Il punto (di G.de Turris). Se Trump antiglobal rivaluta il valore dell’identità nazionale

Il discorso della vittoria di Trump
Il discorso della vittoria di Trump

Non si capisce il motivo per cui i locali Black Bloc abbiano distrutto vetrine e incendiato automobili a Washington il 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Donald Trump (arrestati in 217, mentre qui da noi in casi simili se ne arrestano tre o quattro per poi rilasciarli…). Non si capisce il motivo dato che il nuovo presidente americano in fondo si può dire  condivida le loro idee contro la globalizzazione del mondo effettuata dalle odiate multinazionali e difende le economie locali…

Esattamente all’opposto di Obama e dei molti suoi colleghi industriali, Trump è un antiglobal e come tale si sta comportando all’inizio del suo mandato, attuando – o cercando di attuare, visto che certi giudici remano contro – quel  che aveva promesso a chi lo avrebbe  votato(non ci credevo neppure io). Altra anomalia: un politico che mantiene subito i programmi elettorali! Mai visto… E poiché chi lo ha mandato alla Casa Bianca non sono gli intellettuali radical chic, né gli idealisti utopici, né i teorici del buonismo universale, ma la classe media impoverita, gli operai delle fabbriche che hanno chiuso o quelli che sono stati licenziati per prendere al loro posto immigrati irregolari sottopagati, e gli abitanti delle zone rurali depresse, ecco che il tycoon, comportandosi all’opposto della immagine classica del “pescecane” capitalista, sta attuando misure di protezione per  gli americani in chiave antiglobalista: blocco degli immigrati illegali (Messico) e controllo dei confini di uno Stato sovrano, freno (temporaneo) nei confronti di coloro che giungono da Paesi a rischio terrorismo islamico (sette e non tutte le nazioni a religione musulmana), cancellazione del Trattato Trans Pacifico (in attesa di quello Trans Atlantico, da cui ci salverebbe), tassazione sui prodotti che le industrie americane producono  all’estero con la dislocazione delle loro fabbriche in Paesi la cui manodopera costa quasi zero…

Ma quel che è più importante, è  il pensiero che sta dietro queste decisioni (secondo i suoi critici Trump avrebbe invece un non-pensiero): l’elogio della identità nazionale in un mondo che da tempo si sta avviando verso una poltiglia indistinta peggiore del peggiore melting pot, grazie anche alla demenziale teoria dei no-border, via le frontiere, niente confini, siamo tutti fratelli per principio, anche se non esistono trattati in merito che li aboliscano (vedi Maastricht)…. Sicché manforte ala Brexit e critiche alla Germania. America Fist! È in fondo un ritorno alla Dottrina Monroe. Il che dovrebbe appunto far piacere a tutti coloro i quali, per settant’anni hanno criticato le interferenze americane all’estero, con i suoi interventi militari “in difesa della democrazia” spesso ipocriti e selettivi. Non più quindi gli USA “gendarmi del mondo”, ma solo interventi inevitabili per motivi di “sicurezza nazionale”, ad esempio contro il terrorismo islamico dell’ISIS, in accordo con la Russia di Putin.

Questo non dovrebbe essere visto con favore da moltissimi, specie a sinistra? Finalmente l’America non si intromette in giro per il pianeta! Fine dopo un secolo esatto della Dottrina Wilson che fece intervenire gli USA in Europa nel 1917. Fine allora dell’imperialismo americano? Magari Trump deciderà pure di smantellare alcune basi militari all’estero, ad esempio in Italia.  Se la Russia non viene più ritenuta dall’America attuale un “nemico”, come invece la considera a tutt’oggi l’Unione Europea, perché dovrebbero ancora stare lì? I no-global e i centri sociali e gli antagonisti faranno cortei in suo favore?

Invece, nonostante questa  paradossale situazione che si sta venendo a creare, la posizione della sinistra radical chic internazionale non cambia. Trump si trova contro tutti, dall’ONU al Papa, il quale ha addirittura evocato la vittoria democratica di Hitler nel 1933 (ma si può!?), come peraltro fece il filosofo Buttiglione quando Berlusconi stravinse le sue seconde elezioni politiche…. Ma, è bene ricordarlo, cosa il tycoon scrisse in un cinguettio politicamente scorretto durante la sua campagna elettorale: “Meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora”, attribuendo la frase addirittura a Mussolini (non è del Duce). Scandalizzando mezzo pianeta. Ma se ne fregò.

Obama, ornai privato cittadino, parla di “tradimento dei valori americani” e la gente scende in piazza: se lo fa pacificamente nessun problema, dato che Trump ha alle spalle chi lo ha votato, una “maggioranza silenziosa” e non vociferante. E la decisione del blocco temporaneo di una certa immigrazione islamica (non hai rifugiati di religione cristiana) è stata approvata, come sono stati costretti ad  ammettere i giornali, dal 46 per cento degli americani. Insomma, gli UA spaccati a metà dove gli sconfitti alle presidenziali vorrebbero prevaricare i vincitori.

Trump corre, è un decisionista (glielo permettono anche i poteri presidenziali che ha) e procede come un treno: perché mai non avrebbe dovuto scegliere un conservatore alla Corte Suprema in sostituzione di un altro conservatore morto nel frattempo? Curiose proteste da parte dei progressisti. Se ci fosse stato Obama chi avrebbe nominato? Perché non avrebbe dovuto minacciare la Università di Berkeley di un taglio dei fondi federali dato che non difende la libertà di pensiero ed espressione? Il campus dell’ateneo californiano è stato messo a ferro e fuoco da 1500 “studenti” (su 38mila iscritti) che hanno impedito di  parlare a Milo Yiannopoulos, scrittore omosessuale ma anche anti-islamico e anti-femminista, che era stato invitato a tenere una conferenza. Obama cosa avrebbe fatto? Nulla probabilmente, così come nulla avrebbero fatto i rettori delle università italiane e il ministro competente. Trump invece si è fatto sentire con buone ragioni, utilizzando i cinguettii di Twitter attraverso il quale commenta direttamente sugli smartphone in tasca agli americani molte cose – peggio di un Renzi! – come se usasse, è stato scritto, la Colt… Scavalcando in t al modo a piè pari il tramite della stampa che gli è quasi tutta ostile grazie ad un marchingegno modernissimo. Un contatto diretto fra eletto ed elettori senza mediazioni altrui. Ed anche questo vedersi sottratto un mass medium da loro adorato e sinora monopolizzato, irrita a morte i progressisti universali… Ma come, un conservatore e reazionario che è più bravo di noi con la tecnologia?

Non ci si deve indignare per tutto ciò: è il solito giochetto del doppio standard in cui sono specializzati i radical chic di tutto il pianeta. La Sinistra può fare tutto impunemente ed è sempre giusto anche quando sbaglia in modo lampante (sono le buone intenzioni che ontano), ma le stesse cose la Destra non le può fare dato che le sue intenzioni sono per definizione cattive. La democrazia, che è la base del pensiero progressista, è valida solo quando ad esso fa comodo. Lo ha notato proprio Yiannopoulos: a lui essendo “di destra” non è consentito parlare (come qui in Italia teorizza l’ANPI), soprattutto  perché collaboratore di Steve Bannon, il consigliere culturale di Trunmp che, secondo un mio amico americano, sarebbe un lettore di Guénon, Dugin, Evola e de Benoist…. E se, come si dice, Dugin è alle spalle di Putin, e se Bannon è alle spalle di Trump cosa ci si può aspettare da un pensiero “tradizionalista” che influenza la politica delle due super-potenze? Non corriamo con la fantasia dato che calare nella pratica, mei fatti, nelle scelte concrete un pensiero di Tradizione, che si rifà aa una superiore visione del sacro, non è cosa facile né semplice, essendo necessario ricorrere a miti e simboli che operano a lunga scadenza. E oggi quali ancora esistono soprattutto negli Stati Uniti sommersi dal materialismo?

Ci si deve indignare invece di come tutti questi fatti ci vengono raccontati in Italia dalla RAI, cioè il servizio pubblico radiotelevisivo, che i cittadini finanziano con una gabella alla quale non ci si può più sottrarre da quando il buon Renzi l’ha inserita nella bolletta elettrica. Qui non si tratta della televisione di un imprenditore privato sovvenzionata dalla pubblicità, che si può schierarla come crede meglio, o di giornali e settimanali sempre di editori privati, ma di una TV “di Stato” pagata coattivamente da tutti gli italiani  e che quindi dovrebbe avere il dovere e l’obbligo non tanto di essere imparziale, cosa quasi impossibile, ma come minimo di essere pluralista, ospitare tutte le opinioni, effettuare cronache che tentino di essere oggettive e non apertamente schierate: in questo caso solo e sempre contro Trump in modo sfacciato. E’ irritante e scandaloso vedere quasi tutti i corrispondenti Rai dagli Stati Uniti fornire cronache faziose o parziali senza dare una visione complessiva o da diversi punti di vista, o avere negli studi TV quasi solo esperti, politologi e giornalisti anti Trump. E’ un gioco sporco e illegittimo impudente, cui si può reagire ormai solo cambiando canale o spegnendo l’apparecchio, non più non pagando il canone per protesta. E sembra che non esista una Commissione di Vigilanza delle trasmissioni televisive che chieda spiegazioni…

Trump si sta schierando contro quelli che si usa definite i “poteri forti”, non solo quelli economico-finanziari, ma anche quelli ideologico-culturali. Contro il Pensiero Unico e il Politicamente Corretto. C’è chi dice apertamente che manifestazioni via via più violente si verificheranno in tutti gli USA nel tentativo di provocare reazioni estreme da parte della Casa Bianca in modo da costringere il presidente alle dimissioni. Insomma, una specie di “golpe bianco” Che i bravi democratici americani non si vergognano a far trapelare a chiare lettere. Ci cadranno Trump, i suoi consiglieri e gli apparati statali con i capi da lui nominati? Fantapolitica? In ogni modo, se Trump non sta attento e non prende adeguate contromisure tattiche e strategiche, corre il rischio di finire o come Kennedy o come Nixon…

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Gianfranco de Turris

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