Politica. Il populismo è così rivoluzionario che rischia di dimenticarsi la rivoluzione

populisti-deuropa1Il populismo politico è oggi un fenomeno che nella maggior parte dei casi si limita a gestire e coordinare il dissenso al sistema; lo fa utilizzando una strategia comunicativa contemporanea, spesso meglio dei soggetti politici tradizionali, ma raramente formula ipotesi alternative al sistema politico-istituzionale complessive, articolate e credibili. Che alla fine, forse, arriveranno da qualcun altro.

Il populismo politico può presentare risposte nuove alla domanda di partecipazione, ma pare non intervenire in maniera radicale sulle ragioni profonde di tale domanda. Risponde a una nuova richiesta partecipativa da parte dei cittadini che non si sentono rappresentati/tutelati dal sistema politico vigente, ma quando non propone soluzioni extrasistema è in realtà un sostegno al sistema stesso.

Posto che le richieste dalla cittadinanza alla politica sono più rappresentanza e maggior efficienza dell’azione amministrativa/governativa, i cittadini non dimostrano oggi meno voglia di politica: semmai hanno ancora più voglia di politica. Lo scarso peso che la politica dimostra a livello di gestione dei problemi, sia per incapacità propria che per limiti sistemici (ad esempio, il ruolo sempre più centrale di poteri extranazionali e internazionali nella vita nazionale), fa allontanare i cittadini dai partiti tradizionali.

La politica non appare più in grado di contrastare il “potere extra/internazionale”, in alcuni casi perché “collusa” con quel potere. L’agenda politica risulta quindi emanazione diretta o indiretta di quei poteri “superiori” (cd. poteri forti) piuttosto che dell’interesse dei cittadini che percepiscono tali poteri come “controinteressati” o addirittura ostili: con la conseguenza che questi cittadini sentono di non poter influire sulle scelte politiche e di non essere rappresentati. A questo punto è naturale, ovvio e già ampiamente analizzato, che i cittadini si rivolgano a progetti anche solo “esteticamente” nuovi.

I progetti populisti, in questo schema duale, sembrano più soddisfacenti sotto l’aspetto rappresentativo e l’elettorato li premia. Ma l’essere il fenomeno populista dentro il sistema, eppure antisistema, porta a una radicalizzazione dello scontro politico: il modello politico populista vive sulla propria estrema alternativa al modello tradizionale, che squalifica, tendendo così a non riconoscerlo del tutto. I movimenti tradizionali rinfacciano ai populisti la scarsa efficienza/capacità e la mancata adesione ai principi del sistema democratico, ma sono accuse in molti casi strumentali; i populisti rispondono rinfacciando la scarsa rappresentanza (del popolo, della nazione, etc.).

Una situazione di scontro così radicale rischia di degenerare in rissa, politica e istituzionale. Ma quel che sfugge alla gran parte dei movimenti populisti è la richiesta radicale di revisione dello stesso sistema economico-istituzionale: anzi, proprio perché forti della loro maggiore capacità rappresentativa, i partiti populisti finiscono per essere “iperdemocratici”, mentre le critiche di fatto più pesanti al funzionamento della democrazia contemporanea arrivano dalle ali progressiste e liberali. Con il rischio che alla fine arrivi proprio da quella parte, e non dai temuti populisti, l’imperativo politico di una revisione dell’assetto istituzionale internazionale.

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Andrea Tremaglia

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