Il caso. Il no della Raggi alle Olimpiadi e le reazioni scomposte che mitizzano il M5S

immagini-quotidiano-netSorpresa, sorpresa: la Raggi e la Roma pentastellata dicono “no” alla candidatura olimpica. Certamente il sindaco lo fa in maniera a dir poco sgarbata, facendo fare anticamera a Malagò e delegazione per poi non arrivare del tutto; ma, caduta di stile a parte, è veramente una sorpresa? No, per nulla.

La Raggi e i 5 Stelle si sono presentati davanti agli elettori e da questi sono stati eletti dicendo chiaramente di non volere le Olimpiadi a Roma nel 2024. L’avversario Giachetti era stato altrettanto chiaro quanto al volerle e ha perso dopo aver provato a trasformare il ballottaggio in quel referendum che la Raggi aveva comunque promesso. Una legittimazione popolare quindi esiste eccome e paiono strumentali da parte del PD le invocazioni di “democrazia”  e rappresentanza considerato che Renzi, premier senza essere passato dalle elezioni, del referendum nazionale dal quale (non) dipende la sua carriera e il futuro della Costituzione ne parla da sei mesi senza averci ancora comunicato una data.

Il no di Mario Monti

Altrettanto smemorato è chi qualche anno fa sosteneva la realpolitik austera e saggia di Monti, il quale senza troppe storie liquidò ogni ipotesi di candidatura olimpica per il 2020 perché proprio non era il caso, non c’erano i soldi, non c’erano garanzie. Le Olimpiadi costano sempre troppo, questo è un dato di fatto; americani a parte, pochissimi organizzatori ci hanno veramente guadagnato qualcosa e diversi sono quasi falliti. All’epoca, comunque, si lodò e si apprezzò la pacata modestia da buon padre di famiglia del premier tecnico. Come è possibile che invece oggi questo rifiuto provochi quasi indignazione? La Raggi, anche se male, dice una cosa molto semplice: non posso garantire un impegno di queste dimensioni per una città nella situazione di Roma. E diciamocelo onestamente, se dopo tre mesi dalle elezioni, con assessori vacanti e spazzatura per le strade, la Raggi avesse annunciato trionfale la candidatura alle Olimpiadi, ecco che sì, ci sarebbe stato da ridere e si sarebbe potuto parlare di inopportunità.

Le critiche al “no” del sindaco rischiano quindi di farla quasi passare per la decisione di una statista di certo calibro, mentre la dimensione della Raggi e della scelta sono di profilo molto più basso: giustificare, come ha fatto, il “no” alle Olimpiadi con il voler evitare favori alle lobby dei costruttori è infatti come dire che smettere di vendere macchine farà sparire i ladri di macchine. Nel passato sarà andata come è andata; adesso però il sindaco di Roma è lei ed è anche suo dovere vigilare e garantire. Dare per scontato che un evento di queste dimensioni sia infiltrato da mafia e malaffare e che rispetto a questo ci sia poco o nulla da fare è cinico e forse vero, ma sconsolante se detto da coloro che promettono soprattutto in questo senso una rivoluzione che l’Italia aspetta e desidera.  Voler cambiare in questo caso significa farla finita non con i grandi eventi, ma con una certa gestione leggera o criminale degli stessi. I 5 Stelle fino ad oggi hanno cavalcato i sondaggi anche (e forse solo) grazie alla loro capacità di rilanciare continuamente: questo primo accenno di compromesso, e non un eccesso di prudenza, è quindi semmai l’errore al ribasso della Raggi.

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Andrea Tremaglia

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