Referendum. I patrioti che non hanno nulla da spartire con la Repubblica votino No

Pietrangelo Buttafuoco
Pietrangelo Buttafuoco

Chi è fuori della Costituzione della Repubblica Italiana deve votare No al Referendum sulla riforma stessa. I tre milioni d’italiani, quelli del caro Cattiverio, tengano chiaro in mente un fatto: votare sì alla riforma Boschi non vendica tutti i torti – la battaglia sui torrioni di Gaeta, i plebisciti di annessione allo Stato unitario, la lotta al brigantaggio, il 25 luglio, l’8 settembre, il triangolo della morte in Emilia, i brogli al referendum sulla Monarchia, la strategia della tensione – al contrario…

E ci siamo capiti: meglio tenersi la pur ostile Costituzione che dare vantaggio a Matteo Renzi. Lui stesso ha voluto personalizzare l’appuntamento referendario. Lui cerca un plebiscito, resta per vent’anni, consegna l’Italia ai porci comodi della finanza internazionale e il quesito vero allora è: lo volete lui sì o no? Certissimamente No.

Abbiate chiaro che Matteo Renzi sfascia la Carta “democratica fondata sul lavoro” per inchiodare la povera patria al più osceno dei mercati: la promozione al rango di senatori dei consiglieri regionali, altresì dotati d’immunità parlamentare. Niente sconti, quindi, all’ente regione, metastasi nefasta del cancio burocratico-mafioso e culla del malaffare.

Ci sono ben due regolamenti di conti da fare su questa Costituzione, è vero. Il più urgente, paradossalmente è il Risorgimento i cui danno sono ancora carne viva nel Mezzogiorno. Due religioni civili – e ci siamo capiti qual’è l’altra – che sono solo brodini mentali chiamati a esorcizzare quell’identità forte che sono Klemens Wenzel von Metternich, cancelliere di Stato d’Austra, seppe cogliere: “Un’espressione geografica”. Nel dirlo, il principe, sapeva che ogni Enea, col padre Anchise sulle spalle, s’avvia sempre verso quella meta. Ed è la più nobile delle dichiarazioni d’amore all’Italia.

Non c’è dubbio alcuno che la più bella costituzione al mondo sia la Carta del Carnaro e non quella di Roberto Benigni. Bagnata col sangue morlacco della Libera Città di Fiume, scritta in quell’happening artistico militare al seguito di Gabriele d’Annunzio – col trenta con la sorte (trentuno con la morte) – conferma nella bellezza, nel segno dei poeti, la “sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione”.

Gabriele D’Annunzio

Non c’è broda ideologica a Fiume – “prima espressione del nuovo ordinamento spirituale e giuridico degli italiani” – non è però attiva, non potrà che tornare sulle ali della poesia e perciò, orsù: anche in nome del Carnaro. Chiunque abbia cucito in petto il motto Quis contra nos?, voti No.

I tanti italiani che, onorevolmente, si considerano “cittadini coatti della Repubblica “ – tali in ragione dell’eterna Guerra Civile, o perché fedeli sudditi di Casa Borbone, o anche devoti ad altre Dinastie – a maggior ragione devono votare No. Prendete un esempio: la signorina Cristina del Don Camillo, la maestra di Peppone che vuole la bandiera monarchica al proprio funerale, vota No. E anche il  padre Tevere vota No. Per non dire di Padre Pio: vota No.

Una cosa è l’Italia, un’altra è la Repubblica Italiana. Una cosa è la patria, un’altra è la nazione. Ma proprio i patrioti, che nulla hanno a che spartire con la Repubblica – e tutto sanno da dare all’Italia – devono votare No.

*Da Il Fatto Quotidiano

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