Il populismo politico può presentare risposte nuove alla domanda di partecipazione, ma pare non intervenire in maniera radicale sulle ragioni profonde di tale domanda. Risponde a una nuova richiesta partecipativa da parte dei cittadini che non si sentono rappresentati/tutelati dal sistema politico vigente, ma quando non propone soluzioni extrasistema è in realtà un sostegno al sistema stesso.
Posto che le richieste dalla cittadinanza alla politica sono più rappresentanza e maggior efficienza dell’azione amministrativa/governativa, i cittadini non dimostrano oggi meno voglia di politica: semmai hanno ancora più voglia di politica. Lo scarso peso che la politica dimostra a livello di gestione dei problemi, sia per incapacità propria che per limiti sistemici (ad esempio, il ruolo sempre più centrale di poteri extranazionali e internazionali nella vita nazionale), fa allontanare i cittadini dai partiti tradizionali.
La politica non appare più in grado di contrastare il “potere extra/internazionale”, in alcuni casi perché “collusa” con quel potere. L’agenda politica risulta quindi emanazione diretta o indiretta di quei poteri “superiori” (cd. poteri forti) piuttosto che dell’interesse dei cittadini che percepiscono tali poteri come “controinteressati” o addirittura ostili: con la conseguenza che questi cittadini sentono di non poter influire sulle scelte politiche e di non essere rappresentati. A questo punto è naturale, ovvio e già ampiamente analizzato, che i cittadini si rivolgano a progetti anche solo “esteticamente” nuovi.
I progetti populisti, in questo schema duale, sembrano più soddisfacenti sotto l’aspetto rappresentativo e l’elettorato li premia. Ma l’essere il fenomeno populista dentro il sistema, eppure antisistema, porta a una radicalizzazione dello scontro politico: il modello politico populista vive sulla propria estrema alternativa al modello tradizionale, che squalifica, tendendo così a non riconoscerlo del tutto. I movimenti tradizionali rinfacciano ai populisti la scarsa efficienza/capacità e la mancata adesione ai principi del sistema democratico, ma sono accuse in molti casi strumentali; i populisti rispondono rinfacciando la scarsa rappresentanza (del popolo, della nazione, etc.).
Una situazione di scontro così radicale rischia di degenerare in rissa, politica e istituzionale. Ma quel che sfugge alla gran parte dei movimenti populisti è la richiesta radicale di revisione dello stesso sistema economico-istituzionale: anzi, proprio perché forti della loro maggiore capacità rappresentativa, i partiti populisti finiscono per essere “iperdemocratici”, mentre le critiche di fatto più pesanti al funzionamento della democrazia contemporanea arrivano dalle ali progressiste e liberali. Con il rischio che alla fine arrivi proprio da quella parte, e non dai temuti populisti, l’imperativo politico di una revisione dell’assetto istituzionale internazionale.