L’intervista. Fregni (Azione Identitaria): “Contro la modernità, ripartendo dalle radici romano-italiche”

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Il reggente di Azione Identitaria, Federico Fregni, racconta a Barbadillo.it la genesi, le idee, le letture, le battaglie e il futuro del neonato movimento identitario: riscoprire le vere radici, rivitalizzare un immaginario perduto e non arrendersi alla modernità imperante

Partiamo dal principio. Come nasce Azione Identitaria?

“Azione Identitaria nasce da una scissione di Generazione Identitaria, avvenuta dopo i fatti sanguinosi di Parigi e del Bataclan. In seguito ad un commento di un dirigente di GI, si registrò il nostro dissenso. Da quel momento, con rinnovato vigore, è partita la nostra Azione Identitaria”.

“Patria, popolo, Tradizione”: si parte da qui. Quali sono le idee e le battaglie del movimento?

“Dopo il manifesto ideale abbiamo dato vita ad un manifesto pragmatico, con cinque campi d’azione: quello politico-economico – pur non essendo un partito -, incentrato su una linea sovranista e comunitarista; quello etico, dell’azione in linea con la Tradizione, e la Patria concepita come entità vivente dalle radici biologiche e celesti, della Terra e della Natura; quello filosofico-politico, dell’avversione e della lotta alla post-modernità, punto di avvio del più aberrante relativismo, dal gender all’individualismo assoluto; quello pragmatico, di formazione e attivismo, dell’aggregazione giovanile; ed infine la sfera delle sfere, che racchiude tutte le precedenti: l’identità romano-italica e europea, l’identità profonda del popolo, distante dai moderni nazionalismi, il genio che anima e connette l’Italia all’intera Europa”.

Quali sono gli autori e le figure che vi ispirano?

“In primis gli autori classici, romani ed anche greci. Abbiamo pure riscoperto alcuni aspetti del patriottismo ottocentesco dell’Italia e della Germania, guardiamo con estremo interesse anche alla frangia identitaria francese di Alain de Benoist e Dominique Venner. E ovviamente ci ispiriamo a Julius Evola, per la sua impostazione, per la sua rivolta, per ciò che ha mosso. Leggiamo con attenzione René Guénon, per alcuni aspetti di carattere generale, e poi Alexander Dugin, che – nonostante alcune allusioni “rossobrune” e l’indefinita idea di Eurasia, in cui non ci rispecchiamo, almeno non con quelle modalità, è stato tra i primi contemporanei ad aver tentato di tradurre efficacemente, in prassi politica, la Tradizione. Importante spazio trovano nella nostra analisi metapolitica, alcuni autori, tra i quali citiamo espressamente Marco Della Luna, che analizzano alcuni fenomeni importanti, si pensi alla “sovranità monetaria” ed al “signoraggio”, anche con le armi dello studio delle neuroscienze. Basti ricordare che Della Luna ha scritto “Euroschiavi”, ma anche “Neuroschiavi”. La nostra è un’operazione di ampia lettura: abbiamo recuperato Ernst Junger, Oswald Spengler, alcuni contributi del romanticismo e del ruralismo comunitario. La verità è che dovremmo fare politica in senso romano e platonico, adattando alla “salute pubblica” e all’identità-continuità della nostra civiltà, tutti gli spunti del passato, guardandoci attorno: ci sono tante strade che si possono percorrere, ma tutte devono portare alla Patria, crogiolo di storia e cultura nostra e dei nostri antenati”.

Nell’agenda dei programmi per il futuro c’è la possibilità di diventare un partito?

“Assolutamente no. Non abbiamo fiducia nell’attuale sistema elettorale. L’idea di voto, di elezioni tra pari non ci è estranea. Questo sistema è dominato dai media e da partiti emissari degli ordini sovranazionali. Poteri bancari e tecno-finanziari che controllano, attraverso un’apparente possibilità di determinare qualcosa, tutto l’orizzonte istituzionale. Un militante si inaridisce in una forma odierna di partito. Ciò non vuol dire che bisogna rimanere distanti dalla realtà, siamo aperti al dialogo, ma i movimenti devono “formare” e non far manovre nelle liste elettorali. Speriamo che Azione Identitaria sia uno degli affluenti che porteranno tanta acqua al fiume della “Grande Rivolta”, che travolgerà inesorabilmente il Sistema figlio delle ombre e della tristezza, dell’usura e della distruzione”.

E allora come avviene la “presa del potere”?

“Il potere vero oggi è il cuore delle persone. Le rivoluzioni, i cambiamenti di Zeitgeist, partono tutti da lì. Lo stato moderno liberale non riesce più ad esistere: è un’azienda al servizio di altre aziende, delega su giustizia e difesa, partecipa a guerre imperialiste al soldo di poteri sovranazionali. Gli stati sovrani stanno scomparendo del tutto. Dobbiamo ripartire dalla comunità, dallo spirito del popolo e dei paesi, rivitalizzare l’immaginario perduto, recuperare lo spirito di rivalsa, di rinascita. E questo anche attraverso azioni concrete come le proteste contro l’imposizione dell’accoglienza, contro il degrado. Sono battaglie reali, dobbiamo portare l’alienato a guardare anche al di là di questa dimensione. In Italia, oltre alle battaglie quotidiane serve ricominciare, ricreando l’immaginario identitario violentato dopo la guerra, che ha portato al totale disamore, all’estinzione di tradizioni, alla distruzione dei castelli, diventati ruderi marci, simbolo della degenerazione della modernità. In tanti sono stufi, in troppi continuano a subire passivamente il tutto. Il Sistema crollerà, inevitabilmente, perché sorretto dal “Nulla”. Il Nulla ipnotico che ritarda la sua stessa fine, ma che non potrà evitarla. In quell’istante, tutto quello che sarà stato conservato con coraggio, riemergerà nella sua magnifica “normalità”. Noi, o i nostri eredi, saremo lì, quel giorno, per piantare, per l’ennesima volta, il seme nel solco della nostra civiltà dei Padri”.

Come giudicate il fenomeno Le Pen, che fa dell’identitarismo un suo cavallo di battaglia?

“Condividiamo in parte la linea del Front National. Stesso dicasi per Vladimir Putin, Victor Orban e persino alcuni riferimenti di Donald Trump, tutti da verificare (visto che sta già invertendo la rotta annunciata), ed in generale guardiamo con favore l’avvento dei ‘populismi’. Sono sicuramente il segno evidente che qualcosa si sta incrinando, che c’è una breccia nel muro apparentemente integro del Sistema. Questi fenomeni rappresentano l’arrivo di qualcosa di nuovo: è naturale che con un Orban italiano avremmo più respiro per i nostri ideali. Non possiamo continuare a ragionare sul “meno peggio”, si deve puntare all’impossibile. Putin e Trump hanno alle loro spalle un discorso storico, sono reazioni del mondo moderno al post-moderno, sarebbero il nostro Craxi di Sigonella, non Augusto. Anche la lotta all’euro diventa fine a sé stessa, se non è sorretta dalla volontà di ritornare alla sovranità nazionale piena: militare, culturale, politica e monetaria. Ciò non vuol dire che la vittoria di Trump non ci abbia strappato qualche sorriso, sopratutto vedendo le facce distrutte del peggior conglomerato radical-chic e progressista che si sia visto negli ultimi tempi, come nel caso della Brexit. Non sono vittorie, sia chiaro, ma segnali delle lotte intestine del Sistema, delle quali ci rallegriamo, sperando che ci forniscano ulteriori spazi d’azione”.

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Francesco Petrocelli

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