Politica. 4 dicembre data simbolo di riscatto in attesa di un governo sovranista

La difesa liturgica della Costituzione, la “più bella del mondo”, non era in realtà per tutti il vero obiettivo del NO al referendum, specie per chi proviene da un’area politico-culturale, votata al presidenzialismo, che non ha mai considerato la Carta costituzionale come un manin-proclama-la-repubblicadogma intoccabile o infallibile e che ha sempre invocato una sua rivisitazione. In gioco non era solo la Costituzione ma molto di più: l’autonomia nazionale dell’Italia rispetto a gruppi di potere estranei alle volontà nazionali che dicevano e spiegavano agli italiani cosa era giusto votare al referendum. Il No degli italiani è stato, in realtà ed in primo luogo, un vero e proprio atto di libertà nonostante le costrizioni esercitate per il sì. Quel che è giusto lo dovrebbe decidere il popolo italiano e non Bruxelles o Parigi o Berlino o Washington o i famigerati mercati finanziari.
L’Italia, come avvenuto recentemente in Gran Bretagna con la Brexit, ha avuto l’opportunità di far comprendere che a decidere devono essere i popoli e non burocrati o oligarchie senza delega popolare.
Parliamoci chiaro: la Riforma Renzi-Boschi-Verdini, oltre a peggiorare la Costituzione, toglieva ancora pezzi di sovranità al popolo italiano con un disegno studiato ed impostato fuori dai confini nazionali e la battaglia per la sovranità monetaria, territoriale, economica rimane vitale per il futuro dei popoli europei.
In questa battaglia, volente o nolente, si è innescata una roboante mobilitazione popolare con diverse sfaccettature – dalla difesa della Costituzione anti-fascista del dopoguerra (per qualcuno) alla voglia di defenestrare o perlomeno ridimensionare Renzi (per praticamente tutti gli altri) – che ha trovato nel governo il capro espiatorio di una serie di clamorose forzature a danno della sovranità popolare, che provengono dal 2011 e cioè dal primo governo Monti, proseguite con i governi Letta prima ed appunto Renzi dopo e temiamo Gentiloni ora.
Un voto politico dove ognuno ha trovato personali motivazioni. Forse di questo andrebbe ringraziato l’inconsapevole segretario nazionale del PD che, con la sua arroganza e la sua boria, ha messo tanto del suo per far crescere l’onda popolare del 4 dicembre. Onda che, evidentemente, non lo ha poi tanto scalfito visto il governo Gentiloni varato da Matterella ma scelto in toto da Renzi.
Alle politiche del 2013 il PD si candidava a guidare il Paese in coalizione con SEL avendo indicato come candidato premier Bersani. Da Bersani poi si è passati a Letta, quindi a Renzi ed ora a Gentiloni con maggioranze variabili, giochi di palazzo e spudorati cambi di casacca.
Un governo fotocopia del precedente che ha avallato la politica estera di Obama e le politiche economiche dell’Unione Europea lasciando socialmente macerie e lacerazioni nel Paese, in continuità con gli esecutivi Monti e Letta. Ecco cosa dovrebbe in primo luogo preoccupare gli italiani, ancor prima dell’assenza di legittimazione popolare a cui ci si è abituati essendo l’Italia, da troppi anni, un Paese a sovranità limitata. Sulla presunzione e sull’arroganza di Renzi e della sua compagnia di giro in realtà, sia chiaro, c’è poco da stupirsi.
Resta il 4 dicembre come data simbolo di un futuro tutto da scrivere. Per il ritorno alla sovranità, in attesa di un governo che finalmente contesti l’ineludibilità della globalizzazione e respinga le storture sociali ed economiche dell’Unione Europea.

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