Cinema. “Un bacio” di Ivan Cotroneo per scandagliare le arroganze dei micropoteri

Un bacio, il film di Ivan Cotroneo
Un bacio, il film di Ivan Cotroneo

La provincia grigia e plumbea, giusto per parafrasare Enrico Brizzi (che non si è dato al cinema ma ha preferito gli esordi scoppiettanti con un romanzo di formazione che rientrerebbe in pieno negli elenchi delle opere d’arte), è il paesaggio che diventa comprimario, comparsa e attore,  che si trasforma in una parte integrante e decisiva del film, intersecandosi con le vite dei protagonisti. Arnaldo Bagnasco la chiamerebbe Terza Italia, l’Italia provinciale e produttiva, l’Italia dei borghi, dei distretti industriali, l’Italia della tradizione, della caccia, dei dialetti ed anche dello stigma. Lo stigma è il motivo con cui prende forma il sottofondo musicale del film accanto alle canzoni dei New Order, di Blondie e di Mika. I protagonisti sono tre. Lorenzo, giovane estroso ed estroverso con un vulcano che gli scoppia dentro, proveniente da una casa famiglia di Torino, che lascia per trasferirsi in un contesto con due genitori pronti a dargli affetto, stima e conforto. Poi c’è Blu, una ragazza introversa con una spiccata inclinazione per la scrittura, introversa, schiacciata dall’isolamento del liceo e l’educazione di due genitori con un passato da Hippie. Infine c’è Antonio, ragazzo compresso dalle pesanti ombre di un passato che lo perseguita ogni notte, rubandogli il respiro e la voglia di vivere. Trovatisi, per la suprema volontà del caso, a condividere lo stesso destino di esclusione, emarginazione, felicità frustrata e creatività pericolosamente agitata, danno vita ad un trio che coltiva la passione per la libera autodeterminazione della propria esistenza per disarcionarla dalle briglie strozzanti della condizione di anomia, mancanza di valori, che i manuali di vario genere sostengono sia l’età adolescenziale. Sull’adolescenza si è detto di tutto, forse anche troppo. Una folata di vento in faccia vissuta  a corto respiro, in equilibrio tra una risata ed un pianto fragoroso, un’altalena in un parco che continua a muoversi  dopo il tramonto, meccaniche interiori che formano un’identità e, a volte, la distruggono.

Un Bacio è tutto questo. Prima libro, poi trasformato subito e magistralmente in film, da parte del medesimo autore Ivan Cotroneo, già sceneggiatore per le fiction Rai e autore e regista per lo psichedelico La Kryptonite nella borsa, con Luca Zingaretti. Si parla di diversità, di accettazione, della ricerca del proprio spazio, della scoperta della gioia e dell’esplosione dei propri lati oscuri. Tre ragazzi che si ritrovano  loro malgrado sotto le macerie del castello di carte che è la perdita dell’innocenza, processo tanto delicato quanto doloroso. Un Bacio, un film che radiografa la vita. Discriminazione, bullismo, omofobia non compaiono come concetti astratti presi da una qualche conferenza per addetti ai lavori, ma impattano sullo schermo come pratiche perverse che, nel quotidiano, ostacolano l’esistenza di quanti sono vittime (spesso impotenti e tacitate dall’indifferenza di un senso comune figlio dello slogan Not In My BackYard) dell’etichetta della diversità, dell’egemonia prevaricante di diversi micropoteri. Ivan Cotroneo scandaglia le varie dimensioni della discriminazione vissuta in età adolescenziale e la traduce in uno spaccato di vita reale. Un necessario pugno nello stomaco.

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Stefano Sacchetti

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