibile. Dopo tre volte che ti dicono di votare un socialista al secondo turno, capisci che tanto vale votarlo al primo… Oppure voti uno qualunque che non sia Le Pen. Chiunque sia”.

Come si è consolidato il consenso interclassista per la Le Pen?

“Si tratta di un errore molto superficiale e molto in voga ritenere che i buoni risultati del Fn siano ascrivibili alla sola figura di Marine. E’ un’interpretazione molto italiana, dove ormai si è perso il senso della politica di partito o di movimento e si sono trasformati i leader in personaggi televisivi stagionali. Ma serve soprattutto ai difensori dello status quo per rassicurare se stessi dicendosi che si tratta di un pericolo effimero, legato solo ad una persona – come il berlusconismo – e che quindi tramonterà con il suo interprete.

Come ho già detto, nel valutare i risultati politici del Front national sbagliano tutti, perché quasi tutti – anche i simpatizzanti – hanno scoperto questo movimento solo da quando Marine ha sostituito il padre. Il Front national si è radicato nella sensibilità francese interpretandone tutte le caratteristiche e sensibilità, sia quelle radicate che quelle che sono frutto del momento attuale. E soprattutto dà risposte non ideologiche e di senso comune ai problemi condivisi dalla maggioranza dei francesi, ormai saturi, come ovunque, di sentir parlare solo di vere o presunte minoranze, che si tratti dei più emarginati o dei più ricchi, rimuovendo da qualunque attenzione il “grosso” dei francesi, quelli troppo normali per fare notizia in un senso o nell’altro”.

Marine Le Pen

L’attuale versione del lepenismo è assimilabile alla destra sociale italiana?

“Assolutamente sì. Non solo nei programmi. Anche antropologicamente non è più che minoritariamente assimilabile all’estrema destra dei primi anni Settanta, di cui fu in origine espressione. Ora è l’espressione consapevole e matura dei ceti medi, che ormai sono i veri non garantiti, come anche dei giovani che vogliono chiudere con chi ha governato in modo fallimentare la Francia per mezzo secolo e dei non più giovani che non sono disposti a veder scomparire tutto ciò che consideravano loro, con la prospettiva di diventare minoranza in una Francia (o un’Europa) dove si è deciso di sostituire ciò che c’è sempre stato con tutto ciò che viene da fuori”.

Il modello “Marine presidente” è un format esportabile?

“Non credo che Marine sarà presidente. All’ottimo risultato del primo turno potrà forse aggiungere un formidabile 10/15 per cento al secondo, ma tutti gli altri si alleeranno anche col Demonio in persona pur di impedirne la vittoria e alla fine vince chi prende il 51 per cento. Socialisti e gollisti sanno che se vince Le Pen loro sono fuori dalla storia, perché sarà in grado di fare politiche sociali meglio della sinistra e nazionali meglio della destra.

Esportabile? In politica nulla è veramente esportabile. Solo il provincialismo. Ognuno è artefice del proprio successo o insuccesso. Marine vince perché è alla testa di un movimento che si è consolidato per quarant’anni senza mai deludere i suoi seguaci ed elettori. Non è un risultato che si può costruire in breve tempo su elementi superficiali come simboli, dichiarazioni elettorali o machillage per assomigliare al vincente di turno”.

La contestazione dello status quo, tra politiche liberiste, Ue e immigrazione passa in Francia da un voto rilevante che ha premiato Marine Le Pen e Melanchon. Cosa manca per una alternativa patriottica che abbia chance di arrivare al governo?

“Le forze antinazionali dominano l’economia mondiale, le istituzioni nazionali, europee e globali, i media, l’informazione, il cinema e la musica che fa tendenza, la moda e pressoché ogni altro aspetto della vita quotidiana… E le oligarchie mondiali finanziano e alimentano con ogni mezzo forze antipolitiche o di sterile opposizione “a sinistra” per impedire che tutto il dissenso vada ad ingrossare le file di chi potrebbe proporre un’alternativa reale e durevole.

Il fatto che ogni volta che i popoli danno un segnale di cambiamento con il voto si manifestino, in diretta tv, i soliti drappelli di “sfascisti” anarcoidi – come quelli che hanno tirato qualche sasso alla polizia in piazza della Bastiglia – dovrebbe far riflettere… La loro funzione mi sembra evidente…”.

De Angelis e il romanzo di Idrovolante “C’è un cadavere nel mio champagne”

Dopo il romanzo “C’è un cadavere nel mio champagne” (Idrovolante) ha in programma un nuovo libro?

“Tra breve uscirà un libro di “riflessione politica” che mi è stato gentilmente commissionato dall’editore Luigi Pellegrini di Cosenza. Nel libro tratto anche gli argomenti di questa conversazione, ma ovviamente in modo più ampio. Il libro dovrebbe intitolarsi “Cosa significa essere di Destra oggi?”. Il titolo, com’è ovvio, non è farina del mio sacco. Ma mi è servito per fare una riflessione profonda anche sul mio personale percorso. Non ci sono contenuti eccezionali, ma il fatto di aver messo insieme e collegato tra loro molte cose che singolarmente diamo per scontate, credo possa offrire in duecento pagine un quadro d’insieme piuttosto chiaro.

Si tratta alla fine di una narrazione delle idee che parte dalla rivoluzione francese al fascismo e poi dal dopo-guerra alla dissoluzione della Prima repubblica e infine dal fallimento della Seconda repubblica all’attuale età del Caos apparente. E si chiude con la speranza che persino da questo Caos possa emergere infine la proverbiale “stella danzante”…”.

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Michele De Feudis

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