Cinema. “Paradise Beach”, quando Hollywood (senza idee) se la prende con gli squali

Ci risiamo. Arriva (anzi, se ne sta andando) la stagione estiva e, kaboom, Hollywood ti sforna un altro blockbuster… a base di squalo. Paradise Beach – dentro l’incubo, già dal titolo (e dal trailer) propone, infatti, la solita ricetta che dal 1975 i cinema profilano ai villeggianti: acque scure, bagnanti irresponsabili, pinne che sbucano dalla superficie e, chiaramente, chiazzone rosso increspato dalle onde.

In principio Fu Lo Squalo ad inaugurare le pellicole sui “mostri degli abissi”. Nulla a che vedere con il calamaro gigante di Ventimila leghe sotto i mari, né con la balena bianca di Gregory Peck, perché l’ambientazione moderna e la scelta del pesce cane erano stati elementi sufficienti ad accendere in milioni di spettatori paure ancestrali, riemerse dal fondo dell’animo come la testa conica dell’animale protagonista.

Milioni di dollari, un cast stellare e tre robot (Bruce, dal nome dell’avvocato di Spielberg) fecero del film dell’estate 1975 un capolavoro ammirato e imitato, dai sequel della saga a produzioni più recenti.

Trash movies Ma se l’opera di Spielberg ha le solide basi del romanzo omonimo del giornalista e naturalista Peter Benchley, stessa cosa non si può dire per B-movies come Shark Attack, Megalodon, Shark 3D e il più recente Paradise Beach, cine-cocomero che racconta di una surfista californiana per ore bloccata su uno scoglio assediato da un grande squalo bianco. La vicinanza della costa e il “nessuno in ascolto”, poi, non fanno altro che aumentare l’adrenalina del pubblico, inchiodato a seguire le disavventure della bellona a pochissimi metri dalla spiaggia.

La verità Secondo l’ International Union for the Conservation of Nature il 32 per cento di squali e razze sono minacciate (dati 2014). Pesca intensiva e convinzione che tali animali siano pericolosi (alimentata dalle opere di fantasia) rischiano di portare sull’orlo della scomparsa specie che da milioni di anni sono perno dell’equilibrio dell’ecosistema marino. Ne sono esempio i 9 sopravvissuti ad attacchi di squalo che, nel 2009, si incontrano a Washington per gridare al mondo che questi animali “seguono l’istinto e il più delle volte la colpa è della vittima” che, aggiungiamo noi, è imprudente o non si rende conto che il mare va rispettato, a partire dall’osservanza di regole precise, come il non nuotare di sera o l’evitare aree segnalate come non sicure dalle autorità.

Qualcosa si muove Con il Regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio del 26 giugno 2003 si è posto un argine alla pratica dello spinnamento degli squali (asportazione delle pinne una volta issati a bordo dei pescherecci); la decisione più significativa, però, arriva nel 2009, ispirata da una mozione di Shark Alliance.

La decisione presa oggi dal Consiglio europeo – supportata anche dal Sottosegretario alla Pesca Buonfiglio e dal Ministro Zaia – di chiudere la pesca di queste due specie (smeriglio e spinarolo, nda) gravemente minacciate, consentirà alle popolazioni europee dello smeriglio e dello spinarolo di ristabilirsi e rafforzerà la capacità dell’UE di promuovere la conservazione di queste specie a livello globale” dichiarava a margine dei lavori la responsabile di S.A. Serena Maso.

Buone notizie anche per lo squalo bianco (protagonista di quasi tutti i film citati): è protetto dal 2004, in seguito alla conferenza del Convenzione sul commercio delle specie protette (Cites) di Bangkok. Provvedimenti d’emergenza volti a limitare le 100 milioni di vittime che ogni anno l’uomo miete fra gli squali, a fronte delle poche decine mietute da pesci che, il più delle volte, mordono (lasciando ferite profonde) per capire cosa hanno di fronte,  piuttosto che per istinto omicida.

@barbadilloit

@marco_petrelli

Marco Petrelli

Marco Petrelli su Barbadillo.it

Exit mobile version