Il caso. Pirozzi sindaco (camerata) simbolo dell’Italia che non molla e si rialza

Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice
Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice

In piedi sulle macerie. Accanto al suo popolo. In prima linea. Determinato, sicuro nel rivendicare l’attenzione delle istituzioni non solo in queste ore ma anche nei mesi a venire, quando ci sarà da governare la ricostruzione. Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, esponente della destra semplice e preparata dei territori, dalla maledetta notte del sisma, è l’icona dell’Italia che non si arrende, non si lamenta, ma stringe i denti e pensa già al domani, al restituire serenità e un a casa ai suoi concittadini.

“Barcollo ma non mollo”, ha detto sorridendo ai microfoni di “Porta a porta”, ha ricordato di aver polemizzato nel recente passato con il premier per una battuta sulla “mafia all’amatriciana”, e prima aveva messo in riga anche un famoso cuoco, Cracco, che voleva sperimentare proprio sulla ricetta tradizionale con il guanciale laziale. Uno tosto, montanaro, dalle parole rocciose. Allenatore di calcio, tra i migliori del mondo dilettantistico italiano: aveva appena gustato lo sgambetto ai rivali dell’Ascoli con la sua squadra di non professionisti… Doveva prepararsi alla panchina del Trastevere, in serie D, ma ha scelto senza indugi le radici: “Non posso allenare, devo stare vicino alla mia comunità e allenare la mia gente”

La forza di consolare i concittadini

“Amatrice non esiste più”, ha detto a caldo, poi citato addirittura da Papa Francesco. Aveva visto sgretolata la porta della sua città. Ma non si è perso d’animo. Ha consolato tutti i suoi cittadini, ha fornito supporto ai soccorritori ed è stato puntuale nel fare il punto sulle ricerche di altri possibili sopravvissuti.

Il realismo

“Forse ho avuto la fortuna,nel momento della disgrazia, di dire che il paese non c’era più, che avevamo bisogno di aiuto. Lì si è messo in moto un meccanismo straordinario, sono arrivati nel giro di 20 minuti i primi vigili del fuoco e lì si è messo in moto tutto. Io sono uscito di casa e non c’era più la porta storica dell’ingresso di Amatrice, che era del 1400. Quando cade la porta storica è segno di tabula rasa. E infatti il paese non c’è più”. Da qui il pragmatismo per ridare un futuro a una intera cittadinanza: “A costo di essere sfacciato, voglio essere sincero. Di generi alimentari ne stanno arrivando tantissimi, c’è il rischio che il cibo vada sprecato e questo non deve accadere. In questo momento, oltre alla solidarietà umana, e ce n’è tanta, di contributi economici. Qui non c’è più niente. Bisogna pensare alla ricostruzione, ad Amatrice servono soldi, non c’è più un’attività commerciale, non c’è più niente. Servono soldi”.

La sfida a Renzi

Pirozzi ha incontrato il premier: “Gli ho detto che sono un allenatore di calcio e che non mollo. Lui mi ha detto che questa è una sfida importante per l’Italia. Amatrice deve vincerla. Da ieri sera porto la felpa con su scritto Amatrice. E’ la prima cosa che ho tirato fuori da casa quando ho abbandonato la mia abitazione. Ho detto a Renzi che sarebbe il caso si mettesse la felpa con su scritto Italia. Questa è una grande sfida per l’Italia”.

Il motto della ricostruzione

“Ma nessuna notte è tanto lunga da poter impedire al sole di risorgere. Per questo lo dico a voce alta, risorgeremo. Sono un uomo di montagna, non permetterò che su di noi si spengano i riflettori”: così Pirozzi. Sindaco camerata, espressione dell’Italia profonda che non si fa piegare nemmeno da un terremoto.

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Michele De Feudis

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