Francia. Tra Renzi e Monti, chi è Macron l’astro nascente tecnocratico che punta all’Eliseo

Emmanuel Macron, da fb
Emmanuel Macron, da fb

Un po’ Matteo Renzi, un po’ Mario Monti. Si può definire così la figura emergente del centrosinistra d’Oltralpe Emmanuel Macron. Fresco di dimissioni da Ministro dell’Economia del Governo francese di Manuel Valls, incarico che aveva rilevato solo nel 2014, 38enne (classe 1977), Macron ricopre un profilo in parte sovrapponibile a quello dell’attuale premier italiano.  Come Renzi è infatti indirizzato verso un liberismo economico e come lui ha per certi versi tentato di sovvertire dall’interno i clichè  di quella parte di Partito Socialista francese ancora legata a una visione marxista dell’economia.

Ma, come Monti, Macron è anche e soprattutto un tecnico, e come fece l’ex rettore della Bocconi, si è più recentemente messo alla guida di un movimento politico centrista dal forte spirito tecnocratico  e dal nome evocativo: “En marche”, che in italiano significa “in marcia”.

Le sue dimissioni, originate da disaccordi sulle prospettive da dare alla politica economica del Governo di Parigi, anche nel campo delle liberalizzazioni che Macron avrebbe voluto spingere in maniera più netta rispetto al piano realizzato nel 2015, sul modello di quanto prescritto a Parigi dalla Commissione Europea e dalla volontà di un ruolo sempre più di primo piano nell’agone politico, sembrano ora proiettare il rampante ex banchiere di Amiens addirittura verso la corsa per le presidenziali del prossimo anno per tentare di rilevare il testimone dall’attuale inquilino dell’Eliseo, Francois Hollande.

Come avvenuto in Italia per Monti prima e per Renzi poi, il suo curriculum vitae è di quelli che piacciono alla “gente che piace”, cioè a quell’alta borghesia progressista che ormai costituisce in gran parte d’Europa la massa critica elettorale dei partiti di centro e di centrosinistra, il cui consenso sta anche in Francia migrando dalla classe operaia verso i ceti urbani medio-alti. Di famiglia alto borghese, il padre è professore di Neurologia all’Università della Picardia, si è  formato al liceo gesuita “La Providence” di Amiens, per poi terminare gli studi superiori a Parigi, al prestigioso liceo “Enrico IV”, frequentato dai rampolli dell’elite della capitale francese.

Appassionato di letteratura e studi umanistici, successivamente Macron si è laureato in Filosofia all’Università “La Defense” di Parigi, ricoprendo poi per un breve periodo il ruolo di assistente universitario. Abbandonato il sogno di sfondare nel mondo della scrittura, da lui definito, “più difficile di quello della politica”, Macron ha conseguito un’altra laurea in Scienze Politiche e frequentato un Master all’ENA, la super elitaria scuola superiore della pubblica amministrazione per poi diventare subito dopo, nel 2004, Consigliere del Ministro dell’Economia e successivamente banchiere d’investimenti alla Rotschild e Cie Banque, dove ha curato gli interessi di clienti del calibro di Nestlè e Pfizer.

Nel 2012 lascia il settore della finanza per riapprodare alla pubblica amministrazione, nel pesante ruolo di Vice Segretario Generale della Presidenza della Repubblica fino appunto alla promozione a Ministro dell’Economia, ruolo mantenuto fino alle dimissioni di martedì 30 agosto.

Dimissioni che ora sembrano costituire il preludio a una campagna presidenziale che potrebbe portare un nuovo sfidante in uno scenario già occupato da nomi di primissimo piano, non ultimo ovviamente quello di Marine Le Pen che con il Front National sta erodendo molti consensi tra i ceti della sinistra tradizionale: operai, precari e disoccupati.

Per certi versi, la campagna liberal e centrista di Macron si basa su concetti specularmente opposti a quelli propri del Front National, in particolare in campo economico, dove si professa “social-liberale”, avendo inoltre affermato che “il liberalismo è di sinistra”. Solo per citare un esempio, tra le altre cose, Macron ha in passato difeso la possibilità per le imprese, di derogare alle 35 ore lavorative settimanali. Una linea che può faticare a raggiungere una grande popolarità, specialmente in un Paese come la Francia che si troverà ad andare al voto provata dalla crisi economica persistente e sconvolta dai recenti e drammatici attentati e dalla sempre più difficile convivenza tra autoctoni e stranieri, non solo di recente immigrazione, nelle sue periferie.

Di certo la presenza di un ulteriore movimento “di sistema” come quello di Macron aiuterà chi, al secondo turno presidenziale, tra socialisti e popolari dovesse trovarsi a competere con la Le Pen e che potrà contare su un nuovo bacino di voti “moderati” da cui attingere.

@barbadilloit

Cristiano Puglisi

Cristiano Puglisi su Barbadillo.it

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