La polemica. L’Europa non salva la sua anima vietando il burkini

9503355-kZLG-U1090141580459E6D-1024x576@LaStampa.it[1]Un commento sulla querelle legata al divieto di indossare il burkini (costume da mare islamico) in Francia

La Francia, seppur figlia primogenita della Chiesa per grazia di Clodoveo e dei suoi guerrieri, è erede di una vecchia tradizione di laicità che trae le sue radici dalla Rivoluzione Francese e forse ancor più dal liberalismo radicale affermatosi nella seconda metà del XIX secolo. Tuttavia laicità non è sinonimo di laicismo, un termine ideologico che, come ogni caratterizzazione del suo tipo, appare come un vaso di latta placcato in oro: sfavilla, attrae, eppure non è che puro vuoto ed il nulla solo rimbomba in esso. È però assodato che da mezzo secolo a questa parte, fallita la lezione impartita dalle rivoluzioni totalitarie e dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, siano gli ismi vuoti e scriteriati ad avere un successo maggiore di ogni dottrina politica basata sulla moderazione e il pragmatismo.

L’errore ideologico laicista della Francia

Esempio lampante di politica ideologica e priva d’ogni utilità pratica così come d’ogni fondamento culturale, è l’attuale prassi del governo socialista francese volta ad appiattire e, nei fatti, discriminare i culti religiosi, dal Cattolicesimo all’Ebraismo e all’Islam. Proibiti i simboli religiosi, ridotta l’educazione confessionale, avviata la graduale erosione del nucleo familiare naturale, ecco che il prode primo ministro Manuel Valls s’avanza lancia in resta verso una nuova impresa la quale, se non nascondesse in sé le note del dramma, avrebbe del comico. Quale il nuovo bersaglio di questi degeneri eredi di Èmile Combes? I bourkini, mais naturellement!

Premesso che soffermarsi sulla pericolosità dei burkini, ovvero i costumi da bagno integrali utilizzati dalle donne di religione musulmana, denota un vero e proprio sprezzo del ridicolo pari a solo a quello di coloro che li indossano o ne impongono l’uso alle loro spose e figlie, ritengo interessante soffermarsi sulle motivazioni addotte dal ministro Valls. Esse vertono sulla difesa dei “valori della civiltà Occidentali” e sulla necessità di combattere questi usi “arcaici” e “degradanti”. Niente da eccepire: che l’Islam, almeno nelle sue forme attuali più estreme e politiche, snaturate rispetto qualsiasi sincero accenno di religiosità, sia incompatibile con la democrazia occidentale ritengo appaia chiaro a chiunque, né è mia attenzione distinguermi come un apologeta dell’uso del velo integrale o simili. Tuttavia avrei avuto più simpatia per Valls se avesse intrapreso la sua lotta per la sacrosanta nudità femminile all’insegna del buon gusto francese o del pubblico decoro. L’accenno ai “valori dell’Occidente” non fa che concedere alla questione un sapore che, a lungo termine, finisce per nauseare.

Chi decide i valori dell’Occidente?

La questione centrale è, ancora una volta, in che cosa consistano esattamente questi cosiddetti valori dell’Occidente? La democrazia? La libertà individuale e d’impresa? La tolleranza? Indubbiamente tutto ciò, ma v’è qualcosa di più antico che può vantare una tradizione ben precedente agli ideali del ’89 o del ’48. Si tratta delle tradizioni classiche e, soprattutto, giudaico-cristiana, in particolare il Cattolicesimo, cui si devono in gran parte la prima configurazione di res publica europaea, così come, in gran parte, la reale origine dei concetti politici di libertà e tolleranza. Come considera il governo francese l’accenno a questi valori, anzi, ancor meglio, a questi principi che paiono oggi dimenticati oppure, al meglio, osservati con la diffidenza che si prova per uno sgradevole retaggio del passato, ma che pure furono alla base di quelle considerazioni che condussero Adenauer, De Gasperi e Schuman a porre le basi per l’Unione Europea?

Cancellare la presenza pubblica di ogni forma di religiosità, a maggior ragione di quelle maggiormente incardinate in quelle che sono la storia e la cultura dell’Occidente, creando nella società un profondo vuoto spirituale, non migliorerà la situazione. Anzi. Cosa avremo da offrire a queste orde di disperati che, in fuga dalle guerre e dai massacri e divelta ogni radice dalla terra natale, ogni giorno sbarcano sulle nostre spiagge, se noi stessi manchiamo di punti fermi, di principi che orientino il nostro agire? Come potremo rapportarci a popolazioni che hanno ancor ben scritto a chiare lettere il nome di Dio nei loro pensieri se noi lo abbiamo scordato relegandolo ad un’umanità forzata? Rispondendo con l’arroganza di chi ancora una volta si fa carico di the white’s man burden? Non mi risulta che negli ultimi vent’anni questa strategia, perseguita alacremente, abbia portato a grandi successi.

L’Europa e l’Occidente sono sotto attacco da parte di una marmaglia fanatica che va sotto il nome di ISIS, ma non sarà rispondendo meramente con le armi che si potrà vincere la buona battaglia. Né tanto meno proibendo i burkini. Forse solo incominciando a guardare a sé stessi, al proprio cuore europeo chiedendosi da dove ha avuto origine la tragedia e come fermarla, tamponando per prime le ferite impresse nel profondo dell’anima.

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Niccolò Nobile

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