Il caso. La Buona Scuola che crea schiavi se ne frega di Giovanni Gentile

 

Il fiero e sbandierante gonfalone della Buona Scuola continua ad infliggere stilettate all’impotente sistema scolastico, in stato vegetativo ormai da decenni.

L’ultima trovata della riforma Renzi-Giannini, infatti, travolgerà anche il sistema degli esami di stato. Dal 2018, per essere ammessi alla maturità, basterà avere un semplice sei di media (con tanto di insufficienze ammesse) e ci sarà l’obbligo della partecipazione all’alternanza scuola-lavoro. Ciliegina: abolita la “odiosa” terza prova.

Frenato a fatica l’impeto futurista, utopicamente antiaccademico e distruttore, tocca riflettere sulla degenerazione in corso e sul significato dei diktat graziosamente impacchettati.

 

Il sei di media è la definitiva rinuncia alla qualità

Introdurre il sei di media come unico criterio rilevante per l’ammissione – e spacciarlo per semplificazione – malcela la volontà di appiattire l’insegnamento e ogni qualità/merito dello studente, accettando la mediocrità (incarnata dal ‘voto di sufficienza’) come paramento assoluto. La scuola, lungi dal cercare di alzare il livello medio puntando su nuove proposte, si dirige a tutta velocità verso il fondo, accontentandosi del minimo necessario e assicurando a chiunque (a prescindere dal merito) lo stesso identico traguardo massificato. Non esiste, in quest’idea di riforma, un incentivo o un riconoscimento verso il ‘virtuoso’ studioso, declassato a cattivo esempio, dannoso per gli altri. Il problema, dunque, appare essere proprio chi è volonteroso: la riforma rema contro di lui, non gli offre soluzioni o stimoli per migliorare, gli impone di conformarsi alla omologazione del trattamento, che non corregge ma gratifica chi non studia (abbastanza).

 

L’alternanza scuola-lavoro trasforma il sistema in azienda

Il colpo di grazia arriva dall’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro, tassello fondamentale per l’atomismo dell’individuo. Chi ne risente più di tutti è, ovviamente, il liceo classico, che vede le discipline umanistiche surclassate da sfrenate logiche aziendali e anglofone, dalla specializzazione del sapere, dal sistema-azienda che ha la smania di rendere lo studente un piccolo lavoratore, bandendo la cultura. Ciò che importa è il futuro e l’inserimento preventivo dell’alunno – a cui non viene riservata alcuna possibilità di scelta – nel mondo-industria (l’alternanza già si è rivelata spesso simile a uno ‘sfruttamento minorile’), presentato come unica via per la salvezza.

 

Gentile è il grande nemico (di nuovo)

“La scuola dev’essere non diminuzione e prostrazione dello spirito, non meccanizzazione artificiale delle categorie della vita”, ma “vera educazione e generazione perpetua che lo spirito fa di se stesso”.

Il vero nemico oggi è Giovanni Gentile e la sua riforma, il suo impianto hegeliano e la sua idea di educazione e pedagogia, di crescita, di apprendimento, di “formazione dei migliori” che sempre hanno combatutto lo “specialismo” e il “meccanicismo” (dominanti nella Buona Scuola). Di scuola e di studio, del senso del sapere. La dolce idea del Maestrodidáskalos – e dello studente, del loro rapporto educativo che si fa “unione spirituale che lega insieme due spiriti” a partire dalla ricchezza culturale del primo che porta crescita per il secondo (al di là di rigidi schemi prestabiliti, ma nel divenire del rapporto umano), vengono brutalmente dimenticate dalla modernità e dalle sue illusioni, che inorridiscono di fronte a ciò che non sia mercificazione.

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Francesco Petrocelli

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